A sentire questo “Let In The Light”, viene il sospetto che Shannon Wright sapesse sin dall’inizio quale strada avrebbe intrapreso la propria carriera, o, a voler esser cattivi, l’abbia magari programmata nei minimi particolari. L’indie roots dei Crowsdell dapprima, una fortunata serie di album in solitario poi, all’insegna d’umori via via più intimisti, sino all’eccellente collaborazione con Yann Tiersen due anni or sono. Percorso che, a guardalo criticamente, sembra votato alla ricerca di un consenso sempre più ampio, sacrificando quell’urgenza/cattiveria espressiva peculiare di episodi come “Flight Safety” o “Dyed In The Wool”, all’altare di una “forzosa classicità”. D’altronde la pur magnifica collaborazione con Tiersen lanciava segnali piuttosto chiari in tal senso.
Ed è proprio da li (come prevedibile…) che riparte la Wright, sfornando 11 pezzi che sanno di campagna francese, riflessivi e riflettenti il mood del momento evidentemente, o meglio ancora caratterizzati da suoni che dell’indie-rock originario non serbano che un lontano ricordo. Così, a eccezione delle grintose “St. Pete” e “Don’t Doubt Me”, l’intensità maniacale di un “Dyed In The Wool”, scema in soffici effluvi pianistici dal gusto vagamente retrò e dall’umore pacificato.
Si potrebbe parlare di crescite, prese di coscienza e chissà quant’altro, ma cadere nella solita retorica da “disco della maturazione” non aiuta a capire la finezza di “Let In The Light”, quell’intelligente equilibrismo che gli permette di lambire i limiti del manierismo senza oltrepassarli. “In The Morning”, “Idle Hands”, “Everybody’s Got Their Own Part To Play” ribadiscono il concetto, facendosi scudo con educate malinconie da salotto, ma verranno le lodi sperticate, ah se verranno… sicuro come le tasse.
Tutto già previsto e prevedibile (e non ci voleva un veggente), cosicché verrebbe voglia di stroncarlo barbaramente per il suo scorrere senza sussulti, senza svirgolature o anche (solo) tentate escursioni di registro. Ma non si può, “Let In The Light” si lascia piacere nonostante uno specchiarsi onanistico a tratti svenevole, anche perché una “Louise” non tutti sono in grado di scriverla. Passi stavolta, ma l’aspettiamo al varco.
20/04/2007