Castanets

Texas Rose, The Thaw And The Beasts

2009 (Ashmatic Kitty)
avant-folk, songwriter

Accade che, qualche volta, la sublime maturità di un artista possieda la stessa intensità dell'inconsapevole esordio. Come se l'essenza di una certa bellezza traesse la sua linfa vitale da una crescita incapace di sfiorare i connotati di un primo esprimersi. Quella di Raymond Raposa, con il suo collettivo sempre aperto dei Castanets, è una linea, sin dal 2004, ascendente, mutevole, nella ricerca di uno spazio che sia il contenitore mai asettico della propria ispirazione.
Se "City Of Refuge" lasciava aperto lo spiraglio della stanza di un motel, ventre essenziale di una gestazione, una nascita e uno sviluppo umbratili, umorali, dicotomici nel loro alternare luce e ombra, "Texas Rose, The Thaw And The Beasts" viene concepito nell'interazione. Con se stessi, con l'altro, con l'invisibile.

Registrato nell'aprile scorso, all'interno dei Singing Serpent Studios di San Diego, il disco, assecondando quella che iniziamo a immaginare come una reale fascinazione di Raposa per la stagione della decadenza, esce allo scoccare di quest'autunno, incarnandone sempre con rinnovata grazia lo spleen. Il registro vocale incede più ruvido, eppur limpido che mai, già dall'essenziale gospel bianco d'apertura ("Rose"), deragliando nel blues più crepuscolare e psichedelico di "My Heart", vera, formidabile gemma, tra le più rilucenti mai realizzate dall'artista, il cui strascico, quasi come secondo, lynchiano movimento, prosegue in "Trouble", resa ancor più straniante dalla voce filtrata e possibile colonna sonora di un nuovo "Cuore Selvaggio".

Parlare di solarità, mondanità, velocità tipicamente metropolitane è violare l'identità di un artista che pare essersi materializzato dal deserto, ma escludere a priori la possibilità di una viva pacificazione è un ulteriore inganno, considerando le delicate pulsazioni di "Worn From The Fight (With Fireworks)", momento di gioiosa partecipazione al mondo. Di diversa fattura, invece, l'eccezione tutta elettronica e floydiana di "Lucky Old Moon", incastonata tra le stelle, incisa nel blu notte. E poi, prima che questi non troppi minuti di esclusivo piacere del contemplare abbiano fine, Raposa, ancora una volta, riporta alla luce l'infinita ed eterna grazia del Maestro Leonard Cohen, nel suo mai troppo invadente sorriso alla realtà ("Dance Dance").

Nessuna culla è forse più confortante e sicura di quella in cui per la prima volta riposammo, e nella quale, episodicamente, torniamo, per ritrovare, tra nuove lenzuola, lo stesso, immutato, rassicurante odore.

07/10/2009

Tracklist

  1. Rose
  2. On Beginning
  3. My Heart
  4. Worn From The Fight (With Fireworks)
  5. No Trouble
  6. Thaw And The Beasts
  7. We Kept Our Kitchen Clean And Our Dreaming Quiet
  8. Down The Line, Love
  9. Lucky Old Moon
  10. Ignorance is Blues
  11. Dance, Dance