Desert Motel

L'Americana sotto casa

intervista di Claudio Lancia

Nel 2007 un Ep d'esordio che faceva ben sperare, nel 2011 la straordinaria conferma di "Yarn", dodici tracce che partendo da concrete radici alt-country si muovono verso le più svariate direzioni.
Abbiamo incontrato i cinque componenti della band a pochi giorni dalla presentazione ufficiale alla stampa ed al pubblico romano del nuovo album, presso il locale Le Mura.
Nella seguente intervista esclusiva abbiamo approfondito la conoscenza dei membri del gruppo, la parabola artistica sin qui percorsa ed i progetti futuri, conversazione che si è via via trasformata in una sorta di analisi dello stato di salute della scena indipendente nazionale.
Una bella tavola rotonda in compagnia di Cristiano Pizzuti (voce, chitarra e principale autore), Fabrizio Locicero (batteria), Massimo Gresia (basso), Roberto Ventimiglia a Simone Sciamanna (chitarre).


Vorrei partire proprio dalle tante influenze che si scorgono dentro "Yarn"...

Cristiano: un'influenza da molti accreditata è quella con l'alt-country dei Wilco, che sancisce anche il punto di unione con il nostro precedente Ep; poi ci sono spunti noise, derive brit, momenti più intimistici, persino arrangiamenti orchestrali. Dentro "Yarn" va a confluire il background dei singoli componenti della band, con un approccio più rock oriented rispetto all'Ep d'esordio.

Fabrizio: l'Ep era un risultato del lavoro mio e di Cristiano, quasi intimo, poi durante la fase di registrazione si sono aggiunti Roberto e Massimo, i quali hanno poi contribuito attivamente all'intero processo di arrangiamento di "Yarn". Lavorando in quattro è chiaro che lo spettro si sia notevolmente ampliato, anche se resta evidente una coerenza di fondo. Oggi il mix di ascolti passati e presenti genera un approccio certamente più rock, anche se già nell'Ep dentro "This Town" e "In Your Time Of Need" erano presenti i germi di un suono più ruvido.


Se qualcuno vi domandasse "che genere fate" cosa rispondereste, e quali sarebbero i più prossimi termini di paragone?

Fab: (ride) magari uno dice indie rock, e così se la cava, un contenitore attraverso il quale hai detto tutto ma non hai detto niente.


Dentro la band chi dà l'indirizzo?

Cris: in realtà sono i brani che ci indirizzano. Quasi fossero entità tangibili. Seguiamo lo spunto di ciascuna traccia, con spontaneità, ed a furia di provare ci rendiamo conto di quale possa essere la via migliore per l'economia di ciascun pezzo.

Fab: finora abbiamo sempre mantenuto un approccio molto live nella stesura dei brani, mai un lavoro per il disco, pensando in anticipo al risultato finale da ottenere. In sala prove improvvisiamo su un giro, su un testo abbozzato, poi magari arriva il colpo di genio. Trovata un'identità ci si lavora intorno, la si rifinisce.


La storia inizia con un'amicizia di lungo corso fra Cristiano e Fabrizio...

Cris: la nascita ufficiale dei Desert Motel possiamo farla risalire alla fine del 2006.

Fab: però non esiste un'idea primordiale di Desert Motel, suoniamo insieme da bambini, mille esperienze, abbiamo suonato anche in altre situazioni, in altre band, poi alla fine uno portava sempre dentro l'altro. Un effetto trascinamento causato dal bisogno di suonare insieme. Oggi non mi vedrei batterista di una band se a fianco non avessi Cristiano, oramai basta uno sguardo fugace, ognuno di noi sa dove va a parare l'altro, già alla prima prova. Siamo sempre andati nella stessa direzione. Dopo i primi progetti infantili, decidemmo di proseguire in due per non dover sottoporci ogni volta alle influenze altrui, nella consapevolezza di avere fra le mani del buon materiale. Non volevamo discutere troppo sulla linea da seguire.


Avete sempre puntato ad avere uno studio di proprietà...

Fab: abbiamo sempre voluto ed avuto un ambiente tutto nostro dover poter sperimentare, dove poterci vedere anche in piena notte per sviluppare un'idea. Anche con i nostri gruppi precedenti abbiamo sempre avuto l'atteggiamento di fare serate con lo scopo di reinvestire il ricavato nell'equipaggiamento tecnico. Tutto quello che abbiamo oggi è il risultato di anni di concerti. Abbiamo sempre reinvestito ogni provento per poterci assicurare l'indipendenza.

