I Black Eyes sono il classico gruppo che la critica non potrà mai permettersi di stroncare, sia per la nobile eredità musicale di cui sono depositari, quella della new wave più urticante e strampalata che di questi tempi furoreggia a suon di omaggi e rivisitazioni, sia per l'importanza dell'etichetta presso cui sono/erano(?) accasati, la Dischord, garanzia di suono indipendente e libertà artistica.
In effetti, ascoltando più o meno attentamente il disco si scopre anche un terzo motivo per cui non è possibile dare seguito ad attività di impunita reprimenda critica: "Cough" è un album realmente valido, e nasce spontaneo il rimpianto per lo scioglimento della band, dopo solo due prove e di ottimo livello per giunta. Cosa suoni esattamente il quintetto dei Black Eyes è arduo da stabilire, sicuramente Pop Group e no wave assortita (Contorsions soprattutto), implosioni ritmiche post-fugaziane e bassi dubbeggianti alla Public Image Limited sono alcuni degli ingredienti che vanno a costituire questa esplosiva miscela, che trova nei Liars il gruppo contemporaneo dal suono più affine.
L'iniziale "Cough Cough/Eternal Life" è una testimonianza della creatività dei Black Eyes; canto alienato e sottofondo da inferno rumoristico che sfociano poi in una violenta danza moderna punk-funk. Ancora punk in "False Positive", con il sax che va a innestare una linea melodica bislacca su una ritmica a rotta di collo, sax che si erge a protagonista in molte delle composizioni, così da donare loro un delizioso retrogusto jazzistico. Nei territori dissestati dei Blood Brothers sconfina pericolosamente "Scrapes And Scratches", mentre di fumi noiseggianti, cantato deformato e linee di basso marziali (che rimandano direttamente alle atmosfere cataclismatiche degli Steel Pole Bath Tub) è intrisa "Father Of Daughters".
E poi? E poi ancora un paio di composizioni interessanti come "Holy Of Holies" e "Meditation", che chiude degnamente l'album così come lo aveva aperto, con basso atmosferico e svisate di sax che preparano il terreno per uno sconclusionato assalto dub-punk. Qualche linea melodica in più e qualche divagazione jazzistico-rumoristica in meno (come dovrebbero insegnare i mai troppi rimpianti Soul Coughing…) avrebbe sicuramente giovato all'album, che forse manca di una canzone davvero memorabile, ma ciò non toglie che "Cough" sia, per originalità e coraggio, uno dei dischi più avvincenti di questo 2004.
16/11/2006