Quante soddisfazioni può dare la casualità... Comprato
d'istinto, innamorato della copertina immaginifica, non sapendo assolutamente
cosa contenesse. Che cos'è? Pare folk, ma è influenzato a sua volta da
sperimentalismi acustici, piccole intromissioni d'elettronica, un immaginario
mondo fatto di strumenti piccoli e preziosi, suonati con dolcezza e pacatezza.
Un oblio fatto di note e schiocchi, calore e corde strimpellate, xilofoni che
tintinnano felici, campanellini che trillano spumeggiando.
"Love The
Monk" è un mantra folk, una messa nera e oscura, una chitarra suona malinconica,
una percussione è appena udibile, anime schiavizzate dai rimorsi urlano la loro
sofferenza. Suoni metallici paiono catene che sbattono, timbri lucenti
ripropongono il suono di una goccia d'acqua che cade puntuale su una roccia,
accordi si sovrappongono, contrappunti sono silenzio che si tramuta in musica.
"Old House At Home" è un'elettronica piccola piccola, suoni piccini piccini,
organo molto minimale. Reiterazioni colorate e frizzanti, synth melmoso,
percussioni vere e sfigurate, pure e smembrate. Bozzettino autunnale che ibrida
uno spirito prettamente indie-tronico con anime electro. Il piglio giocattoloso
si ingloba con l'andamento oscuro, poi, delle percussioni "suonate" riportano la
realtà sulla Terra. Sfrigolio sintetico, sciabordio lontano e misterioso.
Colonna sonora per una spiaggia intristita da nuvole incombenti.
"Blokfute" rapisce senza mezze misure. L'intreccio di xilofoni,
triangoli metallici, vari strumenti acustici ferrosi non lascia scampo. Un synth
lacerante compone il sottofondo adatto, un banjo inizia a emanare note casuali,
un ululato digitale pare un essere straziato, costretto alla prigionia. Il tutto
si mescola e le varie parti si lasciano il posto a vicenda, in maniera
scambievole. Quattro minuti di pura bellezza.
"Tracy Finger" è un
esperimento che mette insieme Idm e folk, "Willow Beauty" è chitarra e synth,
synth e chitarra, classicità e tecnologia, connubio estetizzante. "Wee Maker" è
una sorta di acid-folk, ma sembra di sentire dei vagiti di una musica disturbata
e spezzettata. Il glitch (?!). Note sconosciute (chitarra? piano?) vengono
accoltellate da sporcizie d'ogni sorta, il tutto prosegue con naturalità, i
timbri si alimentano a vicenda e si riproducono a loro volta, senza linea di
continuità.
"Village Of Mells" vede l'innesto di una voce "vera". Un
lamento, più che vere e proprie parole. Questo sibilo umano è completamente
circondato da un'atmosfera amatoriale e home-made. Strumenti concreti vengono
accoppiati con bleep saltellanti, sciabordate rumorose quanto un
silenzio inascoltabile. Il rullante ci avvolge con il suo ritmo vagamente
regolare, svanisce e ritorna, lascia al silenzio note disturbate.
"Milf
Floats" è tenera e curata nei minimi particolari, "Conroy Plays Vibes" è un
ballo sconclusionato di animaletti festanti, "Reindeer On The Roof" pare una
ninna-nanna per bimbi alieni.
"Reigned-In" è geniale. Una miriade di
suoni si rincorrono con velocità insostenibile, stelle lampeggiano emanando
suono e rumore, un fiume scorre scrosciando, lucciole urlano in silenzio,
meteoriti di carta cadono con dolcezza.
Il finale è affidato a "Old House At
Home II": 11 minuti di pace e ritmo. Un ritmo che prima si sfascia e poi si
ricompone. Una melodia che in principio pare pacata e misteriosa, in un secondo
momento rivela la sua felicità, con candori e suoni zuccherosi. Un motivetto che
rapisce i cuori più sensibili e le menti più vaganti. Una composizione che
rimane sospesa in aria e non si riesce a concretizzarla, non si riesce a darle
una collocazione. Bellissima.
Posso dire che, varcato il 2005, ho trovato un
disco che fa vacillare la mia adorata coppia Tujiko-Takamasa di " 28 "? Sì, lo posso dire.