Cris: siamo arrivati ad affrontare "Out For The Weekend" con uno studio di proprietà già relativamente ben attrezzato, dove senza stress abbiamo potuto fare tutti i nostri esperimenti, con microfoni posizionati in posti improbabili, prolunghe fuori dalla finestra per riprendere i suoni della natura, tutto senza lo stress del tempo che scorre o del luogo che non ti soddisfa pienamente. Il nostro primo Ep era un disco senza pretese, senza aspettative. Poi, quando ci siamo resi conto che il materiale prodotto era onestamente molto buono, abbiamo iniziato a pensare che poteva essere interessante da vendere, quindi ci abbiamo iniziato un pochino a credere.


Durante le session di "Out For the Weekend" il giro si allarga...

Fab: "Out For The Weekend" è pieno di sovraincisioni, inserite per non lasciare il prodotto finale troppo scarno. Per presentare dal vivo quel materiale avevamo necessariamente bisogno di allargare la line up. C'era il bisogno di riempire il suono, pensa che durante le session in alcuni brani il basso lo suonavo io. In sala prove giravano altri gruppi ed individuammo altri musicisti che ci piacevano sia per l'approccio allo strumento che come persone.

Cris: in quel periodo iniziò a delinearsi una sorta di piccola comunità, 5-6 band che oggi fanno parte del nostro collettivo. C'erano continue collaborazioni incrociate, si sviluppavano affinità impreviste, si chiedevano consigli, si cementavano amicizie. Noi non cercavamo dei turnisti da utilizzare a tempo, ma protagonisti effettivi con i quali condividere un percorso. Entrarono così a pieno titolo nei Desert Motel il chitarrista Roberto Ventimiglia ed il bassista Massimo Gresia. Con Roberto Ventimiglia facemmo qualcosa anche in precedenza.


Sentiamo i ricordi di Roberto e Massimo...

Roberto: Si veniva da una precedente breve esperienza realizzata assieme uno o due anni prima dell'Ep, anche se ci conosciamo personalmente e musicalmente da una quindicina d'anni. Ci siamo assestati come quartetto nel 2007, a seguito della registrazione di "Out For The Weekend", lavoro partito come session a quattro mani tra Fabrizio e Cristiano, poi diventata la nostra prima vera uscita. Mi viene quasi da dire che nel nostro caso non è stata la band a fare il disco, ma il disco a fare la band.

Massimo: la Redhouse! Era la nostra vecchia saletta. Non so nemmeno come ci sia finito in quella sala. Ci facevo le prove con un altro gruppo. Mentre registravamo un demo conobbi il primo nucleo dei Desert Motel. Stavano cercando un bassista per registrare dei pezzi già pronti, quelli che successivamente sarebbero diventati "Out For The Weekend". Cosi è iniziata la collaborazione ed un grande rapporto d'amicizia, che è andato crescendo nel tempo. Oggi  ci sentiamo svariate volte al giorno.


Fabrizio, parallelamente coltivi altre situazioni importanti...

Fab: sì, ma sempre in un'ottica più romantica che lavorativa, anche perché dove collaboro mi viene data l'opportunità di esprimermi in piena libertà. Attualmente faccio parte dell'Orchestraccia, un ensemble di 15 artisti con il quale riproponiamo brani ripescati dalla tradizione romana. Brani di Trilussa, di Gabriella Ferri ed altri, che sensibilizzano su temi sociali e politici, ovviamente riveduti in chiave moderna, una sorta di folk-punk-rock. Nella band ci sono attori (Edoardo Leo, Edoardo Pesce, Giorgio Caputo, Luca Angeletti) e musicisti importanti, fra i quali Marco Conidi, Roberto Angelini, Matteo Pezzolet, Riccardo Corso, Daniele Latrella, Gianfranco Mauto, Giovanni Di Cosimo. Ognuno contribuisce con il proprio bagaglio di esperienze, ricercando una forma innovativa di intrattenimento. Io mi occupo degli aspetti tecnici e video, non suono ma seguo il tour.

