Steven Halpern, ovvero, l’inventore della musica new age. Anzi, meglio, lo scopritore di un approccio rivoluzionario d’intendere la musica che, quando il compositore lo teorizzò attraverso dischi, concerti e conferenze, riprese di fatto il bandolo della matassa lasciato da Athanasius Kircher, sconosciuto ma geniale gesuita tedesco vissuto nel Seicento, e dal medico britannico Richard Brocklesby, un secolo più tardi.
Halpern, newyorkese, classe 1947, si formò nei Sixties con il pallino del jazz; ben presto, però, la volontà di pervenire a soluzioni in bilico tra composizione e improvvisazione, lo condusse nei lidi dell’esoterismo sonoro, del minimalismo oltranzista, delle possibilità microtonali attraverso la tradizione folklorica orientale, sperimentando, principalmente, con pianoforte e sintetizzatori. A differenza dell’ambient coniato dal britannico Brian Eno nello stesso periodo, siamo a metà dei Seventies, la musica della “Nuova Era” non si proponeva in veste di sottofondo per le molteplici situazioni della vita; essa assurse al ruolo di accompagnamento nell’infinito processo migliorativo a cui aspirano gli esseri umani, divenendo traduzione in note di un impulso biofilo, spirituale, senza bisogno di affiliarsi a questa o quella religione. Erano gli esordi della musicoterapia moderna, sviluppata scientificamente nei decenni successivi da istituzioni quali il dottor Rolando Benenzon e Cliff Madsen.
Riportando sul Pianeta Terra le più eteree intuizioni dei “corrieri cosmici” tedeschi, Halpern diede inizio a un genere oggi diramatosi in centinaia di stili e varianti, un genere condiviso con compagni di avventura consegnati alla Storia (su tutti, Iasos e Constance Demby), oltre che da un inevitabile codazzo di scopiazzatori o, peggio, venditori di fuffa.
Dall’estatico esordio nel 1975 “Christening For Listening” a oggi, Halpern ha vissuto una carriera prolifica e pluripremiata, macinando vendite record ma ostinandosi nella ricerca di nuove sfide e collaborazioni che ampliassero le possibilità del suono di schiudere l’anima e trasfigurarla, mostrandole, cioè, mediante una musica che si fa luce, il volto dell’uomo che torna alla sua origine divina.
Steven, nasci jazzista; come sei arrivato all’epifania della new age?
Dopo aver studiato tutti gli accordi, le scale e le loro combinazioni, mi riusciva facile comporre melodie sofisticate e accattivanti. Ma quando fui invitato a suonare con certi incredibili jazzisti, gente con uno stile e un’intensità simili a quelli di Coltrane, per intenderci, mi resi conto che non avevo più il controllo della situazione o, meglio, la musica usciva dalla mia tromba senza essere filtrata dall’ego. Comprendo ora che quello fu il primo passo evolutivo per predispormi a connettere mente e corpo con la mia musa, aprendomi alla possibilità di una musica che non provenisse da me ma attraverso me. Avevo letto che, nell’antichità, gli artisti si rivolgevano direttamente alle proprie muse e pregai affinché io stesso potessi riuscire a connettermi con loro. Erano i tempi del college e, da allora in avanti, volli apprendere tutto ciò che c’era da sapere sull’Illuminazione. Dal 1969 in avanti, la mia crescita spirituale influenzò le mie scoperte musicali, e viceversa.
Al traguardo dello studio di registrazione, arrivasti preparato?
La prima volta che misi piede in uno studio di registrazione compresi che quello avrebbe rappresentato, fisicamente e psichicamente, il “Sacro Tempio del Suono”, per il resto della mia esistenza. E lì, in più di un’occasione, ho sperimentato visioni di vite passate e ricordato musiche che ascoltai in altre epoche. Degli esempi concreti sono i canti di invocazione contenuti negli album “Ancient Echoes, ”, “Eastern Peace” e “Hear To Eternity”, in cui sono pronunciate le cinque vocali sacre. Pur sapendo come rendere udibili i suoni che risuonavano nella mia testa, però, non sarei mai riuscito a fare quello che ho fatto senza i quattro tecnici del suono con cui ho collaborato fino a oggi. Ciò che mi motivò era il desiderio di fermare su disco quella musica meditativa che avevo iniziato a proporre live. Al tempo non c’erano album interamente concepiti in questo modo, magari trovavi un paio di pezzi, qua e là, inseriti a mo’ di diversivo. Volevo invece che si permanesse in quella “zona”, soprattutto durante esperienze specifiche come la meditazione, i massaggi olistici e il fare l’amore. Sapevo che c’era un pubblico con questa mia stessa esigenza. Così, per una vera e propria coincidenza cosmica, durante una cena di Natale del 1974, mi presentarono il proprietario di uno studio di produzione di vinili, sicché, la settimana successiva, ero diventato il suo primo cliente.
