Prendono il nome dal dio hawaiano Tiki. Propongono brani dal rock sfrenato e linee melodiche tra il beat e il retrò.
A tre anni dal loro esordio, i SikitikiS pubblicano finalmente il secondo disco, “B”. Ne abbiamo parlato con Diablo, voce della trascinante formazione cagliaritana.
Il vostro nuovo disco s’intitola “B” come la fase B, essere di serie B, il lato B. Situazioni che abbiamo sempre considerate un po’ da perdenti, che voi riuscite a trasformare in situazioni privilegiate: i perdenti fanno leva sulle loro debolezze per affrontare e sconfiggere il nemico prendendolo di sorpresa.
Questo non lo sappiamo. Speriamo di riuscire a trasformarle in situazioni privilegiate. Più che una “B” di trasformazione e una “B” di ammissione, un omaggio a un mondo culturale e artistico, ma anche all’esistenza umana, a tutto il mondo che sta nascosto all’ombra di qualcos’altro, che vive sempre il rovescio della medaglia. Il mondo di quelle persone che sono sempre costrette a rialzarsi dopo una caduta, quindi a riaffrontare una nuova fase della vita. Crediamo che questa condizione sia molto diffusa e molto attuale.
Non trovo sia una banalità che “B” sia più maturo di “Fuga dal Deserto del Tiki”. È stata una maturità naturale o ricercata?
Entrambe le cose: è arrivata naturalmente l’esigenza di evolvere il nostro suono, anche in base a quella che è stata la nostra esperienza live, a quelli che sono stati gli ascolti, le visioni cinematografiche, le letture. Alla fine ci è venuta voglia di affrontare un nuovo percorso. Opportunamente questo percorso è stato affrontato con un’esperienza maggiore e quindi il risultato viene fuori più compatto, più maturo.
In qualche modo mi sembra anche che “B” abbia una goccia di melodia in più, sia leggermente più orecchiabile rispetto al primo disco.
La ricerca della melodia è stata fatta con l’intenzione di rendere il disco più “aperto” sotto il profilo dell’atmosfera, del respiro, malgrado poi le successioni di accordi che tecnicamente sono più scure rispetto al primo disco. Le aperture melodiche danno il colpo alla botte dopo aver dato il colpo al cerchio, cercano di trovare un equilibrio che musicalmente suonasse compatto dall’inizio alla fine.
Ho saputo che “B” non ha avuto una gestazione tanto semplice.
Sì, perché fare dischi in Italia è una follia. Solo delle persone che hanno problemi possono fare dischi in Italia: non c’è niente di bello, di naturale, di divertente. Fare dischi è molto faticoso. Sia crearli, concepirli, sia poi trovare loro un mercato.
Tutto questo si unisce in un grande magma anche pericoloso, perché può portare a decisioni affrettate e contribuisce a rendere molto difficile la gestazione di un disco.
Nel nostro caso è stato così. È stato un disco arrivato in un momento molto particolare dell’etichetta e abbiamo affrontato insieme ogni problema cercando di contribuire noi in prima persona alla risoluzione di questi problemi. Alla fine, grazie a una determinazione implacabile, siamo riusciti a fare uscire il nostro disco.
“L’orgoglio è ottimo anche come carta da culo”.
(ride) Ti piace quella frase?
Molto!
Diciamo che l’orgoglio porta troppe persone a fare un sacco di cazzate.
“Onde Concentriche” è un duetto con Robertina. Scelta dettata dall’etichetta?
No. “Onde Concentriche” è un pezzo molto vecchio, ha 6 o 7 anni. Attraverso degli ascolti, ho avuto delle piccole illuminazioni su come svilupparlo e ho capito che, in quel momento, quello non era un pezzo da SikitikiS, ma che fosse un buon pezzo per Robertina, con la quale c’è un rapporto di stima artistica e umana molto forte. Col tempo, a ridosso della registrazione, abbiamo capito che quel pezzo si poteva fare e si poteva fare insieme. Ho chiamato Robertina e lei, molto volentieri e con molta tranquillità, si è messa a disposizione.
