Dopo tre anni da "Amorematico", che conteneva la trascinante "Nuova Ossessione", i Subsonica proseguono con "Terrestre" sulla strada del disco agita-masse, anche un po' politicizzato, come del resto si era intravisto nel precedente episodio ("Gente tranquilla", "Sole silenzioso").
Sono cambiate alcune cose: il gruppo di Torino, che era uno dei fiori all'occhiello della Mescal, la più importante label indipendente del nostro paese, è passato alla Emi.
La novità più eclatante dell'ultimo lavoro dei Subsonica è il ritorno delle chitarre e di una strumentazione più tradizionalmente rock, a scapito di un'elettronica sempre presente, ma decisamente limitata.
Sarà la collaborazione recente con i conterranei Linea 77, oppure la voglia di offrire al proprio pubblico sensazioni da pogo selvaggio, fatto sta che i nuovi brani dei Subsonica sono sempre più incentrati sulla chitarra di Max Casacci.
La partenza di "Corpo a corpo", con una strofa rappata molto aggressiva, seguita da una linea di basso incisiva e convincente, sembra promettere bene, ma già quando si arriva alla scialba "Vita d'altri" si ha la sensazione che i tempi di "Microchip Emozionale" siano finiti per sempre.
Un sospetto, in verità, l'avevo avuto già ascoltando l'orrendo singolo "Abitudine", ma ho sgranato letteralmente gli occhi quando sono arrivato a "Gasoline", prima canzone in inglese (e si spera ultima) dei torinesi. Un beat iniziale carino (niente di fantascientifico, intendiamoci) viene sepolto da un cantato trascinato che vorrebbe essere accattivante, ma risulta abbastanza triste e patetico. Dopo cinque canzoni sono ormai pronto al peggio.
Ma inaspettatamente il disco si risolleva.
I Subsonica del disagio e degli amori metropolitani di fine anni 90 si riaffacciano prepotenti in "Incantevole" (il brano migliore) e nella successiva "L'odore", l'unico pezzo aggressivo dell'album che, complice un ottimo testo, riesce a darmi un'iniezione di fiducia: forse ce la faccio ad arrivare alla fine.
Ma "Terrestre" è un disco molto altalenante: dopo la cavalcata trip-hop da tangenziale di "Alba a quattro corsie" e l'ottima "Salto nel vuoto", un'altra canzone che sembra uscita dal primo album omonimo, i nostri mettono di nuovo un piede in fallo con "Giorni a perdere": riff dei Sonic Youth più stanchi e giri di hard-rock triti e ritriti.
Peccato anche per la ninna nanna acustica finale "Dormi", che cancella il poco di buono fatto in precedenza (l'inizio elettronico di "Amantide").
Troppi alti e bassi, poca convinzione e una pericolosa tendenza al nu-metal all'italiana: l'affetto che provo da anni per i Subsonica non può convincermi della bontà di "Terrestre", manca il guizzo, mancano le idee per arrivare fino in fondo, è troppo forte l'impressione che molti brani siano stati scritti solo per trascinare il pubblico ai concerti.
E qualcuno spieghi ai Subsonica che una canzone come "Tutti i miei sbagli" si scrive una volta sola.