C’era da scommetterci. Conor Oberts doveva fare il suo disco completo, quello destinato veramente a tutti, dove mostrare talento (immane) e presunte pecche (presunzione? Eccessiva ambizione?) col vestito delle migliori occasioni. E allora, dopo i due dischi in un sol colpo della volta scorsa, con nemmeno troppa sorpresa incontriamo un “Cassadaga” d’impostazione canonica, trapiantato nella sfera autorale americana più pura e studiato a tavolino con perfezione certosina. Inevitabile, per chi lo amò soprattutto nelle volute incertezze passate, evidenziare l’ulteriore conferma di un’evoluzione verso lidi sempre meno di nicchia (ma forse già prima non lo erano) e presumibilmente meno emozionali, eppure ancora ricchi di ispirazione. Solo maggiormente formale.
Dalla bassa fedeltà al tentativo di raccogliere l’eredità di chi, gli Stati Uniti, li vive sulla sua pelle, mischiando politica e sentimento, senza comunque deragliare mai in facile retorica. La certezza è una scrittura ormai pienamente consapevole, senza alcuna necessità di appigliarsi ad alcun paragone per essere caratterizzata. Il resto è folk costruito per essere ascoltato (e compreso) solo nella sua interezza, privandolo di eventuali clamori da facile immediatezza. Che pure non manca: è solo sviscerata in canzoni arrangiate con sorprendente precisione.
Tanti ospiti (M.Ward, John McEntire, Janet Weiss, oltre la solita cricca di casa Saddle Creek) per tredici episodi in cui la melodia non vuole subire troppi scossoni: pallide aperture surreali in salsa country (“Middleman”), aperture rock a dir poco classicheggianti (“Classic Cars”), la doverosa epica (“Clauradients”) e ballate trattenute per potenziali colonne sonore (la conclusiva “Lime Tree”). Un tuffo nel passato, ma appena accennato, nel caracollare di “I Must Belong Somewhere” e nella conosciuta “Four Winds”, eppure proprio in questi momenti si comprende come, per convincere e convincersi pienamente, a Oberst manchi oggi un pizzico di senso della misura.
“Cassadaga” è un buon disco, difficile da criticare per tutti i motivi prima elencati, tuttavia la mancanza delle folgorazioni nevrotiche di ieri non può che far auspicare una nuova miscela, in cui tutto si mischia per esaltare quelle qualità talmente palesi da poter cancellare ogni impressione negativa.
07/04/2007