Non chiedo poi tanto
Non desidero poi tanto
Non ho visto poi tanto
Non guardo poi tanto
Non penso poi tanto
Non conto poi tanto
Non ho sentito poi tanto
Non me la cavo poi tanto
La libertà la amo e la capisco
Di rinunciarci non sono in grado
Non ho avuto tanto
Non ho poi tanto
Posso perdere tutto
Posso anche restare solo
La libertà la amo e la capisco
Di rinunciarci non sono in grado
Nessuna metafora, nessun intento subliminale, sono parole semplici e dirette, il messaggio lanciato è inequivocabile, e la sua vittoria ha fatto scalpore. Tutta la Polonia del web ne ha parlato nei giorni immediatamente successivi.
L’impresa, e di tale si tratta visto che il sondaggio conta ogni anno votanti per una cifra pari a cinque zeri, è stata possibile in particolare grazie ai social network (la canzone è sì molto famosa, ma finora non era mai andata oltre un dignitoso numero 24 nei risultati finali).
Insomma, anche se gravemente ferita, e non si sa ancora per quanto in grado di resistere, ancora una volta Trójka ha rappresentato una luce in un momento di grande difficoltà per la nazione.
È una notizia talmente pregna di speranza che sembrerebbe quasi volgare mettersi ad analizzare la canzone. Tuttavia, dal momento che dalle nostre parti non la conosce nessuno, sembrerebbe altrettanto scortese chiudere senza dire nulla al riguardo. Considerando poi che si tratta di un brano splendido nel suo complesso e non solo per le parole.
I Chłopcy z Placu Broni sono stati la creatura di Bogdan Łyszkiewicz, morto in un incidente nel 2000, pochi mesi prima di compiere trentasei anni.
Vennero rivelati alla nazione nel 1988, proprio da Trójka, che all’epoca rappresentava il maggior canale di sostegno per le rock band polacche (così come del resto oggi è l’unico a grandi livelli che sostenga l’elettronica, il rock alternativo e il jazz).
“Kocham wolność” fu il loro terzo singolo. Venne messo in onda la prima volta nel giugno del 1989, un paio di mesi dopo la vittoria di Solidarność alle elezioni, e si trattava nei fatti di una festa per il raggiungimento della tanto agognata libertà.
La versione originale non fu pubblicata fisicamente, come accadeva all’epoca a molti dei singoli mandati in onda da Trójka. L’anno dopo la band l’avrebbe incisa di nuovo per includerla nel brillante album di debutto, “O! Ela”.
Da quel momento la versione dell’album soppiantò per fama l’originale, che giace ancora negli archivi della radio e non è finora mai stata pubblicata su cd (per chi volesse togliersi la curiosità, qualcuno all’epoca la registrò su nastro, per poi riversarla di recente su file digitale, ma certo la qualità audio è scadente e servirebbe una rimasterizzazione).
In ambo le versioni il brano appare come uno valoroso inno jangle-pop, una melodia vitale con retrogusto malinconico che scorre su vorticose trame chitarristiche, con uno squisito assolo come ciliegina sulla torta. Oltre a essere impercettibilmente più lenta, la versione album ha una produzione di ben altro livello, e segna un parziale, fisiologico allontanamento da certe sonorità anni Ottanta ben rintracciabili nell’originale.
I Chłopcy z Placu Broni avrebbero quindi proseguito a piazzare successi qua e là per gli anni Novanta. La morte prematura di Łyszkiewicz ne ha decisamente acuito il mito.
P.S. Per chi se ne stesse domandando il significato, il nome della band non è altro che il titolo polacco de "I ragazzi della Via Pál", capolavoro della letteratura per ragazzi e raffinata metafora sulle dinamiche del potere, dove il soldato semplice Nemecsek è quello che rischia di più per salvare la baracca e alla fine l'unico a rimetterci la pelle. Di certo non un nome scelto per caso.
06/01/2025