Inoltre suono le percussioni nella band di Marco Conidi. Con lui stiamo anche portando avanti un tour a due in situazioni particolari, un giro d'Italia door to door presso location particolari, come autobus dismessi, fruttivendoli, conventi, salotti privati. Ci esibiamo chitarra, percussioni e voce. Posti meravigliosi dove troviamo un'ospitalità imprevista e grande calore, un'esperienza importante.

Cris: io e Fabrizio abbiamo anche curato la scenografia del tour di Marco Conidi. Io mi diletto nel disegno, mi occupo di grafica e mi sono cimentato in questo progetto, una bella opportunità.


Roberto, il tuo stile ha non celati punti di riferimento con le tecniche noise diffuse dai Sonic Youth ed in Italia dai primi Marlene Kuntz...

Rob: hai citato due tra i miei più grandi amori del panorama musicale rock. I Marlene Kuntz sono da sempre il mio gruppo di riferimento. Ho sempre amato quel tipo di suono. Adoro pensare, ripensare, arrangiare una o più linee di chitarra, evitando il più possibile la canonica divisione dei compiti fra solista e ritmico. Oggi mi piace pensare che una sola chitarra possa benissimo riuscire a sommare in sé i due aspetti in modo pressoché completo, rincorrendosi con un'altra chitarra sorella, e magari con un'altra ancora. Ma sono convinto che il mio suono sia figlio anche di altri ascolti importanti, uno tra tutti i Radiohead. Questo giusto per mettere un po' a fuoco, poi le strade dell'influenza sono sempre infinite, impreviste, spesso del tutto incidentali.


I punti di riferimento di Cristiano?

Cris: Ho i miei chitarristi preferiti, ovvio, ma non cerco mai di rifare le cose degli altri o come gli altri. Ascolto molta musica, poi mi rendo conto che quello che faccio è un po' la risultante del mio background, non riconducibile ad una sola fonte.


Fabrizio, ci sono batteristi ai quali ti ispiri?

Fab: Uno che ho sempre ammirato tantissimo è John Bonham. Preferisco quelli che sudano rispetto a quelli troppo ricercati e pulitini. Di sicuro non sono uno che trascorre il tempo a studiare i dvd altrui per carpirne i segreti. Insomma, niente di preprogrammato.


Massimo, tu invece a quali bassisti ti ispiri?

Mas: mah, non c'è nessun bassista a cui mi ispiro in particolare. Ci sono i miei ascolti degli ultimi vent'anni che di sicuro emergono: il rap, il punk, il funk, il soul, il noise, il rock e tutte le loro declinazioni. I miei ascolti sono più forti di me e sono loro che solitamente decidono ciò che devo suonare. Quando Cristiano porta un nuovo pezzo in sala procedo più di pancia che di testa. Questo mi porta a suonare qualcosa prima di capire cosa sto facendo. Potrei fare molti nomi altisonanti riguardo le mie influenze, ma magari la sigla di un telefilm ascoltata a sette anni mi ha influenzato molto più di tante rockstar.


Roberto terminate le registrazioni di "Yarn" decide di fare un passo indietro, pur restando come membro "esterno", al suo posto arriva Simone Sciamanna.

Simone: alla fine del 2010, dopo la decisione di Roberto, ho sostenuto il provino per la sostituzione e sono stato scelto tra le molte migliaia di aspiranti. No, scherzo! (ride) Tutto è avvenuto molto naturalmente per via del rapporto d'amicizia preesistente e per alcune precedenti collaborazioni. L'ingresso nei Desert Motel è stato entrare a far parte di una band già molto presente tra i miei ascolti, quindi dal punto di vista dell'integrazione sonora è stato tutto estremamente semplice.


Grazie agli studi ingegneristici so che ti diletti nella costruzione dei pedali che compongono il tuo set...

Sim: anche se esistono cose meravigliose tra quelle realizzate dai costruttori canonici, ognuno di noi ha esigenze ed aspirazioni sonore diverse. Da questo punto di vista l'autocostruzione e la customizzazione sono una buona via per il raggiungimento della propria soddisfazione. Fin qui sembrerebbe un trionfo di razionalità, in realtà si tratta di una passione compulsiva. Mi capita di accendere il saldatore alle 3 di notte. A suo modo è un processo creativo e ne mantiene tutte le urgenze.


Nei testi di cosa parlate?

