Va dato atto ad Arrington De Dionyso di non venir meno al suo personale percorso di ricerca musicale. E' vero, i suoi Old Time Relijun suonano ormai come un marchio di fabbrica, impagliati nel loro avant-rock anti-melodico e rumoroso, fra vocalizzi barbarici, cacofonie di fiati e piglio demoniaco. Eppure ogni loro disco è una storia a sé: sono tutti figli di una stessa madre, certo, ma con le loro diversità.
Gli ultimi "Lost Light" e "2012" avevano smussato un po' gli angoli, migliorando il suono e mostrando una tensione, latente ("2012") o palese ("Lost Light"), verso canoni espressivi più comuni. Il sesto album, "Catharsis In Crisis", che festeggia il decennale della band, fa marcia indietro, e al tempo stesso si apre a nuovi orizzonti.
E' una sequela di proclami guerriglieri intrisa di sapori orientali quella che travolge l'ascoltatore. Ampi i rimandi stilistici a "Witchcraft Rebellion", ma il conflitto visceralità/cerebralità è qui ai loro massimi storici. I fiati esotici di "Indestructible Life!" bagnano un allucinato recitale d'assalto. Sanguinose e irruente vignette come "The Tightest Cage" e "Akavishim" pagano però dazio a problemi di comunicazione ormai cronici.
Eccessi di verbosità e carenza d'impatto emotivo sono infatti i negativi dello stile scelto per l'album. Se non c'è l'ispirazione per neutralizzarli, c'è la classe per limitarli: insomma, gli Old Time Relijun sanno come riscattarsi, nonostante non centrino a pieno il formato. "Liberation" infila un gran giro di chitarra pulsante; "Garden Of Pomegranates" e "A Wild Harvest" sono due strumentali di buon livello; "Dark Matter" e "Veleno Mortale", i brani più lunghi, due trascinanti scorribande telluriche (la prima su oscuri passanti di chitarra, la seconda su percussioni sostenute).
Ossessionato prima ancora che ossessivo, "Catharsis in Crisis" è un demone d'Oriente chiuso in trappola, che urla e sbraita ma non riesce a liberarsi.
18/06/2007