10/11/2014

Ought

Covo Club, Bologna


Gli Ought sono arrivati al Covo di Bologna con un discreto carico di aspettative sulle loro giovani spalle: “More Than Any Other Day”, disco con il quale hanno esordito quest’anno su Constellation, è stato infatti accolto più o meno unanimamente dalla critica musicale come uno dei migliori dell’anno. L’Ep successivo, “Once More With Feeling...”, è servito solamente a ribadirne le grandi qualità e, come se non bastasse, la band formatasi a Montréal si è fatta notare anche per le ottime performance live effettuate in giro per il mondo, non ultima l’apertura del Pitchfork Festival di Parigi.

Una serata nata sotto i migliori auspici e che, alla fine, non ha per nulla deluso. Gli Ought si sono dimostrati capaci e convincenti sul palco, scatenando una raffica di commenti entusiasti a fine concerto.
L’apertura con “Today, More Than Any Other Day” rappresenta un’introduzione perfetta a questo quartetto che suona post-punk come se fosse ancora nel ‘77, ma con un piglio e una sfrontatezza che ha pochi eguali al momento.
Scaletta di circa un’ora, che pesca equamente fra Lp ed Ep, lasciando spazio in chiusura anche per l’inedita “Beautiful Blue Skies”. Il live degli Ought rispecchia in pieno la loro produzione in studio, con il frontman Tim Beeler a catalizzare l’attenzione a centro palco. Maglietta bianca, scalzo, si muove come un giovane David Byrne, tenendo il ritmo con le dita della mano e cantando con voce sghemba e potente. I brani vengono eseguiti con una certa fedeltà e sovente allungati da efficaci code strumentali. Sembra di vedere una versione 3.0 dei Television, con canzoni come “The Weather Song” o “Habit” che magari non brilleranno per originalità, ma che risultano talmente belle e trascinanti da farci soprassedere sulla questione “derivativi/autentici” almeno per una volta. Una menzione speciale va all'esecuzione di "New Calm, Part.2", uno dei momenti più entusiasmanti dell'intera serata.

Esprimendo un concetto che potremmo allargare a tutti e quattro i membri del gruppo, non è tanto il carisma (scarsino) che rende gli Ought una live band da non perdere, quanto la loro abilità evidente nel fare musica. Difficilmente troverete in giro quest’anno - ma anche il prossimo - un gruppo al primo disco che suona così bene e raccoglie solo consensi dopo la propria performance. Il pubblico è infatti genuinamente coinvolto e applaude convito al termine di ogni canzone, apprezzando lo spirito energico con il quale viene affrontato il set. Un'onda impetuosa che si scontra con la timidezza di una band dall'età media di 22/23 anni che, siamo conviniti, potrà solo crescere.