Cris: non abbiamo il classico songwriting, con la storia di un personaggio che si sviluppa in un consueto storytelling. Analizzo degli stati d'animo, osservo eventi anche banali, esponendo in alcuni casi i miei punti di vista. Evitiamo al momento connotazioni politiche, non perché non vogliamo schierarci apertamente, ma perché vogliamo evitare soluzioni retoriche, gratuite o scontate.


Dal vivo spesso fra un brano e l'altro concedi qualche breve spiegazione sugli aspetti testuali delle vostre canzoni.

Cris: ad esempio introduco spesso "Kurtz" facendo riferimento a "Cuore di tenebra" di Conrad. In quel caso il libro ha inizialmente influenzato il testo, poi il testo si è distaccato dal libro, ed ha cominciato a vivere di vita propria. Gli input sono le ipocrisie della società del tempo, che tuttora è possibile scorgere anche nel modo di vivere contemporaneo. Non sono stato il primo ad essere influenzato da "Cuore di tenebra" (vedi il film Apocalypse Now), mi sono limitato a dare una mia versione.


Vorrei conoscere le motivazioni che vi hanno spinto a scegliere di cantare in lingua inglese?

Cris: tutto deriva dal fatto che facendo abuso di musica cantata in inglese, è stato naturale per me scrivere in quella lingua. E' vero che cantare in italiano renderebbe il nostro messaggio più diretto, ed il pubblico capirebbe meglio di cosa stiamo parlando. Però è pur vero che, in un contesto globalizzato come quello attuale, l'inglese dovrebbe essere un'arma in più. Oggi in tempo reale attraverso il web un'infinità di persone possono potenzialmente ascoltare i tuoi prodotti o vedere i tuoi video in tutto il mondo: temo che l'italiano in questo contesto possa trasformarsi in una limitazione. I confini si sono allargati, e oltretutto noi ci sentiamo profondamente europei. Del resto non credo che cantando in inglese si perda l'identità culturale del nostro paese.

Fab: noi siamo così consapevoli del valore delle liriche scritte da Cristiano, che nel libretto interno di "Yarn" abbiamo voluto a tutti i costi inserire le traduzioni di tutti i testi. Proprio perché teniamo non solo agli aspetti squisitamente musicali: è importante far capire a chi si avvicina al nostro prodotto che dietro ci sono dei testi veri.

Cris: sai, c'è questo controsenso in tante persone: ascoltano un sacco di musica straniera, poi ad un gruppo italiano che canta in inglese dicono "però non vi capiamo".


In alcune recenti esibizioni avete anche sperimentato la formula a cinque, con tre chitarre, con il risultato di apparire ancora più sonici.

Fab: Roberto sta completando gli studi al Conservatorio, sentiva la responsabilità di portare a termine i lavori per chiudere "Yarn". Poi però non poteva sobbarcarsi l'impegno della promozione live del disco. Quindi si è preso un periodo sabbatico, e questo alla fine è stato un bene perché ha consentito a Simone di entrare nel gruppo. Recentemente Roberto è rientrato ufficialmente in pianta stabile nei Desert, che così si sono trasformati a tutti gli effetti in un quintetto. Questo oggi ci consente di andarci giù pesante, con la potenza di tre chitarre elettriche sul palco. Tre chitarre che si completano a vicenda, con Roberto che resta l'anima più sperimental-noise, che si diletta anche al synth e a violentare la propria chitarra. Un rumorista con cognizione di causa.


Come si sviluppa il vostro processo compositivo?

Cris: si parte da un'idea, quasi sempre musicale, e ci lavoriamo tutti insieme. Io sono l'autore dei testi, ma gli arrangiamenti si sviluppano con la collaborazione di tutti.


Sono trascorsi ben quattro anni fra il vostro Ep d'esordio e "Yarn", un'infinità di questi tempi...

Fab: abbiamo pensato soprattutto a fare molti concerti. Non avevamo l'urgenza di registrare nuovo materiale. Sviluppare velocemente un nuovo disco per poi riempirsi la casa di cartoni pieni di cd non ha senso. Il panorama delle major oggi è in crisi, figuriamoci quello dei garage (ride). Abbiamo messo molte volte in discussione diversi aspetti dei singoli brani, per cercare una via comune da perseguire. Poi abbiamo subito un furto in sala prove che ha rallentato alcune fasi del lavoro.

