Tra le pagine più belle scritte dai Current 93 negli ultimi quindici anni non è (quasi) mai mancata la firma di Michael Cashmore, schivo compositore inglese da anni residente a Berlino, amico fidato di David Tibet, qui al suo primo progetto da solista dopo esser stato, negli anni 90, anche la mente creativa dei Nature And Organisation, un vero e proprio collettivo fondato da lui stesso, con l’intento di prolungare le destrutturazioni folcloristiche che caratterizzavano i Current 93 nel periodo di maggior ispirazione.
In questa sua prima opera da solista, Cashmore decide di decomporre l’impalcatura che sorregge il classico pezzo folk, riducendola a un solo piano, sorretto nella sua interezza dagli accordi malinconici della chitarra. La sezione ritmica è pressoché assente, tutto scorre con ardita indolenza, regna sovrana la gracile pacatezza che caratterizza le movenze del suo plettro. In " Sleep England " prevale un folk elettrico, "ambientale", a mezza via tra la new age insipida delle collane editoriali e le propulsioni atonali di un accordatore professionista. Dal cilindro del geniale musicista inglese ci aspettavamo sicuramente un coniglio di colore diverso dal grigio e, quando partono a razzo (?) le varie "Twilight Empire", "I Killed Dusk", "Dream England", tutti i nostri sogni (appunto) (ri)cadono in un sonno profondo, lo stesso che viene descritto in tutto il disco.
Le note introdotte da Cashmore attraversano spazi vuoti, quasi sconnesse, piombano in una fase rem di perenne discesa, specie quando il nostro azzarda una torpida comprensione del silenzio ("If We Knew Silence"); l’unico sussulto degno di nota è fornito dalla title track , quando il mal riuscito affresco di un'Inghilterra dormiente viene condito di giallo e di rosso, o meglio: torna a essere vivacizzato dal talento, in questo caso sempre nascosto, dell’artista.
"Sleep England" è un album che ha quasi paura di mostrarsi al pubblico, un timore che nasce dalla scarsa e imprevista disposizione del suo creatore nel trasmetterci emozioni concrete. L’idea di costituire un disco con del semplice, elementare electric-folk è, paradossalmente, una strada che, quando non si hanno a disposizione notevoli intuizioni melodiche, raramente conduce all’Eden.
Un quadro ancor più desolante, visto che Cashmore non è stato capace di mostrarci neanche la visione di un piccolo parco condominiale; le sue nenie inglesi sono sempre state estranee alle nostre notti più dolci.
Falliti anche gli ultimi tentativi con le conclusive, amorfe, "Vernon Road" e "Keepsake", non ci resta che cercare i fiori sotto la neve in "Flowers Under Snow", restando però a mani vuote, ma con la speranza di ritrovare il vero Cashmore a breve. Basterà, infatti, aspettare l’arrivo del nuovo anno, visto che è data per imminente l’uscita di un mini-lp, dal titolo " The Snow Abides ", stavolta con l’aiuto di Antony e David Tibet; forse, scusate il gioco di parole, sarà la volta buona per rimanere con della densa neve profumata tra le mani e scrollarsi di dosso il ricordo di questa apatica (inaspettata) performance.
20/12/2006