Questo secondo disco, così come il primo, si chiude con un brano strumentale. In questo caso il brano si intitola “Le Grand Diable” e sembra essere un elogio a te, che non canti. Invece è un elogio a Philip Lacroix, personaggio che troviamo nel libro “Manituana” del collettivo Wu Ming.
È stato un po’ imbarazzante, nel senso che il titolo di questo pezzo è stato proprio deciso dai Wu Ming, quindi da parte mia c’è stata una forma di imbarazzo nell’accettare un titolo che ricordasse in qualche modo il mio soprannome.
Effettivamente il capitolo 32 di “Manituana” parla di un’impresa di Philip Lacroix, detto “Le Grand Diable”. È una fatalità.
In “Fuga dal Deserto del Tiki”, “L’Importante è Finire” di Mina. In “B”, “Storia d’Amore” di Celentano.
“Storia d’Amore” appartiene ai SikitikiS da prima di “L’Importante è Finire”: il primissimo concerto del gruppo – il 6 dicembre del 2000 – si chiudeva con una versione di “Storia d’Amore”, parliamo di 6 arrangiamenti fa.
Quando abbiamo preso tutti i brani che avevamo a disposizione per decidere quali dovessero entrare all’interno del disco, volevamo chiudere un ciclo con questo pezzo, dopo che tanti avevano chiesto una versione in studio. Abbiamo deciso di inciderla con un arrangiamento inedito, che non era mai stato fatto nemmeno live e che ora riproporremo ai concerti.
Una domanda che non mi sarei mai sognata di porre a qualcuno: perché l’italiano? Con il suono che avete, l’inglese sarebbe stata la scelta più semplice e comoda.
La risposta è nella domanda: perché l’inglese sarebbe stata la scelta più semplice e più comoda. Tendenzialmente a noi non piacciono le scelte semplici e comode. L’italiano è la lingua naturale con cui scrivo e questo ha a che fare con il mio retaggio culturale più profondo e più ancestrale: ti parlo di della musica italiana anni 60 e 70 che potevo ascoltare in macchina con mia madre quando ero piccolo. Deriva da lì la mia passione per la scrittura in lingua italiana. In più leggo in italiano, penso in italiano, parlo in italiano, mangio in italiano. Scrivere in inglese mi sembrava incoerente.
Come siete arrivati ad avere un suono così particolare?
Abbiamo impiegato molti anni. I SikitikiS sono nati nel 2000, eppure tra il 2000 e il 2004 sono rarissime le uscite live, questo perché abbiamo utilizzato tutto quel tempo come laboratorio. Ovviamente ti sto parlando di questo con il senno di poi: al momento non ci rendevamo conto che era così. È evidente che in quegli anni si è formato un modo di fare musica, c’è stata anche una chiusura rispetto a tutto quello che succedeva intorno a noi: ci siamo chiusi in sala prove, concentrati a testa bassa e quando abbiamo rialzato la testa ci siamo resi conto di avere un suono che ci caratterizzava.
Essere di Cagliari vi ha in qualche modo penalizzati?
Certo! Ovviamente! Ma non tanto essere di Cagliari, quanto arrivare da una qualsiasi città della provincia italiana che non è una delle città in cui si accentra il mercato e i meccanismi della musica, come Milano, Torino e in parte Roma e Bologna. Arrivare dalla provincia è più difficile. A noi, poi, si aggiungono dei costi di spostamento molto elevati e questo fa sì semplicemente che i soldi che ci mettiamo in tasca siano di meno.
Voi avete sempre avuto una forte identità visiva, vicinissima al noir.
La passione per il cinema è il vero collante per i SikitikiS, è il vero elemento catalizzatore per i musicisti che ne fanno parte, ma anche per scrivere e per creare. Per noi il cinema è una scusa, è un modo di prendere delle immagini e farsi suggestionare fino al punto di doverne trasferire l’atmosfera in musica. Poi c’è la passione puramente musicale per le colonne sonore di un certo tipo di cinema tendenzialmente scuro, tendenzialmente criminale. Non disdegniamo affatto il grande cinema d’autore: per me tanto Tarantino quando Fellini.
