Ultimi arrivati in casa Projekt Records, gli Autumn's Grey Solace di Erin Welton (voce e tastiere) e Scott Ferrell (chitarre) sono al loro secondo album dopo l'autoprodotto "Within The Depths Of A Darkened Forest", pubblicato tre anni fa.
Se si vuole definire la proposta musicale del duo basta dire: "dream-pop", senza starci a girare intorno. "Dream-pop", sì, proprio quello dei mai dimenticati Cocteau Twins, anche se la proposta degli Autumn's sembra rifarsi fortemente anche a gruppi come i Cranes o come i Love Spirals Downwards, loro predecessori alla Projekt negli anni Novanta. La loro musica è aggraziata ed eterea, distesa tra chitarre cullanti e ritmi soffici e ipnotici, sui quali la voce cristallina di Erin Welton ha modo di sfoggiare ottime doti espressive.
Cranes e Cocteau Twins, quindi, per molti versi i riferimenti principali, ma la dote migliore del duo della Florida sembra essere proprio la capacità di riuscire a destreggiarsi con personalità tra atmosfere ora più sognanti e leggere ("Evenfall"), ora più sottilmente oscure (la stupenda opening-track "Waining Faithful" e l'altrettanto riuscita "Distant Mother"), sfoggiando una freschezza nelle composizioni e negli arrangiamenti che rifugge qualsiasi leziosità. Gran parte del merito va all'ottimo lavoro chitarristico di Scott Ferrell, abilissimo rifinitore di armonie agili ed eleganti: abilità che risalta in particolare in un brano come "Deserted And Desolated". In più di un'occasione fanno capolino, rievocate quasi letteralmente dalle chitarre tintinnanti di Ferrell, le magiche volute di "Victorialand" e "Blue Bell Knoll", due dei capolavori dei Cocteau Twins a cui gli Autumn's sembrano essersi maggiormente ispirati: esemplari in questo senso sono brani come "Memory Chambers" e la title-track , episodi degni dei classici del genere.
La migliore melodia la troviamo però in "Fractured", nel cui ritornello la voce di Erin Welton si incastra magnificamente con i densi strati chitarristici intessuti dal suo compagno.
Perfetta colonna sonora per un freddo e limpido mattino invernale, "Over The Ocean" riesce spesso a incantare con le sue luci soffuse e la sua fragile bellezza, nonostante mostri ogni tanto tracce di una certa ingenuità (come nelle svenevoli armonie di "Hunting The Beast"). Nel complesso, però, è davvero difficile trovare veri punti deboli in questo album: tutto è al posto giusto con una naturalezza e una semplicità disarmante.
Il duo non cerca di stupire con virtuosismi e soluzioni lambiccate, ma sa riprendere con diligenza e rispetto la lezione di maestri di cui Erin e Scott sono consapevoli di non avere certo (per ora) la personalità. Con talento e umiltà si pongono però con questo lavoro come i più credibili e promettenti eredi per questi primi anni 2000 del "puro" suono "dream-pop".
15/11/2006