...e anche questa è andata.
Milano, ore 21.00: una platea gremita di dodicenni urlanti accompagnate da mamme annojate (alcune) o allegramente inserite in un contesto pericolosamente kitsch (moltissime altre) accoglie, con un tripudio di urletti isterici, la nuova beniamina della generazione dei push-up e delle sveltine nei cessi delle scuole elementari.
Sul palco mega-galattico che occupa un terzo del Filaforum compare un impacciatissimo bagonghi-anfitrione agghindato da bianconiglio dei poveri (ovvero di ex-ricchi mangiatisi anche le mutande al tavolo del black jack di un casino di Las Vegas). Una volta fatti gli onori di casa, il nano più grasso del mondo presenta Britney "Vitellone" Spears, circonferenza di cosce 2,50 mt, che entra in scena a bordo di un gigantesco carrello di ottone spinto da un fisicatissimo liftman: a inaugurare la serata danzereccia è proprio quella "Toxic" di cui tanto si parla in questi giorni.
Il Vitellone (non più di centoquaranta centimetri di altezza per settanta chilogrammi di peso, temo), coadiuvato da ballerine panciute e da damerini che incuterebbero timore anche a un Nureyev in crisi d'astinenza da luganega, si muove goffamente in una scenografia che parrebbe ideata da Walt Disney, ma realizzata da Riccardo Schicchi, all'insegna della bieca grossolanità e del pessimo gusto.
La folla, manco a dirlo, è in visibilio e viene ripagata con versioni jazzate (con tanto di contrabbasso elettrico e batteria suonata con le "spazzole") di capolavori immortali quali "Baby One More Time" e "Ooops, I Did It Again" (per l'occasione unite in un simpatico medley che stimolerebbe burrascosi conati di vomere anche nel più passivo dei ruminanti).
Eseguita la quarta canzone e lasciato scoperto qualche centimetro di corpo (o di damigiana di lambrusco?) in più, la Nostra s'accinge a presentare la band inscenando una simpatica farsa in cui le timide (buahbuahbuah!!!) ballerine, innamorate dei musicisti, le chiedono in un orecchio di presentar loro il ganzo di turno: si comincia con l'ossigenatissimo chitarrista Ray che, non appena una delle puttballerine si avvicina ai suoi muscoli, si cimenta in un orrendo assolo di matrice hard-rock (dimenticavo di specificare che il grande Ray sfoggia una maglietta nera degli Zep, che fa "pandan" con la mia, bianca, dei Faust) che, nel contesto, c'entra come il due di picche a wrestling. La stessa oscena, noiosissima pantomima viene ripetuta con tutti i musicisti, abili sessionman dall'apporto emotivo pressoché nullo (com'è giusto che sia, dopo tutto).
Ignoro il titolo del brano successivo, ma vi basti pensare che sul palco ci s'inizia a dimenare come pitoni e il tutto dovrebbe apparire conturbante e sensuale. Crassi sbadigli, invece.
Nonostante i minuti sembrino aver legati ai piedi macigni di granito (l’esibizione, tuttavia, non durerà più di un'ora e mezzo), a poco a poco giunge la penultima canzone, affidata a un pezzo suonato (buahbuahbuah!!!) al pianoforte da Britney stessa, in carne e playback (non canterà mai un pezzo. Mai!). Per ingannare il tempo, dunque, sbircio cosa sta facendo l'efebo che ho accanto: sta inviando un messaggio, probabilmente a un amico, che recita, deluso: "...giuro, non fa 'Lucky' ". Non la farà, infatti.