Lewis & Clarke

Esplorazioni dell'anima

intervista di Lorenzo Righetto

Mi scuso per questa prima domanda banale, ma mi incuriosisce molto il nome del progetto. Cosa c’è nella corrispondenza di questi due autori che ti ha ispirato?
Oltre a essere un gioco di parole sui due esploratori americani, ammiro entrambi gli scrittori. Specialmente perché vengono da diverse prospettive e hanno trovato dei punti in comune. Hanno generato domande importanti, quasi delle premonizioni, sulla tecnologia. La nostra società avanzerà o ne sarà distrutta?

Il tuo primo disco, anche se più “tradizionale” rispetto ai tuoi lavori seguenti, già mostrava un songwriting molto maturo. Puoi dirci dei tuoi primi passi da musicista e di come la tavolozza musicale si è arricchita in questi anni di Lewis & Clarke?
Scrivo quello che sento, e questo può abbracciare un insieme di emozioni che sono a volte semplici, a volte complesse. Chiunque abbia un compito davanti a lui imparerà nuove abilità e come usare gli attrezzi del mestiere. Nel tempo, impari il mestiere e ti connetti meglio a modi migliori di esprimerti attraverso il tuo prodotto. L’obiettivo è entrare in comunicazione più profondamente con le persone che ne fanno esperienza. Vengo attratto dalla musica che cerca di fare la stessa cosa, e questo mi ha aperto a un sacco di buona musica.

Puoi citare una canzone non tua che possa descrivere la musica di Lewis & Clarke, o forse ciò che ti piacerebbe che fosse?
No, non una canzone. È un concetto troppo astratto per una sola canzone. È come una canzone che sai di adorare ma non riesci proprio a ricordarti dove l’hai sentita. Forse è qualcosa che hai sentito in un sogno, ma è qualcosa che è insieme nuovo e familiare.

Descrivi il tuo ultimo disco, “Triumvirate”, con queste parole: “Se paragoni l’atto di scalare una montagna a risolvere un puzzle, il nome dell’album è anche una metafora sul risolvere un puzzle e andare avanti”. Puoi dirci di più? È una considerazione strettamente personale o più generale, nella tua mente?
“Triumvirate”, oltre a essere un riferimento al potere politico di tre, è il nome di una rupe di 100 metri di altezza vicino a casa mia che si affaccia sul fiume Delaware. È possibile scalarla se hai la mente libera e non guardi giù. È una considerazione sul tenere una mente calma ed essere positivi.

Ascoltando la tua precedente, ispirata discografia, mi sembra che “Triumvirate” rappresenti però la realizzazione sublime di ciò che avevi costruito prima. Le tue interpretazioni vocali e la tua scrittura suonano incredibilmente a fuoco. Sei d’accordo?
Sì, direi di sì. Sento che parte di questa concentrazione sia dovuta all’aver avuto tempo di respirare. Intendo sia nella creazione del disco che nella sua lunghezza. È questione di ciò che arriva. Questo è anche il motivo per cui ho permesso al disco di avere una durata maggiore di un’ora, così che tutti i musicisti e i concetti potessere avere il tempo di sviluppare le proprie idee a fondo.

“Triumvirate” ha arrangiamenti splendidi, in qualche modo più elaborati e sontuosi che in passato. È il risultato di una tua scelta precisa o di collaborazioni più ampie con altri musicisti?
Non è stata una scelta precisa. Eve Miller (che dà il nome a “Eve’s Wing”) è stata via per lunghi periodi e non è stata in grado di collaborare al disco. Il suo violoncello è stata innegabilmente una voce con cui non ho potuto lavorare. Ian O’Hara si è offerto di lavorare sulla composizione degli archi, che hanno delle parti molto interessanti e commoventi. È stato a causa dell’assenza di Eve che Ian e io abbiamo intrapreso questa direzione. Quindi, abbiamo reclutato Mollibeth Cox e Gretchen Lohse, che hanno entrambi contribuito a parti di violino e viola molto belle e interessanti. Gli abbiamo chiesto di suonare le parti che avevamo scritto, poi di improvvisare a loro gusto e intuizione. Ha funzionato.