Una così elevata percezione della musica presenta anche delle controindicazioni?
Come tanti altri ricercatori spirituali, il mio corpo e la mia mente sono diventati estremamente sensibili a rumori e dissonanze.
Spieghiamo, una volta per tutte, cosa s’intende per musica “new age”?
Il mio contributo nella definizione del termine è stato rivolto a identificare una musica di elevazione, che portasse armonia nella mente, come anche nello spirito e nel corpo. I timbri degli strumenti avrebbero dovuto essere pacificanti, mai sostenuti, con ritmiche fluide, non interessate a cadere sulla battuta e prive di un centro ritmico evidente.
In cosa diverge, rispetto all’ambient?
Dalla metà degli anni 70 e fino alla fine del decennio, quella che oggi consideriamo ambient veniva accostata alla new age. Ricordo un’intervista di una radio di San Francisco a Brian Eno, era il 1978, in cui ammise di conoscere il mio lavoro. Il termine da lui coniato, in effetti, evitava la stigmatizzazione che alcuni attribuivano alla new age. Qualche decennio più tardi, però, l’ambient è diventata anche quella musica elettronica digitale spesso associata con la scena rave. Se ci pensi anche sottogeneri come l’Edm o la chillout vengono sovente impiegati in maniera intercambiabile. Nel 1995 scoprii persino che il mio album “Spectrum Suite” era stato suonato nella chill room di un rave. Che bella cosa!
Un album che meglio ti riassume?
Quello che preferisco è, appunto, “Spectrum Suite/“Chakra Suite”, perché ha lanciato la mia carriera, conferendomi una competenza con radici profonde che toccano gli ambiti della scienza, della spiritualità e fino all’arte della guarigione. “Spectrum Suite” ha attirato l’attenzione di riviste, trasmissioni radiofoniche e televisive non solo negli States ma anche in Europa e Giappone, sicché sono stato uno dei primi musicisti a discutere questi argomenti ponendo la musica come punto di partenza.
Cosa ricordi della registrazione di “Christening For Listening”, certamente il tuo primo capolavoro?
Era il 1975, per la prima volta io e il mio tecnico registravamo un pianoforte Rhodes. Appena misi mano sulla tastiera, il lento vibrato dello strumento mi trasportò nella condizione di profonda pace tipica delle onde cerebrali Alpha/Theta. Registrai l’intero lato A alla prima take, senza bisogno di inserire alcuna sovraincisione. Erano tre anni che mi esercitavo, infatti, eseguendo una sequenza di sette note-chiave, dal Do al Si, così da far risuonare acusticamente i sette chakra. Devo essere franco: tanta gente mi aveva chiesto di registrare un album ma, al tempo, avevo in mano solo quel lato A e non sapevo cosa inserire nel B. Così registrai dei pezzi improvvisati e invitai in studio il compositore e polistrumentista Iasos, il quale si limitò a dire: “Fai partire la musica, non voglio neanche sapere in che tonalità è”. Fu così che registrò queste incredibili melodie al flauto, giocando con l’effetto eco. Ma mi mancavano ancora 12 minuti. Allora ho chiamato un amico batterista, con il quale avevo suonato ai tempi del jazz; senza alcuna prova, improvvisammo, lui alla batteria e io al basso, poi mi sovraincisi alla tromba, chitarra e Rhodes. Ancora non capisco come riuscimmo a beccarci sui cambi di ritmo e dinamiche. Mi divertii come non mai; intitolai quel medley “Something For Every Body”, una lettera d’amore agli anni di formazione nel jazz rock. Tuttavia, nelle ristampe successive, che ribattezzai “Spectrum Suite”, incalzato dai terapisti che non trovavano funzionale quella parte più rock, finii per sostituirla con dei “paesaggi sonori” composti di bordoni. Un paio di anni fa ho ricevuto una email da un dj che mi diceva che quel lato B è diventato invece il “Sacro Graal” per tanti collezionisti di vinili; pare sia apprezzato soprattutto l’assolo di batteria sfasato, che alcuni artisti hip-hop hanno finito per campionare. E chi se lo aspettava…nessuno mi aveva chiesto l’autorizzazione. E visto che la copertina, raffigurante una foglia di filodendro, veniva scambiata da certi fanatici religiosi per dei genitali femminili, mi decisi a sceglierne un’altra, che impiegai per la versione digitalizzata del 1985, in cui è rappresentato un arcobaleno musicale che armonizza la Terra. Le riedizioni nel nuovo millennio, con il titolo “Chakra Suite”, hanno un’ulteriore copertina, che illustra definitivamente la relazione tra le sette note-chiave, i sette colori dell’arcobaleno e i sette chakra.
