Black Dice

Broken Ear Record

2005 (Dfa/ Astralwerks)
ambient-noise

"Broken Ear Record" è probabilmente il disco che in assoluto meglio fotografa il 2005 musicale. Un album brutto secondo canoni estetici classici (e dunque superati da ogni parte), continuamente conteso tra mille ispirazioni (noise, industrial, etnica, indie e finanche danzereccia, ma molto meno di quanto si è letto in giro) e confusionario pur nella sua monoliticità, che è la caratteristica che risalta a un primo ascolto, e che lo rende quindi più vicino al capolavoro "Beaches And Canyons" che non allo stentato (e dispersivo più che confusionario) "Creatures Comforts".

A parere di chi scrive, parlare di elementi ballabili in tipico stile Dfa e preludio alla svolta pop, come in qualche maniera ha fatto la band stessa, è un tantinello fuorviante per rendere l'idea di un disco che è prima di tutto fluido sonoro manipolato, coloratissimo, denso e depistante, morbido nella classicità del power-noise tornato recentemente in auge, eppure percorso da scatti anche bruschi e laceranti che costituiscono il più personale contributo dei Black Dice alla materia delle manipolazioni elettroniche.

Invece che perdersi nelle mille sofisticherie che le risacche del glitch-pop, hanno decretato essere via privilegiata e quasi dogmatica per fare notizia all'interno dell'ambito indie o nella brutalità gratuita e cieca delle mille etichette carbonare che popolano il tessuto underground statunitense, i Black Dice scelgono di accorpare materiali che già presi separatamente sono rimasticamenti di linguaggi noti per costruire, a disco compiuto, strambi Frankenstein sonori condannati, come nel girone dei golosi, a rigurgitarsi di continuo.

Figli dunque della bulimia discografica dell'era del p2p, questi mostri elettronici assumono spesso sembianze beefheartiane nella costruzione (il che già di per sé è discretamente originale), quando non ripiegano su reiterazioni di bislacche visioni causate dalla cattiva digestione di pranzi sonori pantagruelici. In una parola: canzoni interrogative e irrisolte per incapacità di scegliere una direzione.

"Snarly Yow" parte con una sgarbata fanfara sostenuta da una marcetta industrial per culminare in code di synth alla Terry Riley accarezzate da bordate di power-noise. "Smiling Off" è un campo di battaglia tra bombardamenti analogici e un Roland antidiluviano che cerca (inutilmente) di mettere ordine nel marasma, che va lentamente a trasformarsi in una marcia beefheartiana sorretta da vocalizzi dementi e stravolti (la nuova "Pachuco Cadaver"?). "Heavy Manners" è il brano interrogativo per eccellenza, figlio malato dei Bugskull, con rimasugli di elettronica povera a circondare una nenia accidiosa e perennemente incompiuta. Il frammento lunare di "Aba" è il legame con il disco precedente, mentre "Street Dude" inscena l'ennesimo tentativo mandato a puttane di trovare un senso al caos, prima con un tribalismo rinsecchito e poi nel free-noise pulsante che si spegne poco alla volta. "Twins" è impro-rock che si prende gioco di se stesso, finché non parte la conclusiva "Motorcyle", unico brano (molto) vagamente pop che innesta, su un pesanti scansioni techno una chitarra liquida e traballante tra tentazioni country e coretti animaleschi.

Signore e signori, il 2005 è in tavola, servito e fumante, e anche un po' indigesto.

Tracklist

  1. Snarly Yow
  2. Smiling Off
  3. Heavy Manners
  4. ABA
  5. Street Dude
  6. Twins
  7. Motorcycle