Cris: il processo di maturazione del gruppo ha preteso un lasso temporale di questo tipo. Dietro non ci sono stalli creativi e neppure un eccesso di lavoro in fase di produzione, cosa che avrebbe comportato inevitabilmente un appiattimento delle tracce ed un effetto patinato che non volevamo. Avevamo semplicemente bisogno di tempo per creare il suono dei Desert Motel, dovevamo capire cosa volevamo fare. E' stato un po' come ricominciare, anche perché si affrontava per la prima volta un inizio lavori con la formazione allargata.

Fab: "Paths" (la traccia che apre "Yarn", n.d.r.) è sintomatica di tutto ciò: un brano presente su entrambi i nostri dischi affrontato con modalità parecchio differenti, sembra il prodotto di due band diverse.


Quanto è difficile emergere arrivando dalla provincia cronica italiana?

Fab: oggi è difficile emergere ovunque, anche se vieni da Milano. Certo che venire dalla provincia è penalizzante, perché si è più lontani di centri nevralgici. Si è più distanti dai locali, dalle persone, ed è più complicato stringere collaborazioni importanti, quelle cose che consentono di contaminare i propri suoni, rendendo la proposta più interessante. Il bacino d'utenza è inevitabilmente più ristretto, e se hai una proposta non mainstream è difficile far crescere numericamente il proprio pubblico.

Cris: emergere in provincia può non essere così difficile, il vero problema è uscire dalla provincia. Noi abbiamo molte persone che ci sostengono nella nostra zona. Le persone che si attivano, si attivano veramente. Ma fare il salto oltre i confini è la vera impresa.


Voi però avete deciso di impegnarvi attivamente per contribuire alla promozione della musica prodotta dagli artisti del vostro territorio, attraverso l'Associazione Tube...

Tube è un collettivo di musicisti che fanno musica propria fra mille difficoltà. E' importante avere una sede dove non si debba guardare l'orologio ma lo strumento. Registrare, riascoltarsi, confrontarsi. Nella nostra zona di residenza ci sono tanti musicisti straordinari che restano nell'ombra, che rischiano di non uscire mai dalla proverbiale cantina. Occorre fare qualcosa, unire le forze. L'associazione Tube, della quale siamo attivi promotori, ha molti progetti nel portafoglio, tutti meritevoli. Grazie alla Tube si sta sviluppando un forte collaborazionismo, una sorta di mutua assistenza. L'obiettivo è la multimedialità: non solo suonare, ma anche girare video, seguire le registrazioni, il mastering e l'editing, curare l'ufficio stampa, gestire il booking. C'è già una specie di label, si chiama Sofa Recs., i nostri prodotti escono tutti con questo marchio.


Come vedete lo stato di salute della scena indipendente nazionale?

Cris: la realtà italiana è da qualche anno una delle più floride e variegate della scena europea. Purtroppo per molti dei maggiori mezzi di diffusione musicale tutto questo fantastico mondo sotterraneo non esiste. Magari lo conoscono, ma non ne parlano, il ché non risolve certo il problema. Quello che invece è assolutamente straordinario è che, grazie al costante intervento di webzine e riviste di settore, complice la possibilità di avere sotto mano praticamente tutto attraverso al web, ciò che un tempo sarebbe stato assolutamente di nicchia, oggi diventa accessibile alle masse. Non dico che siamo a cavallo, ma non possiamo lamentarci, no? Grazie a queste dinamiche, la scena indipendente alternativa italiana ha guadagnato un pubblico informato ed interessato. Questo fenomeno ci costringe a migliorare il nostro lavoro: quando scrivi musica sai che devi essere preciso, migliorarti, rinnovarti, ricercare; non puoi barare con chi ti ascolta, non sei davanti ad un pubblico di consumatori impreparati, bensì a fruitori, amanti, appassionati. Questo comporta una maggiore consapevolezza sia nei musicisti che nelle etichette. La proposta italiana si sta facendo sempre più ampia e di maggior pregio. Pensa a qualsiasi genere musicale e di sicuro troverai validi nomi che coprono egregiamente quel settore.


Con quali altre proposte italiane vi sentite maggiormente affini ?

