Tendenze e controtendenze. Le catene di piattume piallate, ad inizio secolo nuovo, dall'R&B americano da classifica, hanno generato flussi e riflussi di uomini e idee, aggiustamenti e corse ai ripari. Beyoncé si faceva lanciare da un sedere meno consumato, rispetto a quello della Lopez, dagli sguardi dei teenager; arrangiamenti curiosi e inusuali andavano a colorire le varie hit; Gwen Stefani lanciava la stagione del dance-pop, durata un anno scarso. Dall'altro lato il nuovo divo reazionario Bublè inagurava la controriforma, fatta di venature jazz e melodismo retrò. Si ripartiva dai Cinquanta e, mano a mano, si riscopriva la musica nera, con le varie Norah Jones, Joss Stone e Amy Winehouse, in un crescendo anche qualitativo.
Contestualmente, anno 2002, nasceva la Daptone Records, piccola etichetta indipendente con a base l'idea di suonargliele un po' a tutti, di ritrovare e rinverdire davvero il suono di quegli anni Sessanta; e perciò puntava su una nuova Lady Soul, la cinquantenne piazzatella signora dalla vita dura Sharon Jones (per chi l'ha visto, ricorda il personaggio di Jennifer Hudson in "Dreamgirls", 2006).
Oggi la Jones giunge al terzo album, con un filo di fama dovuto alla bellezza del predecessore "Naturally", alle critiche positive ottenute in patria, alla sua partecipazione (un piccolo ruolo) a "The Great Debaters" di Denzel Washington (uscita Usa a Natale), al fatto che il suo complesso d'accompagnamento, i Dap-Kings, sono stati cooptati, da poco, anche dalla stessa Winehouse.
"100 Days, 100 Nights" è il nome dell'album uscito il 2 ottobre, e anche del singolo di lancio. Copertina e video (in bianco e nero, riprese solo su cantante e complesso) fanno capire quanto l'operazione sia stata curata sotto ogni punto di vista, anche scenico.
In realtà, se la voce della Jones è fuori discussione ed era davvero sprecata per una guardia carceraria(!), il pezzo forte del disco sono proprio i Dap-Kings, strumentisti affiatati e valenti, con una favolosa padronanza della materia (curiosario: qualche membro è in comune con gli Antibalas). Ogni loro costruzione è uno spettacolo per l'ascoltatore: misurati eppure fantasiosi, dentro al pezzo eppure sfavillanti, non uno strumento a coprire l'altro eppure tutti in primo piano. Un suono contemporaneamente vintage e moderno, mai stucchevole.
Il punto debole è invece il fatto che le canzoni non hanno quella vena melodica puramente ispirata di "Naturally". Solo l'invettiva "Nobody's Baby", l'accorata "Humble Me" e il boogie "Answer Me" riescono a spiccare, mentre la cifra media è fatta di brani gradevoli e curati, ma non indispensabili.
L'album conferma dunque tutte le potenzialità di casa Daptone, ma le porta a compimento solo a metà, ponendosi come un ottimo sottofondo, certo meritevole di qualche ascolto, foss'anche per sua la qualità intrinseca e per il significato, ma al tempo stesso lasciando un lieve filo di amaro in bocca.
18/06/2007