Cosa contiene di nuovo, “Chakra Suite”?
Con l’arrivo del supporto cd, potemmo finalmente dire addio al fruscio della musicassetta, che risultava distraente durante l’ascolto a un livello profondo. L’idea era di rivisitare la sequenza dei sette chakra. Lavorai in uno studio che vantava l’ultimissimo registratore digitale della Sony e il Dolby Sr: registrai simultaneamente su entrambi, per poi confrontare il calore del suono in base alle mie esigenze. Nella seconda parte dell’album aggiunsi del materiale inedito, visto che la lunghezza del cd me lo consentiva.
La tua è una missione?
Ho sempre pensato di essere stato chiamato a educare il pubblico, i medici, gli psicoterapeuti e i professionisti attivi nell’ambito olistico a scoprire i benefici conseguenti dall’utilizzo di musiche composte espressamente per elevare chi le ascolta, e per supportare una guarigione armoniosa di corpo-mente-spirito.
Oggi, cosa muove la tua ispirazione?
Si muove secondo approcci sempre diversi. A volte percepisco un piccolo tema in sogno o durante la meditazione e così, la volta in cui ho in programma una sessione di registrazione, mi riconnetto con quello stato di coscienza e rendo udibile quanto mi era arrivato. Quando mi appresto a incidere, invoco i miei spiriti guida, gli angeli, le creature delle dimensioni elevate, oltre ad alcuni compositori classici europei, non diversamente da come ha fatto la spiritista Rosemary Brown nelle registrazioni effettuate dalla Bbc nel 1969. Da dopo la pandemia, mi capita di riascoltare un mio vecchio brano che, in un dato istante, poni caso a 2 minuti e 22 secondi, innesca in me la coscienza di una nuova composizione. A volte mi arriva solo la linea melodica. A volte la composizione fatta e finita. Non so spiegare il perché ma, come ho sentito dire una volta, “i doni divini non vanno messi in discussione, ma compresi e accettati con gratitudine”. Un approccio ben diverso da quando ero un musicista jazz-rock invischiato nel proprio ego. Ai tempi, ricordo che il nostro insegnante, il leggendario jazzista Ron Carter, pretendeva studio e pratica per otto ore al giorno: così furono le mie vacanze estive, nel 1968 e nel 1969.
Un denominatore comune nel tuo approccio compositivo?
Ho sempre incorporato molto spazio, molti silenzi, tra le note. Registravo in modalità “Cosciente” prima che a questo termine fosse attribuito il significato per cui oggi lo conosciamo.
Com’è cambiata, nel corso del tempo, la tua visione musicale?
Per un musicista come me, non ferrato nell’ambito ingegneristico della musica, l’arrivo dei sintetizzatori polifonici ha espanso enormemente la tavolozza di colori, consentendomi una palette timbrica e di trame pressoché inesauribile. Con l’avvento della registrazione digitale attraverso ProTools e dei vari software di editing, sono stato finalmente in grado di applicare minuscole permutazioni di frequenza in singole note. Un caso su tutti è quello del mio terzo album, “Starborn Suite”, del 1978. Quando venne pubblicato, sapevo bene che l’editing finale non rispecchiava il suono che avevo in testa. Adesso, con le nuove tecnologie, ho creato esattamente l’effetto di dissolvenza incrociata che sentivo dentro di me quando lo composi.
Dettagli che un ascoltatore medio può percepire?
Ne dubito. Ma io posso sentirli, e anche questo fa parte del mio lavoro di servitore della Musica. La versione legacy di “Starborn Suite” del 2001 rende finalmente onore agli incredibili eventi che hanno portato a quest’album, il quale rappresenta una delle mie prime evoluzioni artistiche.
Questa è di John Coltrane: “Fregatene delle regole, è l’emozione che conta”. Ci sono regole che non trasgrediresti mai?
