Folktronica: folklore digitale dal Salento

28-04-2025

Quando si parla di contaminazioni tra musica elettronica e tradizioni popolari, il rischio della cartolina sonora, del pastiche turistico o della folklorizzazione strumentale è sempre dietro l'angolo. Ma esistono rari casi in cui l'incontro tra codici apparentemente distanti rivela una prossimità inaspettata, una parentela sotterranea che attende solo di essere portata alla luce. È questo il caso di Folktronica, progetto collettivo pugliese che emerge come una delle proposte più interessanti nel panorama della musica di ricerca italiana.

Nato nel 2021 dall'incontro tra World Music Academy e Last Floor Studio – due entità brindisine impegnate rispettivamente nella preservazione dei linguaggi tradizionali e nella produzione elettronica contemporanea – Folktronica si presenta con quattro tracce che sono l'esito di un processo quadriennale di laboratori, residenze artistiche e sessioni in studio. Non un semplice progetto discografico, quindi, ma un vero e proprio laboratorio antropologico che ha messo in dialogo generazioni, linguaggi e prassi esecutive apparentemente inconciliabili.

La particolarità di questa operazione risiede nel suo approccio processuale: giovani producer e musicisti tradizionali (tra cui Emanuele Licci, Roberto Chiga, Livia Giaffreda, Go Dugong e White Ear) hanno lavorato insieme alle registrazioni sul campo, ai campionamenti e alle tecniche di loop, applicandoli a strutture timbriche e ritmiche che appartengono alla memoria collettiva del Sud Italia. Il risultato è sorprendentemente organico, distante dalle operazioni di "world fusion" che hanno caratterizzato gli anni '90 e più vicino all'approccio di label come Sublime Frequencies o Discrepant.

Le quattro tracce, che saranno pubblicate singolarmente a partire dal 16 maggio, disegnano una mappa sonora che dal Salento si estende verso il Mediterraneo orientale e il Nord Africa, rivelando connessioni timbriche, scalari e ritmiche che la semplice geopolitica non può contenere. "Nespole", "Battelli d'ori", "Diavulu" e "Itela Na Su Po" non sono esercizi filologici né esperimenti da laboratorio, ma rituali contemporanei dove la tecnologia digitale amplifica, anziché dissolvere, la potenza comunitaria della musica popolare.

Come sottolinea Vincenzo Gagliani, tamburellista e curatore del progetto insieme al producer Trevize e al musicista Giovanni Chirico: "Se stiamo all'idea della musica popolare come qualcosa che ha a che fare con l'incontro, col rito, con la danza, allora è naturale andarla a cercare e ritrovarla oggi nella musica elettronica". Un'intuizione che rivela la profonda continuità tra la trance percussiva della pizzica e quella dei dancefloor elettronici, entrambi spazi di liberazione corporea e connessione collettiva.

Ciò che distingue Folktronica da altri progetti similari è la sua dimensione formativa e processuale: i laboratori hanno coinvolto anche tirocinanti del Conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese, offrendo a giovani musicisti l'opportunità di confrontarsi con un'idea di tradizione vivente, non museale. Un approccio che riflette un'idea centrale: la tradizione non è un repertorio da preservare ma un linguaggio da parlare, un codice da interrogare continuamente alla luce del presente.

La scelta di pubblicare i brani singolarmente, anziché in un album organico, riflette la natura aperta e in divenire di questo esperimento sonoro, che promette di continuare con nuovi laboratori e collaborazioni. In un'epoca in cui l'etnografia digitale e i processi di ibridazione culturale si muovono a velocità esponenziale, Folktronica si pone come un punto di osservazione privilegiato sulle trasformazioni del folklore mediterraneo nell'era della riproducibilità digitale.


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