Cris: essendo i Desert Motel un insieme di tante forze opposte che si equilibrano, probabilmente se rispondesse qualsiasi altro componente del gruppo avresti risposte diverse. Personalmente quello che apprezzo di più nella scena indie sono anzitutto i nomi ovvi, come Afterhours, Zen Circus, Verdena, Marlene Kuntz e tutto ciò che è germogliato negli anni '90 dal Consorzio Produttori Indipendenti. Poi ci sono molti gruppi più di nicchia come Yuppie Flu, A Toys Orchestra, specialmente quelli di "Technicolor Dreams", Green Like July, Julie's Haircut, Farmer Sea, Blessed Child Opera, News For Lulu. Anche se attualmente sciolti, i Franklin Delano sono stati un'autentica benedizione per me, continuo a seguirli come Blake/e/e/e. Niente di quello che ti ho elencato ha una vera e propria affinità concreta con quello che fanno i Desert Motel, però è possibile riscontrare molti valori in comune, ed anche molte influenze comuni.


Il vostro punto di vista sui talent show ?

Cris: temo che chi esce da questi programmi televisivi non riuscirà facilmente a scrollarsi di dosso una certa etichetta. Può risultare assai difficile modificare ciò che ti è stato costruito addosso. Se ti sta bene hai vinto la lotteria, ma se in futuro vorrai fare altro sarà complicato. I talent ti targettizzano. Uno può pensare di scendere inizialmente a compromessi per potersi poi gestire in proprio in futuro. Ma è difficile riuscire a ribaltare certe situazioni a proprio favore.

Fab: X Factor ti fa cantare, potrei anche condividerlo. Ma Amici è un circo. Marco Carta vince Amici ma per farlo deve ballare, deve fare un po' il clown. Ed è terribile che qualcuno debba metterlo in condizione di fare tutto questo! Noi non abbiamo mai avuto l'aspirazione di diventare famosi. Noi desideriamo suonare, creare musica, sperimentare, divertirci. Ovvio che poi se la propria proposta viene ascoltata da migliaia di persone non può che fare piacere. Certo che se passa il tempo ed il successo non arriva, si resta senza autonomia economica, ed il progetto rischia di finire, perdendo anche l'entusiasmo.

Cris: il discorso è che se hai un pubblico ma non puoi fare ciò che desideri è una sconfitta comunque.


L'estate è stata piena di cose importanti: una data al Circolo degli Artisti di Roma, le aperture per Roberto Angelini, Niccolò Fabi e Bud Spencer Blues Explosion, l'affermazione nel contest patrocinato da Onda Rock.

Fab: l'estate 2011 è stata importante per la nostra maturazione artistica. Abbiamo condiviso palchi in situazioni importanti. Suonare con attrezzature di qualità, con i migliori fonici che ti seguono, avere persone che ti chiedono l'autografo a fine concerto, vedere la popolarità che aumenta, riscontrare tutto questo sui social network, sono tappe che ti aiutano a crescere.

Cris: prendi coscienza del fatto che devi dare al pubblico qualcosa che sia all'altezza. Quello che facciamo sul palco vogliamo farlo bene. E vogliamo rispettare i palchi che ci ospitano. Per questo abbiamo deciso di ritardare il tour promozionale rispetto alla pubblicazione di "Yarn". Per essere davvero pronti, e rispettare le persone ce ci vengono a vedere. Così, dopo qualche live test nella nostra zona, la presentazione ufficiale è stata spostata da settembre a novembre. Stiamo preparando l'evento in uno dei locali più importanti della capitale.


"Yarn" è ben recensito un po' ovunque, ho letto cose importanti anche sulla carta stampata.

Fab: grandi soddisfazioni, firme importanti e belle parole. Sinceramente non ce l'aspettavamo. Le prime recensioni ce le siamo rilette decine di volte, su riviste e siti web che per noi sono da sempre punti di riferimento irrinunciabili.


E' chiaro che i membri di una band emergente non possano ancora permettersi di vivere della propria arte. Vorrei sapere quali sono i vostri lavori "principali" in questo momento.

Cris: io faccio il grafico.

Fab: lavoro in un'azienda di famiglia, Massimo invece è il più rock'n'roll di tutti.

Mas: faccio il portiere di notte presso un albergo, suono fino a notte fonda con la band, poi scappo a lavoro.

Sim: ingegnere elettronico in un'azienda di sistemi di sicurezza per aerei

Rob: musicista a tutto tondo, sto per terminare il Conservatorio ed insegno in  varie situazioni. 