Coltrane ha proferito tante altre parole ispirate, vedi la sua poesia pubblicata sul retro copertina di “A Love Supreme”. Un mio professore universitario si rifiutava di farmi passare il corso perché avevo infranto le regole che si aspettava seguissi. Gli spiegai che avevo seguito le mie, di regole. In ambito musicale invece l’unica cosa fondamentale è questa: quando ascolto la tal musica, eleva il mio spirito?
A quali conclusioni ti hanno portato gli esperimenti con la fotografia Kirlian?
Alle stesse conclusioni evidenti a tutti i ricercatori che studiarono il fenomeno. Comparammo misurazione biofeedback delle onde cerebrali (Eeg), attività elettrodermica (già impiegata in forma pionieristica sulle piante dal ricercatore Cleve Backster) e fotografia Kirlian, che riproduce l’aura umana, su persone che ascoltavano brani rilassanti di musica classica e alcune mie composizioni. I risultati furono impressionanti. I soggetti analizzati, uomini e donne dai 18 agli 80 anni, mostravano una significativa riduzione dello stress e un’armonizzazione delle onde cerebrali negli stati Alpha/Theta quando ascoltavano la mia musica, piuttosto che quella classica.
Come lo spieghi?
Tre motivi. Il primo: l’intenzione. La maggior parte della musica non è composta espressamente con l’intenzione di rilassare o guarire. Secondo: la maggior parte della musica tradizionale è stata concepita impiegando l’emisfero sinistro del cervello e non l’organo nella sua interezza. Terzo: molta musica è pensata secondo un paradigma di tensione/ rilascio che genera, inconsciamente, stress. Troverai ulteriori informazioni a riguardo cercando sul mio canale Youtube il video “The scalus interruptus syndrome”.
Riascolto l’album “Listen And Lose Weight” (“Ascolta e perdi peso”) e mi chiedo in che modo la musica possa, concretamente, essere d’aiuto.
Ogni album contenente affermazioni subliminali sfrutta, appunto, il potere subconscio della mente. Il nostro cervello è uno strumento straordinariamente sensibile che capta, in ambito visivo, immagini al di fuori del centro dello sguardo di cui non si crede di essere a conoscenza. Allo stesso modo, esso può percepire affermazioni al di sotto della soglia di consapevolezza cosciente. Un mio collega, il dottor Eldon Taylor, ha scritto dei libri sulla fisiologia del cervello che spiegano tecnicamente in che modo avvenga tale fenomeno.
Non può trattarsi di un banale effetto placebo?
Ti farò un esempio. Stavo lavorando a una serie di nastri per una società europea e dovevo inserire delle affermazioni in una lingua che non conoscevo. Il tema era “Musica per massaggi” ma, mentre ci lavoravo, continuavo ad addormentarmi. In un secondo momento scoprii che l’azienda ci aveva fornito, erroneamente, affermazioni che incitavano al sonno. Perciò, anche se pensavo di star ascoltando affermazioni di rilassamento per una seduta di massaggio, il mio cervello “leggeva” parole che incitavano a dormire. La cosa più sorprendente è che le informazioni arrivavano in una lingua a me sconosciuta. Ovviamente, visto che gli esperti non sono riusciti a trovare un perché, si limitano a concludere che non è possibile alcun effetto subliminale. Ma la mia serie di album con affermazioni subliminali, dal 1980 a oggi, ha venduto milioni di copie in tutto il mondo.
Un ambito che si presta anche a inevitabili truffe.
Sarei in malafede se non te lo dicessi: a metà degli anni 90 un’etichetta italiana ha messo in commercio degli album che spacciavano come contenenti affermazioni subliminali, usando le mie musiche. Stessa faccenda è accaduta in Germania, Spagna e Olanda. Ma io non c’entro nulla con quelle pubblicazioni. Mi sono sempre comportato con la massima integrità quindi quando mi hanno detto: “Beh ma come farà l’ascoltatore ad accorgersi del bluff se tanto le parole non sono udibili?”; mi sono limitato a rispondergli “Il problema è che lo so io”. Ho intentato una causa legale che, come ovvio, ho vinto.
Musica a 432 Hz: Iasos mi spiegava che, secondo lui, è una fregatura e che si tratta, al massimo, di un effetto placebo smascherabile attraverso un test di ascolto “bendato”.