Tra le vostre performance ci sono anche delle sonorizzazioni di film durante la proiezione.
Sì, una delle attività che svolgiamo musicalmente, oltre che scrivere canzoni, incidere dischi e fare concerti, è quella di misurarci con le colonne sonore e le immagini di un certo tipo di cinema che ci piace particolarmente. Lo abbiamo fatto affrontando cinque pellicole di Elio Petri, quattro con Gianmaria Volonté più “La Decima Vittima” che abbiamo sonorizzato per una produzione dell’Hiroshima Mon Amour (storico locale torinese) e ora ci apprestiamo a fare la prima sonorizzazione di un thriller/horror di Lucio Fulci, “Una Lucertola con la Pelle di Donna”.
Non c’è la possibilità di portare in tour anche questo tipo di esibizione?
Sì, c’è questa possibilità e esiste anche quella di mettere tutto su un supporto da pubblicare. La cosa importante è ottenere l’autorizzazione all’utilizzo delle immagini, e non è semplice perché alcuni degli autori di queste pellicole sono morti, quindi bisogna trovare gli eredi o chi ha acquistato i diritti. Il tour vero e proprio verrà intrapreso nel momento in cui riusciremo a tirar fuori uno spettacolo organico da portare nei teatri.
Avete esordito con un video ironico come “Non Avrei Mai” per poi rincarare la dose con “Rock’n’Roll Contest”. Non avevate paura che vi rimanesse appiccicata un’immagine ironica che in realtà non vi rispecchia molto?
...Credo che l’ironia, nei SikitikiS, sia uno dei rumori di sottofondo: siamo sicuramente un gruppo a cui piace un certo tipo di cattiveria, ma non riusciamo a prenderci sul serio fino in fondo. Mai. Abbiamo un istinto forte quasi clownesco in certi momenti, che viene fuori anche dal vivo e che non riusciamo a domare.
Abbiamo accettato con molta naturalezza quando ci sono stati proposti dei video a sfondo ironico anche perché conoscendo i registi con i quali abbiamo girato (Lorenzo Vignolo per “Non Avrei Mai” e Postodellefragole per “Rock’n’Roll Contest”) sapevo che non sarebbe mai stato un video eccessivo o che lasciasse travisare. Inoltre penso che sia bello proporre un percorso e anche stupire, dare un’immagine di sé per poi revisionarla o addirittura rivoluzionarla.
Siamo tutti in attesa del vostro nuovo video. Dimmi che ce ne sarà uno!
Sì, è in consegna in questi giorni! Il singolo è “Al Primo Colpo” ed è un video vede la nostra partecipazione, anche in fase creativa, un po’ più forte. L’idea, esattamente come per “Non Avrei Mai”, è nata da una nostra stretta collaborazione con il regista, che in questo caso è Giuseppe Verlucca Moreto.
Ho impiegato diversi mesi a pronunciare il vostro nome, magari nemmeno in maniera corretta. Perché SikitikiS? Sopralapancalacapracampa era già preso?
(ride) E' un nome che abbiamo tirato fuori pensando soprattutto che dovessimo inventare una parola che non esisteva: se oggi si va su internet e si digita correttamente “SikitikiS”, non può che visualizzare qualcosa relativo a noi. È stata una scelta che doveva aiutare a individuare bene il gruppo. E poi è un palindromo e ci ha affascinato tantissimo.
Nel vostro sito non compare il maggiordomo. Nel senso che non è lui l’assassino? In questo caso, però, mi rendete le cose difficili!
In realtà nel nostro sito siamo tutti maggiordomi!
Presto in tour.
Sì, dal 20 marzo torneremo a ri-assaggiare il palco nell’attesa dell’attesa di date più consistenti, che saranno quelle estive. Adesso partiamo e proviamo una nuova scaletta in posti anche importanti, in locali con un’ottima risonanza, ma saranno poche date.
E poi c’è questa iniziativa bellissima della 2roads a cui ci siamo uniti immediatamente: gli house-concert, piccoli concerti all’interno di case private. È una cosa che ci diverte tantissimo e che abbiamo accettato subito con entusiasmo.
(12 marzo 2008)