Invece vorrei conoscere le vostre passioni, i vostri hobby.

Rob: la musica, a vari livelli, riempie gran parte del mio tempo. Ma se dovessi citare qualcosa che mi piace fare al di là di suonare e comporre, direi senz'altro scrivere dei testi non per canzoni: poche righe, appunti che da grandi vorrebbero diventare poesie o mini racconti, riservandomi il (buon) gusto di impedirglielo. Mi piace mettere insieme le parole e qualche volta costruire fisicamente dei volumetti, dall'impaginazione alla rilegatura. Il lavoro manuale su questo tipo di cose mi ha sempre affascinato.

Mas: musica a parte, non rimane molto tempo. Bah, dipende dai periodi, sono un drogato di libri e dischi, ma non ne sono un collezionista. Mi vengono molto bene i peperoncini sul balcone, ecco, forse potrei dire il giardinaggio.

Sim: tolte le ovvietà, mi piace ascoltare, pensare, camminare per strade che non conosco, e poco altro

Fab: io amo la pesca, mi rilassa.

Cris: la grafica, la lettura, il cinema, tanta musica.


Cristiano, segnala un disco, un libro ed un film che consiglieresti a chi ascolta "Yarn"

Sul disco non ho dubbi: "A Ghost is Born" dei Wilco. Il perché si scopre ascoltandolo. In assoluto uno dei capolavori degli ultimi anni.

Per il libro consiglierei "Le Correzioni" di Jonathan Franzen: quei punti di vista di cui parlavamo prima, qui propongono delle prospettive abbastanza facili da ricondurre alla propria vita. Quelle cose di cui spesso si evita di parlare, le delusioni, le frustrazioni. Mi piace lo spessore che si crea intorno a quelli che sostanzialmente sono anti-eroi. In un modo tutto ironico sono i veri eroi moderni.

Per il film sono indeciso tra "L'Arte del Sogno" e "I Heart Huckabees", quindi li cito entrambi. Dentro "Yarn" c'è una grossa componente trasognata, proprio perché i sogni sono il complemento delle disillusioni. Ne sono anche causa ed effetto, a seconda da dove si osservi il processo. In ogni caso parliamo di due componenti imprescindibili l'una dall'altra.


Cristiano, la cosa che mi impressiona è che non hai paura di esprimere i tuoi riferimenti. Il vostro primo Ep, denso di aromi country folk prende il titolo da una canzone di Neil Young. Ora che siete accostati ai Wilco non eviti di esibirti con in dosso le magliette della band di Jeff Tweedy.

Cris: non fuggiamo da certe situazioni ma le rafforziamo. Perché nascondere le proprie fonti di ispirazione? Le etichette possono sempre essere smentite con il disco successivo, puntando sull'imprevedibilità. Nessuno può sapere cosa faranno i Desert Motel fra sei mesi.


Con chi vi piacerebbe collaborare in futuro ?

Cris: in Italia Zen Circus, mi piace il loro suono, poi Yuppie Flu. Fra gli internazionali Jim O'Rourke, la scena di Chicago, Steve Albini, Nels Cline.

Fab: in Italia dico Roberto Angelini. Ho già la fortuna di collaborarci, ma starei in studio con lui per giorni interi. Ha una tecnica fuori dal comune. All'estero ho un debole per i grandi classici, quei nomi intoccabili dai quali ognuno non può che avere un mondo da imparare. Penso a musicisti del calibro di Clapton e Dylan. Quindi irraggiungibili.


Domanda di rito finale: progetti futuri?

Cris: Stiamo cercando di dar vita ad un tour italiano basato su double features, scambi di ospitate con band di altre zone della penisola. Il 21 novembre presentazione ufficiale del disco a Roma presso il locale Le Mura. Poi si rientrerà in studio, abbiamo già del materiale come base di partenza. Ci sono idee più nervose che potrebbero sfociare velocemente in un Ep, che rappresenterebbe il nostro momento attuale. Ci sarà di che divertirsi.

Discografia

Out For The Weekend (Sofa Recs, 2006)7
Parking Lots & Rooms For Rent - Vol. 1 - Live Ep (Sofa Recs, 2009) 6
Parking Lots & Rooms For Rent - Vol. 2 - Live Ep (Sofa Recs, 2010) 6
Yarn (Sofa Recs, 2011) 7,5
Pietra miliare
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