Il mio punto di vista non è completamente diverso da quello di Iasos, ma, direi, più sfumato. Sono tante le storie che si raccontano di come e perché si sia arrivati a imporre l’intonazione del La a 440 Hz rispetto ai 432 Hz. Pochi sanno che, ai tempi di Mozart, le composizioni venivano eseguite in un range che oscillava tra i 428 e 430 Hz, fatto che cambiava di città in città e di paese in paese. Va evidenziato, innanzitutto, che sul web circola moltissima brutta musica la cui unica attrattiva è quella di essere a 432 Hz. Non dobbiamo generalizzare, dunque. Dirò di più; sono stato uno dei primi musicisti ad affermare che una brutta musica a 432 Hz non è migliore di una bella musica a 440 Hz e, la riprova, è che buona parte della mia musica è a 440 Hz e funziona egregiamente. Da un punto di vista scientifico, però, prendo atto che i 432 Hz sono un armonico degli 8 Hz che caratterizzano la Risonanza Schumann, cioè il gruppo di risonanze elettromagnetiche del Pianeta Terra, la sua onda cerebrale, per semplificare. Purtroppo non ho mai avuto accesso a un pianoforte a coda intonato sui 432 Hz, sicché non ho effettuato delle serie comparazioni. Il mio sintetizzatore, invece, è intonato a 432 Hz.
E qual è la tua esperienza?
In primis, il suono risulta più opaco e, naturalmente, la musica sarà più bassa a livello di tonalità. Però una volta ho vissuto un’esperienza seminale. Stavo registrando l’album “Om Zone 432 Hz” e, mentre mixavo in cuffia una traccia con la voce di Melissa Phillipe, improvvisamente mi sono sentito ispirato a improvvisare con la voce, pur essendo un cantante inesperto. Senza alcuna prova o riscaldamento, ho cantato come mai avevo fatto e con un’intonazione ineccepibile. Non solo. Quando ho mixato la mia voce con quella di Silvia Nakkack, che avevo posto a inizio dell’album in un secondo momento senza averla usata durante la mia registrazione, le due si adattavano perfettamente, un fatto assai raro. Se noti, i primi a spingere per l’adozione dei 432 Hz sono stati i cantanti lirici, poiché rendeva loro più facile raggiungere i Do più alti. Quindi, concludendo, a certe condizioni, talvolta, la musica a 432 Hz possiede qualcosa di speciale.
Ci sono strumenti musicali più efficaci di altri per intervenire sullo stato di benessere dell’ascoltatore?
Assolutamente sì. Ho iniziato la mia carriera professionale con lo strumento più indicato per la guarigione, e cioè il piano elettrico Fender Rhodes. Harold Rhodes l’ha creato proprio con lo scopo di offrire uno strumento curativo, ed è come suonare, mediante una tastiera, una serie di diapason. Quando registro suonando un pianoforte a coda da concerto, faccio sì che il tecnico del suono ammorbidisca sempre i toni più duri. Questo per dire che, nel confronto tra i due strumenti, la Rhodes ottiene sempre il mio punteggio più alto in fatto di rilassamento e meditazione. Tra gli altri strumenti efficaci che ho testato nominerei il flauto in bambù, il flauto traverso, il violoncello e le campane di cristallo.
Cosa significa “improvvisare”?
Essere creativi senza ripetere ciò che si è già proposto. Essere connessi col momento presente, pronti ad accogliere l’ispirazione che ci attraversa. Studiare le regole e sentirsi liberi di ignorarle e, soprattutto, accogliere lo spirito creativo che canalizziamo attraverso la nostra persona e gli strumenti musicali che impieghiamo.
Cos’era lo Spectrum Research Institute?
Il nome che avevo scelto per delineare i miei studi di biofeedback su corpo, mente e spirito. Era anche una divisione editoriale della mia etichetta personale e la casa editrice del mio primo libro, “Tuning The Human Instrument”. Era formata solo dal sottoscritto ma, quando necessario, mi servivo per ricerche ed esperimenti della collaborazione esterna di scienziati professionisti.
La tua idea di successo.
Successo per me significa toccare il cuore di milioni di persone, condividendo i benefici che la musica offre a chi la ascolta veramente. Che conoscano o meno le intenzioni del compositore-guaritore, la musica parlerà a loro a un livello spirituale. Ricordo che in diverse conferenze a tema spiritualità a cui assistetti nel ’69, si prevedeva che sarebbe nata una nuova musica in grado di portare armonia e pacificazione. Al tempo non avevo idea che questa previsione si sarebbe realizzata. Non avevo ancora registrato una nota e non sapevo niente di etichette o del business musicale. A malapena riuscivo a pagare l’affitto.
Avevi pianificato una carriera musicale?
