Kay Mc Carthy

C'era una volta in Irlanda

E' diventata l'ambasciatrice del folk irlandese, con le sue morbide ballate, intrise di malinconia, e con le sue danze contagiose. Storia e musica di Kay McCarthy, irlandese d'Italia

di Claudio Fabretti

E' diventata l'ambasciatrice del folk irlandese in Italia, con le sue morbide ballate, intrise di malinconia, e con le sue danze contagiose. È minuta ed energica, determinata ed ironica. Un concentrato di grinta irlandese ed esuberanza italiana. Kay McCarthy da molti anni ormai divulga nel nostro paese la tradizione musicale dell'Isola verde. E, tra le note, non manca mai di ricordare quanto dolorosa sia la vicenda d'Irlanda, terra contesa tra due popoli e oppressa per anni dal dominio britannico. Politica e folk si intrecciano così in un repertorio variegato, che non dimentica l'aspetto leggendario e mitico, di cui è profondamente intrisa la cultura irlandese.

Il suo background artistico è costellato di successi, a partire dalle affollate performance degli anni 70 nel mitico Folkstudio di Roma all'incisione del primo album Róisín Dubh (1978) per la Fonit Cetra.
Quindi, il trionfale tour con i Chieftains nel 1982 e la realizzazione di un secondo lavoro, Stormy Lullaby (1983) per la Rca International.
Brevi pause si alternano a periodi di grande attività e fervore artistico. La partecipazione a festival, rassegne e tournée allarga l'orizzonte espressivo della sua musica, come testimoniato su cd da Arís (1995), edito dalla Helikonia di Roma.

Dopo aver pubblicato le sue "ballate notturne" per il settimanale "Avvenimenti" (Níl Sé 'na Lá, 1999), Kay ha inciso un album per la sua etichetta, la Helikonia, in cui ha inserito alcuni dei pezzi forti del suo repertorio. Fadò Fadò - questo il titolo dell'album - racchiude quindici pezzi inediti su cd, ed eseguiti finora soltanto nei suoi trascinanti concerti.
"Il disco - racconta McCarthy - doveva essere solo un demo. Ma poi con la Helikonia abbiamo pensato che sarebbe stato un peccato lasciare quei brani nel cassetto". Meglio così. "Fadò Fadò" (in gaelico "c'era una volta") è infatti una preziosa sintesi del repertorio della vocalist irlandese, che riesce a combinare con disinvoltura folk tradizionale e sonorità contemporanee.

Kay McCarthy, voce limpida e possente, canta la sua Irlanda: quella della sofferenza sotto il giogo inglese, del conflitto tra cattolici e protestanti, ma anche delle leggende e degli aneddoti tramandati di generazione in generazione. Così, "Fàitscéal Féileacàin" è una metafora della vita, simboleggiata dal volo di una farfalla che dura il tempo di una giornata; "Siùl a Ghra" è un lamento che accompagna la fine dell'aristocrazia celtica in Irlanda; "Fill, a Rùn, O!" è la supplica di una madre al figlio che sta per abbandonare la fede cattolica per indossare l'abito talare protestante.
Non mancano però anche pezzi gioiosi, di grande divertimento, come "The Sailors' Hornpipe", ballata di origine scozzese, che racconta di sguardi ammiccanti e di amori nascenti. E c'è spazio anche per una ballata ecologica, "Séan O'Duibhir", dal nome di un nobile vissuto nella seconda metà del Seicento, che abbandonò l'Irlanda in preda all'amarezza per le devastazioni delle foreste compiute dagli inglesi.

Kay McCarthy ironizza anche sulla guerra: "Ho voluto inserire nel disco "Johnny, I Hardly Knew Ye!", l'inno yankee nella guerra di Secessione, perché ha un testo pungente. Parla di una donna che accoglie il proprio uomo, di ritorno dalla guerra cieco, senza gambe né braccia, e lo saluta in tono canzonatorio: 'Hey Johnny, quasi non ti riconoscevo...'. E' un brano attuale anche oggi, in un'epoca di conflitti e sofferenze".
Fadò Fadò, insomma, aggiunge un nuovo, emozionante capitolo alla storia di questa indomita irlandese d'Italia, formatasi al Folkstudio di Roma e in anni di ricerche musicali, dopo aver vinto in patria diversi concorsi. Una carriera costruita lontano da facili mode e insieme a una band di grande caratura tecnica.

Con Am (2000), McCarthy accentua il lato melodico della sua opera (la title track), e cesella un raffinato adattamento della poesia "I Giorni del Silenzio" di Piero Ricciardi ("Laethanta Na Ciuine"). Nel complesso, altri dodici brani suggestivi che la confermano tra i massimi esponenti della tradizione gaelica in Europa.

Nel 2004, Kay McCarthy torna con Rianta, un album nato dalla collaborazione con il chitarrista Luigi Pignatiello, già al suo fianco in Am, e con il pianista Ugo Dorato. Oltre ai traditional ("Mo Ghile Mear", "An Druimeann Donn Dilis"), figurano anche inediti come "The Captain's Wife", "Nòralaì", che testimoniano di un lento processo di ibridazione tra retaggio folk celtico e tradizioni mediterranee, mentre "Gentle Little Lady", composta con Carlo Stoppoloni, si avventura quasi nel territorio della lirica. 

Kay Mc Carthy

Discografia

Róisín Dubh (Fonit Cetra, 1978)
Stormy Lullaby (Rca, 1983)
Arís (Helikonia, 1995)
Níl Sé 'na Lá (Helikonia/ Avvenimenti, 1996)
Fadò Fadò (Helikonia, 1999)

Crosaire (Helikonia, 2000)
Am (Helikonia, 2000)
Rianta (Storie di Note, 2004)
Pietra miliare
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