Milano, 10 febbraio 2005. Presentazione dell'autobiografia di Julian Cope, "Head On / Repossessed". Dodici minuti in piedi, "come al bar ma senza cappuccino", con la troupe di Mtv che incombe per un intervista che chissà se e quando sarà trasmessa. Dodici minuti di Julian Cope, che senza quasi rispondere davvero alle domande ci illustra un po' del suo modo di essere "rocker sciamano". E non azzardatevi a ridere, il ragazzo è più che serio...
La tua autobiografia ha già qualche anno sulle spalle, e ha a che fare soprattutto con la fine degli anni Settanta e con gli Ottanta; come vedi quel periodo adesso? Pensi che lì stiano le origini di tutto ciò che è venuto dopo?
Sì, penso di sì… in fin dei conti sono molto preso da quello che chiamo "Futuretro", il muoversi in avanti andando all'indietro… per esempio in questo libro che ho scritto sull'Europa ("The Megalithc European", studio sulle culture preistoriche in Europa, n.d.r.), c'è una frase che in qualche modo riassume ciò che penso degli uomini: "La ragione per cui studio le società preistoriche è il fatto che gli esseri umani si trovano in uno stato di divenire permanente", non si arriva mai a una fine, quindi quello è l'unico modo per guardare al futuro e capire che posto occupiamo. E poi tendo a progettare le cose a lungo termine; c'è un libro su cui sto lavorando dal 1990, ed è ancora inedito, si intitola "Let Me Speak To The Driver". È sempre stato il mio metodo, quello di lavorare "verso" qualcosa.
Hai un rapporto di questo genere anche nei confronti del passato del rock?
Sì, anche se molta della musica migliore deve essere ancora suonata. Una delle cose più importanti per me è l'idea di "ricerca e recupero", penso che parte del mio lavoro consista nel portare un lungo bastone con in cima una torcia e andare in giro a dire "E qui che c'è?" C'è tanta di quella roba… Se poi parliamo di rock'n'roll, è qualcosa che non ha a che fare con strutture preorganizzate, è come essere dei privilegiati "privi-lege", davanti alla legge, e avere il permesso di fare certe cose. Anche quando scrivo, è come se avessi il permesso di scrivere un libro con lo stile di un rocker. Quella è la cosa essenziale.
Hai mai pensato di pubblicare anche le recensioni che scrivi sul tuo sito?
Sì, certo che sì… quello è il genere di cose che mi fanno bene alla testa, sono scadenze mensili, mi tengono sempre all'erta. E i canali di irrigazione al cervello vanno sempre tenuti aperti. Un giorno magari metterò tutto nero su bianco. Anche quella è scrittura molto influenzata dal rock'n'roll.
…e dall'idea di rocker come sciamano?
Sì, certo, il muoversi in avanti andando all'indietro è sciamanico. E poi mi piace creare delle "routines", dei luoghi comuni, e poi farli a pezzi. Penso sia una cosa essenziale. Prima di venire in Italia avevo la barba, l'ho tenuta per tre anni, ho deciso di tagliarla prima di mettermi in viaggio. È il simbolo della novità, dell'entrata in qualcosa di nuovo.
Di certi luoghi comuni musicali mi sembra sia pieno anche il tuo album "Citizen Cain'd", coi riferimenti abbastanza espliciti agli Stooges o a certe atmosfere del rock di metà anni Settanta. È un modo di recuperare voci e "maschere" del passato per farle parlare di cose presenti?
Sì, direi proprio di sì. È il mio modo per mostrare che vivo con gli dei. E dato che vivo con loro, li riconosco per ciò che sono e per quanto sono utili - è a questo che servono gli dei - e questo è ciò che importa.
Non credi che certe scelte musicali possano essere semplicemente bollate come "retro" o "classiche"?
È musica del Ventesimo secolo, ma deve essere il veicolo per il pensiero del Ventunesimo; molte delle canzoni dell'album parlano in maniera specifica dell'oggi, parlano di "World War Pigs" e cose del genere. La stessa copertina è un commento sull'uomo occidentale.
Cosa raffigura?
A nord del confine con l'Iran c'è una tomba antica, dell'Età del Bronzo, e in cima alla tomba è sepolto un santo armeno. Sono andato a vederla il giorno del solstizio d'estate, nel quale il sole passa esattamente attraverso una sua finestra. Per me quella è l'immagine del cittadino Cain'd, lontano dagli dèi che non lo ascoltano più - "Cain'd" sta per "Caino" ma in slang vuole anche dire "fuso, sballato".
Tornando all'idea dei diversi "linguaggi" che utilizzi: hai ancora dei progetti paralleli più o meno ortodossi in cantiere?
Sto preparando un nuovo lavoro dei Brain Donor, registriamo all'inizio di aprile a San Francisco, assieme al cantante/batterista dei Monoshock, Ruben Fireglass, voglio che lui canti e suoni la batteria, mentre io e Doggen abbiamo scritto un sacco di cliché. "Noi ci mettiamo i cliché, tu il free-rock". Finché il cliché non è più un cliché.
Pensi che tornerai in Italia accompagnato dalla band?
Mi piacerebbe, ma viaggiare con i musicisti è un fastidio. Sono tutti pazzi. E il mio problema è che sono abituato a viaggiare da solo, per le ricerche sui libri e tutto il resto. Vedremo…
Nella parte finale dell'autobiografia dici di esserti ispirato alle idee "utopistiche" di rock che venivano da personaggi come Sly Stone o John Sinclair e gli MC5…
Quando si tratta di evangelizzare sono cristiano ed ebreo… ma non voglio dire alla gente cosa è giusto e cosa no. Vorrei solo aumentare la sensibilità di chi mi ascolta e sta già guardando, senza gettare esche a caso. Non è propaganda; la gran cosa del rock'n'roll è che siamo una confederazione di sciamani, che è l'unica forma di organizzazione possibile.
* con tante grazie a Magda Di Genova