Certo che no. Però poi, una serie di coincidenze “mistiche” mi portarono a incrociare molti straordinari maestri dai quali, in un modo o nell’altro, imparai abbastanza da fare di questa missione un lavoro che si protrae da quasi 50 anni. Essere ancor oggi in grado di evocare una musica di guarigione che determini esperienze elevanti è un meravigliosa conseguenza di questo successo. Dopo tanti anni, permanere saldamente nel business musicale con la mia etichetta indipendente Inner Peace Music è la riprova della fondatezza della “chiamata” a quello che considero il mio “ministero” spiritual-musicale. E la visione, a oggi, è nitida come il primo giorno.
Quali sono i musicisti con i quali hai intessuto le più proficue collaborazioni?
La critica specializzata ha spesso snobbato la parte della mia discografia dedicata alle collaborazioni. In ambito produttivo ho sviluppato la capacità di prepare le condizioni affinchè la magia accada anche insieme ad altri musicisti. Ma non basta che siano bravi. La loro intenzione, quando sono allo strumento, deve risonare su frequenze alte. Nel primo decennio ho registrato con i principali artisti new age, da Iasos agli Emerald Web, da Bettine Clemen a Dallas Smith.
Ricordo un ottimo album con il flautista Paul Horn, “Connections”.
Registrare con lui è stata la realizzazione dei sogni di una vita, da quando ascoltai l’album in cui suonava dentro il Taj Mahal. Pensa che è stato il primo musicista a cui ho chiesto di collaborare. Ma non era ancora il momento di recarsi “in quel luogo” insieme; lui preferiva che consolidassi con le mie sole forze la mia carriera e volle essere certo che sarei riuscito a gestire al meglio una nostra eventuale collaborazione. Alla fine, era il 1984, mi ritrovai finalmente in studio di registrazione con lui, vincitore di Grammy e maestro di meditazione, una persona che voleva entrare nell’ambito new age per portare la sua musica a un nuovo pubblico.
Suppongo che le session furono tutt’altro che noiose.
Innanzitutto ingaggiai un bassista e un batterista che non avevo mai conosciuto personalmente. Una volta in studio, esposi le mie idee e registrammo la base per quello che sarebbe diventato il lato B del long playing. Iniziammo con un pezzo dilatato, dal mood molto morbido. E tutti avvertimmo la magia. Decidemmo di registrare dei duetti, senza provarli neanche una volta. L’unica mia indicazione fu che il primo pezzo doveva essere in Re minore. Gli altri mi seguirono. Ne registrammo due versioni, entrambe notevoli. Ma la svolta avvenne col brano “Shared Secrets”. Avevo questa semplice progressione di accordi, Fa minore, Re bemolle, Si bemolle maggiore. Me lo ricordo come se stesse accadendo adesso: attacco col primo accordo e Paul comincia a suonare la più squisita linea melodica che si possa concepire sopra questi accordi, e continua a svilupparla. Lo ascolto con una tale concentrazione che non sento più le mani sulla tastiera e prego per riuscire a continuare a sostenerlo, in qualche modo. Poi accade. I nostri occhi si incontrano: capiamo che stiamo suonando la stessa melodia. Lui suona quello che sento io e io suono quello che sente lui. Sorride, annuisce e continua a suonare. Poi toglie le labbra dal flauto, è tempo del mio assolo. Chiudo gli occhi. A un certo punto gli mando un messaggio mentale: “Torna dentro” e, proprio in quell’istante, lui riprende a suonare. Altro sorriso. Aveva riconosciuto il mio valore musicale. Da allora siamo diventati grandi amici e, sovente, dividiamo i palcoscenici in festival new age e conferenze. L’ho aiutato a creare la sua etichetta indipendente, gli ho affittato parte dei miei uffici e si è avvalso delle prestazioni del mio manager. Sostiene che io sia il fautore della sua nuova carriera come artista indipendente.
Un ricordo che sembra scolpito nella tua memoria.
Mi è venuta in mente un’altra immagine. A un certo punto Paul è così ispirato ed energeticamente carico da voler usare un filtro eco e un dispositivo per produrre loop. Il brano è “Fantasy Flight”. Mentre lui sta improvvisando queste melodie derivate dai tanti viaggi della sua vita, mi accendo una canna senza che lui mi veda. Le luci sono basse. Mi viene un’idea e, subito, Paul la realizza! Quello che ha eseguito è, per me, l’assolo più bello che lui o chiunque altro abbia mai registrato.
Una connessione che non hai avuto con altri musicisti?
