"She Has No Strings Apollo" è un altro viaggio nella loro musica, sospesa tra malinconia e struggente lirismo. Lo spettro sonoro di Ellis e compagni abbraccia sia le romantiche pagine musicali che hanno contraddistinto i precedenti lavori, sia il blues-rock tipico delle ballate del repertorio di Nick Cave, che spesso accompagnano in tour. Si viaggia dunque tra noise e post-rock, blues e country, tradizione e modernità. Il violino amplificato di Ellis resta lo strumento principe, ma tra sovraincisioni e missaggio, perde forse la nitidezza melodica che lo aveva contraddistinto in passato. Così a prendere il sopravvento sono spesso la batteria free di Jim White e la chitarra ipnotica di Mick Turner, che si destreggia tra virtuosismi jazz e impennate stile punk (Turner è anche l'autore delle copertine dei dischi: suggestive trasposizioni figurative dei loro pezzi in poche pennellate, dense di colore, che si mescolano fin quasi a confondersi).
"She Has No Strings Apollo" è soprattutto un saggio dell'affiatamento raggiunto dai Dirty Three, che però – ed è questa la nota negativa - suonano sempre più uguali a sé stessi. Ascoltare per credere "Sister Let Them Try And Follow", che sembra quasi una traccia scartata dalle session dei precedenti album o "Alice Wading", con il lento "pizzicato" di Turner a precedere la sfuriata ritmica di White: un rituale che, per quanto ipnotico, suona irrimediabilmente dejà vu. La quiete elegiaca di "Long Way To Go With No Punch", con il bel piano di Ellis in evidenza, segna invece uno dei momenti più suggestivi e originali, così come "No Stranger Than That", che ricalca lo stesso canovaccio sonoro di "Alice Wading", ma riservando qualche emozione in più. E' semmai nello sconfinamento in ambiti più rock di "Rude", deturpata dalle dissonanze di violino di Ellis e dalla chitarra stridente di Turner, che si possono ricercare le nuove frontiere della band. Ma, in definitiva, sono soprattutto gli otto minuti della lunga e vibrante suite di "She Has No Strings" a ricordarci davvero a quali vette sonore possano arrivare Ellis e soci.
Gli elementi che hanno reso grande la musica dei Dirty Three sono ancora tutti presenti, ma sembra che non riescano più ad amalgamarsi come un tempo. Quasi a dimostrare che anche una band strumentale, a volte, può perdere la propria "voce". Al di là dell'indubbia bravura dei tre e dell'intatta eleganza del loro sound, insomma, si ha l'impressione che l'onda magica delle "canzoni dell'Oceano" sia ormai in fase di risacca.
(27/10/2006)