Puoi raccontarci un po’ della composizione di “Triumvirate”? In generale, scrivi i pezzi a partire da chitarra o pianoforte? L’album suona incredibilmente coerente, puoi dirci del periodo in cui le canzoni sono state create?
Ho scritto le parti principali sia su chitarra che su pianoforte, insieme alle melodie vocali. Poi Ian e io abbiamo studiato delle contro-melodie. Da qui, arrangiavamo e provavamo con Shane (O’Hara) alla batteria e completavamo un demo. Poi Ian e io aggiungevamo gli arrangiamenti d’archi o fiati. Per tutto il tempo io scrivevo i testi sul mio libriccino, connettendo i temi, la metrica e la melodia.
Si è trattato di un periodo difficile, in cui stavo attraversando problemi familiari e mi sentivo incredibilmente isolato rispetto il tempo a pubblicare dischi e andare in tour. Adoravo passare il mio tempo a casa a crescere mio figlio, ma sapevo che più tempo passavo fuori dal gioco, più difficile sarebbe stato tornare in pista. Questo anche a causa del nostro stato tecnologico di immediatezza. Decisi di scartare ciò che era tradizionale e prevedibile, e fare solo ciò che volevo secondo i miei termini e la mia agenda. Avrei creato solo ciò che volevo creare, accontentandomi di dove mi trovavo. Fu una lotta all’inizio, ma presto divenne tutto più chiaro.

Ciò che è incredibile del disco è anche la sua lunghezza – direi la sua “vastità”, sembra come se ospitasse un mondo intero, inesplorato. Avevi in mente di farlo in questo modo o si è trattato di un’evoluzione graduale?
È stata un’evoluzione generata dalla scelta di non avere limiti. Guardandosi indietro, è stato un po’ pericoloso, perché quando lavori con questo tipo di lunghezza è facile diventare tronfi o auto-indulgenti. Ma in quel momento non ho visto altra opzione se non fare “Triumvirate” come volevo che fosse.

Ricevo le stesse impressioni della tua musica dai tuoi testi, che sono ugualmente appassionati e stratificati. Come si sono influenzati i due, arrangiamenti e testi?
Sì, entrambi ascoltano e contribuiscono a ciò che l’altro sta dicendo, ognuno con la propria voce.

Il disco è molto ricco e gli arrangiamenti spesso “parlano da soli”. Qual è la vostra line-up attuale dal vivo? Sei a tuo agio a suonare i pezzi da solo?
Sono con me Ian O’Hara (tastiere, sintetizzatore), Shane O’Hara (batteria) e Anthony Lavdanski (contrabbasso). Sono molto soddisfatto di come rappresentiamo la musica dal vivo, cerchiamo di ampliarla e spostarla in altri luoghi. Sto migliorando nel godermi l’esperienza solista, quando è necessario. Mi manca l’interazione perché molto significato nella musica si sviluppa nel modo in cui gli strumenti si rapportano l’uno con l’altro. Suonare da solo mi permette di tirar fuori vecchi brani preferiti o canzoni che tenevo da parte per un giorno piovoso.



Discografia

Bright Light (7", Delboy, 2003)
Bare Bones And Branches(Delboy / Summersteps, 2005)7,5
Live On WPRB(live Ep, La Société Expéditionnaire, 2006)6,5
Blasts Of Holy Birth(La Société Expéditionnaire, 2007)7,5
Light Time(Ep,La Société Expéditionnaire, 2009)7
Triumvirate(La Société Expéditionnaire,, 2014)8
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Before It Breaks You
(live, from "Blasts Of Holy Birth", 2009)
We Think We Have Eyes
(from "Blasts Of Holy Birth", 2009)
Black Doves
(live, from "Blasts Of Holy Birth", 2009)
Little Sin
(live, from "There Is A Home For You", 2013)
Come Back To Me
(from "From Hello To Goodbye", 2014)

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