In realtà ci sono stati tanti momenti magici. Come la registrazione con Georgia Kelly, in una notte di luna piena, nel giugno del 1978, quando un canto ancestrale ha attraversato il mio corpo. Non ho più provato qualcosa del genere. Recentemente, dopo averlo rincorso per dieci anni, sono riuscito ad avere un altro vincitore di Grammy, l’ex-oboista degli Oregon, Paul McCandless. Avevo pronte alcune tracce alle quali sapevo che avrebbe conferito una nuova dimensione melodica, e così ha fatto. Il pezzo migliore è “In The Realms Of Healing”, contenuto nell’antologia “Sound Healing 432 Hz”. Dopo due minuti che era in studio a suonare, io e il tecnico del suono avevamo la pelle d’oca.
Un consiglio per le nuove generazioni di compositori?
Prima di tutto, bisogna conoscere alla perfezione il proprio strumento e, importantissimo, fare attenzione alla tonalità. Ho avuto esperienza di certi cosiddetti “guaritori vocali” talmente stonati da farmi alzare dal lettino e scappare fuori dallo studio. Inoltre, consiglio di espandere le proprie conoscienze leggendo i libri dedicati al misticismo in musica del maestro sufi Hazrat Inayat Khan; le bibliografie dei miei libri “Tuning The Human Instrument” e “Sound Health” contengono molti altri titoli ispiranti. Infine, raccomando vivamente di rendere la meditazione parte della routine quotidiana, imparando così a “dirigerci sullo spettro della Coscienza”, come mi diceva il mio mentore, il leggendario ricercatore Jean Houston.
A cosa stai lavorando?
Ho appena terminato musica e veste grafica di un album apripista pensato per chi usufruisce di terapie che prevedono l’uso, sotto controllo medico, di farmaci psichedelici. Si chiama “Psychedelic Therapy Music”. Chiarisco subito che non è necessaria alcuna droga per godersi la mia musica, anzi, basta ascoltarla perché produca uno “sballo auditivo”.
C’è una religione che soddisfa le tue necessità spirituali?
Mi descrivo un individuo fortemente orientato alla spiritualità ma non affiliato a una religione in particolare. Risuono nella Verità, ogni volta che la incontro.
Cosa prevedi, per la new age del futuro?
Mi auguro che sempre più persone si aprano ai benefici che apporta questo genere di musica, così da elevare la loro frequenza vibratoria e armonizzare corpo-mente-anima. Mi auguro che sempre più persone ascoltino musica in maniera profonda, e non come mero sottofondo. Spero che le nuove generazioni siano ispirate da quello che abbiamo fatto e ci mettano del proprio, mantenendo vivo quello spirito di guarigione così antico eppure così moderno.
Un paio di domande personali. La tua idea di felicità?
C’è una sorta di estasi del tutto naturale, ogniqualvolta corpo-mente-spirito sono accordati con Dio, l’Intelligenza Universale, o come la vogliamo chiamare. Ecco diciamo che, avendo la fortuna di riuscire a connettere il mio cuore con il cuore di tante altre persone, attraverso la musica, provo spesso una felicità indescrivibile. Essere al servizio di ciò che di più alto alberga negli altri, con gratitudine, mi procura grande gioia.
I tuoi eroi?
Tra i tanti, John Coltrane, Miles Davis, Hendrix, Scriabin, il pianista e poeta John “Jack” Clarke e fino al mio tecnico del suono e co-produttore dal 1996, Warren Kahn.
Musica a parte, chi ammiri maggiormente?
Maestri spirituali come Ram Dass, Swami Satchidananda Saraswati, il dottor Baskaran Pillai e John Bradshaw.
Qual è l’aspetto più straordinario dell’essere un artista?
Nel 2000, durante una conferenza, Ram Dass mi disse: “È una tale benedizione che, ciò che fai per servire gli altri, serve anche alla tua anima”. Molti anni fa compresi che, se mi fossi limitato a comporre per me stesso brani che non risonassero negli altri, presto o tardi avrei smesso. Quando sono in studio di registrazione, ho imparato a raggiungere uno stato di concentrazione totale, una modalità in cui divento un puro canale di risonanza. È una condizione di alterazione assolutamente naturale che mi procura, ogni volta che una musica mai esistita prima si manifesta a me, beatitudine infinita. Pensa che oggi stavo ricevendo un trattamento di agopuntura e, a un certo punto, mi sono ritrovato a fondermi con la musica che sentivo in sottofondo. Un flauto in bambù, un piano elettrico… dopo qualche istante ho capito che si trattava del mio album “Deep Theta 2.0”. Sono stato così felice per averlo composto, suonato e prodotto… Comunque, per tornare a noi, la cosa più bella nell’essere un artista è che ti si parano davanti sempre nuove sfide, nuove opportunità per lo spirito di raggiungere ulteriori dimensioni vibrazionali che possiamo canalizzare attraverso il nostro “essere umani”. Un musicista con una precisa consapevolezza spirituale non si annoia mai, poiché esisteranno sempre visioni e suoni inediti da esplorare.
