Sapete trovare qualcosa di più corroborante di una passeggiata in un parco d'alberi secolari, le cui ampie fronde lasciano appena insinuare degli sparuti raggi di sole? Senza orologio, agende o diari da consultare, impegni da onorare, in assenza insomma delle mille contorsioni quotidiane?
L'assentarsi come bene prezioso e privilegio per pochi è la strada che ci indica Andrea Mangia, aka Populous, ventiquattrenne manipolatore di suoni pugliese, col suo secondo album.
Non possiamo discostarci da contesti di quiete assoluta per scrivere di un disco che fa della semplicità e del garbo i suoi connotati salienti, laddove semplice va inteso come antitesi di pretenzioso, in tutti i casi parecchio lontano dalla banalità.
L'elettronica come mezzo d'espressione e non come fine ultimo, un'attitudine obliquamente soul, una personale chiave di lettura dell'hip-hop visto con gli occhi di chi ha frequentato attraverso i suoi ascolti i maître-à-penser della lounge nostrana (un nome su tutti, il Maestro Piero Piccioni), fanno di "Queue For Love" una produzione tanto misurata quanto peculiare.
Allontanatosi dalle algide atmosfere di "Quipo", Populous fa salire la temperatura digitale delle sue composizioni, plasmando anche i sample più impersonali per trasformarli in caldi strumenti onirici al servizio di canzoni dall'incedere delicato e dalla scrittura squisitamente intimista.
Evocazioni da sogno quindi, e ben si coglie nel commovente scampanellio stipato nei due minuti scarsi di "Breakfast Drama" che funge da intro al vero piatto forte di "Queue For Love", rappresentato da "My Winter Vacation", un hip-hop new school scandito nientemeno che dall'inconfondibile registro di Dose One, già voce dei cLOUDDEAD.
Una marcata prospettiva ambient ricama i beat di "Pawn Shop Close", che può essere annoverato sin d'ora fra i must del chill out a venire, ma anche gli intarsi glitch di "Sundae Pitch" la cui struttura deve qualcosa a un certo Brian Eno d'annata, mentre "Magam Samba" strizza l'occhio all'Eno più recente, quello digital-ambient di "Drawn From Life" (2001).
Una menzione a parte meritano i due brani cantati da Matilde Davoli, che mettono ancor più in risalto le grandi potenzialità melodiche del loro autore: se in "Bunco" a essere esplorati con voce e midtempo sono i territori attigui al dream-pop, la linea vocale dell'elegia glitch "Clap Like Breeze" richiama le atmosfere di un'altra misconosciuta produzione di casa Morr, "Sunkissed" (2002), il debut album dei trascurati Guitar.
Ascoltando "Hip Hop Cocotte", che conserva in ogni modo il fascino sottile da piccola hit incompiuta, viene da chiedersi quale altro gioiello del genere sarebbe nato se a rapparla vi fosse stato ancora Dose One, mentre in "Canoe Canow" si distinguono afrori elettroacustici vicini ai remix presenti in "Versus", la fortunata rivisitazione di "Quiet Is The New Loud" dei Kings Of Convenience.
Si chiude con "Drop City", un altro strumentale per chitarra e beat, la cui campionatura reiterata farebbe di sicuro la gioia di Kieran Hebden, il geniale Four Tet di "Rounds".
Da oggi l'Italia delle sonorità alternative è sicuramente più credibile e affascinante: ringraziamo Andrea Mangia per questo.
16/01/2022