Poco più di un anno fa i cLOUDDEAD davano alle stampe il loro testamento: un disco, "Ten", capace di andare oltre qualsiasi steccato, qualsiasi sorta di catalogazione. Nessuna etichetta per il trio di Oakland, quindi, solo uno strano e sperimentale modo di approcciare il pop servendosi di mezzi hip-hop, post-rock, indie-rock.
Quella band non esiste più: Dose One, Why? e Odd Nosdam hanno deciso di battere strade indipendenti, differenti, più coerenti con le passioni di ognuno di loro.
Dose One, forse il componente più rappresentativo del trio, non è rimasto certo con le mani in mano: ha collaborato con i Notwist nel progetto 13&God, interessante scontro tra il caldo del hip-hop Anticon e il freddo dell'elettronica tedesca, e ha reso ancor più bella "My Winter Vacation", uno degli episodi più accattivanti di "Queue For Love" dell'italianissimo Populous, uscito su Morr Music.
Odd Nosdam, artefice principale delle fumose e oscure basi della raccolta di Ep "cLOUDDEAD" (ad oggi il disco che li ha fatti passare alla storia della musica), dimostra, con il suo ultimo "Burner", di amare ancora molto certe atmosfere inglesi, ricordando in alcuni passaggi i geniali Flying Saucer Attack e Third Eye Foundation.
Why?, invece, pare notevolmente distante dagli altri e, con questo suo disco solista, dimostra di essere sempre stato l'anima pop del trio, colui che, probabilmente, ha contribuito maggiormente a fare di "Ten" quello strano ibrido che in effetti è, miscelando il suono Anticon con qualcosa di molto simile alle armonie vocali che furono dei Beach Boys.
Si comincia forte con "Crushed Bones", tutta batteria sghemba e arpeggi di chitarra acustica, con una voce che ancora declama, cadenzata e tremendamente cool, secca come mai prima d'ora, per poi tornare cauta. Una sorta di passaggio, guardandosi indietro ma correndo avanti, con la consapevolezza della propria meta, del punto da raggiungere.
Dal secondo brano in poi si comprende, finalmente, cosa è stata per il nostro la collaborazione con Andrew Broder aka Fog a nome Hymie's Basement: non una deviazione estemporanea, ma un'occasione per comprendere quale sarebbe stata la strada da intraprendere in futuro, una volta chiusa l'avventura in trio.
Allora ecco "Yo Yo Bye Bye" ricordare le tracce piano e voce di "Hymie's Basement" per poi diventare una gemma di pop psichedelico, una canzone splendida, toccante; stupisce la scrittura così limpida e luccicante di Yoni Wolf, uno che azzecca un ritornello assassino dietro l'altro, come quello di "Rubber Traits", che è qualcosa di miracoloso, indie-rock nella forma e pop nello spirito. Una delle canzoni dell'anno, senza dubbio alcuno.
Volessimo andare alla ricerca di un'influenza palese, questa potrebbe essere quella dei già citati Beach Boys di "Pet Sounds", viste le bellissime armonie vocali presenti in ogni brano del disco e la scrittura spiazzante pur essendo diretta, pop.
"Whispers Into The Other" è un inno indie per tutti gli orfani dei Pavement: parte con uno "yo yo" e ci si aspetta un ritorno alle origini e invece, no, sembra di ascoltare "Cut Your Hair" o "Silence Kit" sino a quando tutto cambia e arriva il ritornello che è un tributo alla band di Brian Wilson.
"Waterfalls" sembra palesemente una outtake di "Ten" e questo basta a farcela amare, "Sanddollars" è indie-rock, è Pavement all'ennesima potenza, rivisitati e reinterpretati. Yoni Wolf ha stupito, ha fatto centro pieno, è riuscito a unire la forza comunicativa della canzone pop da tre minuti all'originalità dei suoi arrangiamenti, dei suoi controcanti slacker , dei suoi versi rappati.
Un album contagioso come pochi altri ascoltati quest'anno, semplicemente bello e vitale.
Ne avevamo un gran bisogno.
08/05/2010