Spectrum Suite (Reissue Of Christening For Listening (A Soundtrack For Every Body) (1975) (1976) | |
"I" A Cosmic Attunement A.K.A. ''Zodiac Suite" (1977) | |
Peruvian Whistling Vessels (1978) | |
Ancient Echoes (With Georgia Kelly) (1978) | |
Eastern Peace (1978) | |
Starborn Suite (1978) | |
Hear To Eternity (1979) | |
Comfort Zone (1980) | |
Prelude (1980) | |
Rings Of Saturn (1981) | |
Dawn (1981) | |
Eventide (1981) | |
Corridors Of Time (1982) | |
Recollections (With Daniel Kobialka) (1983) | |
Connections (With Paul Horn) (1984) | |
Natural Light (1984) | |
Threshold (1985) | |
Among Friends (1987) | |
Crystal Suite (1988) | |
Radiance (1988) | |
Jonah's Journey (Reissue Of Shared Visions, 1986) (1989) | |
Gaia's Groove (1989) | |
Shifting Focus (Reissue Of Lifetide, 1986) (1989) | |
Islands In Time (1990) | |
Effortless Relaxation (1991) | |
Enhancing Self-Esteem (1991) | |
Radiant Health And Well-Being (1991) | |
Higher Ground (1991) | |
Nurturing Your Inner Child (1991) | |
Radiant Health And Well-Being (1991) | |
Creating Love (Reissue Of Radiance (1989) (1993) | |
Enhancing Sensual Pleasure (1993) | |
Art Of Sexual Ecstasy (1994) | |
Letting Go Of Stress (1994) | |
Overcoming Substance Abuse (1994) | |
Recovering From Co-Dependency (1994) | |
Safe Driving (1994) | |
Starting The Day (1994) | |
Enhancing Intimacy (Reissue Of Enhancing Sensual Pleasure, 1993) (1994) | |
Enhancing Massage (1994) | |
Enhancing Success (1994) | |
Inner Peace (1994) | |
Lullabies For Your Inner Child (1994) | |
Lullaby Suite (1994) | |
Self-Healing (1994) | |
Sleep Soundly (1994) | |
Gifts Of The Angels (1994) | |
Trance-Zendance: Ambient Entracement (1995) | |
Accelerating Learning (1996) | |
Enhancing Creativity (1996) | |
Music For Your PC (1996) | |
Afro-Desia (1996) | |
In The Key Of Healing (1996) | |
Relaxation Spontanee (1996) | |
Attracting Prosperity (1997) | |
Music For Lovers (1997) | |
Stop Smoking (1997) | |
Workstation Wellness (1997) | |
Achieving Your Ideal Weight (1997) | |
The Sacred Chorde, With Fabien Maman On Modern Monochord (1998) | |
Prophecies (1998) | |
Music For Accelerated Learning (1999) | |
Music For Sound Healing (1999) | |
Serenity Suite: Music & Nature (1999) | |
Divine Intervention (1999) | |
Sound Chi (1999) | |
Deja-Blues (2000) | |
Chants To Awaken The Buddhist Heart (2000) | |
Cruise Control (2001) | |
Chakra Suite (2001) | |
Transitions (2002) | |
Music For Massage (2002) | |
Perfect Alignment (2002) | |
Sound Medicine:Music For Healing (2002) | |
Into The Moment (With Master Charles Cannon Aka M.C. Cannon) (2002) | |
Crystal Bowl Healing (2003) | |
Ocean Suite (2003) | |
Healing Songs Of Earth & Sky (2004) | |
Tonal Alchemy (2005) | |
Music For Healing & Unwinding (2006) | |
Lake Suite (2006) | |
Music For Babies (2006) | |
Initiation Inside The Great Pyramid (2007) | |
Music For Lovers, Vol. 2 (2007) | |
In The Om Zone (2007) | |
Drum Spirit (2007) | |
Peace Of Mind (2007) | |
Relaxation Suite (2009) | |
Ambient Alchemy (With Michael Diamond) (2014) |
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