"Semper biot" è l'ultimo disco del musicista milanese Stefano "Edda" Rampoldi (ex-voce dei Ritmo Tribale). Semper Biot segna il ritorno sulla scena di Edda dopo tredici anni di silenzio, un viaggio in India, molti buchi, una rehab, un nuovo lavoro da muratore.
Tredici anni difficili per Edda, ma sempre accompagnati dalla sua musica, dai testi che non ha mai smesso di scrivere. L'album può infatti essere considerato una sorta di "diario di viaggio", una raccolta in cui è possibile trovare disciolte esperienze, impressioni di questi ultimi tredici anni randagi.
È un disco in cui Edda si mette a nudo ("biot", appunto) attraverso dodici pezzi in chitarra acustica, pochi interventi di violino, piano, synth dosatissimi e al centro unicamente la voce scarna, senza effetti, potente, stridula a tratti, una tra le più interessanti del panorama rock italiano.
Ogni canzone scava a fondo nell'intimo dell'autore, ne segna una ferita profonda e infetta, la sua disperata urgenza comunicativa, rabbiosa e urlata a tratti, in altri intimamente sussurrata.
"Semper Biot" è un viaggio nella Milano della sua tossicodipendenza, delle illuminazioni del suo delirio, nella ricerca disperata di se stessi attraverso la religione. Come in "Amare te", dove Edda narra con voce soffocata del suo travagliato rapporto con Dio e con se stesso, fatto di incertezze, di dubbi, di nodi irrisolti.
Ma è in "Yogini", sicuramente il brano più autobiografico di tutta la raccolta, che viene consegnata la chiave di volta di uno straordinario universo "eddiano", fatto di parole taglienti e frammentarie, di allegorie a mezza voce, di visioni onirico-spirituali.
È un lavoro che lascia spiazzati per la crudezza e per l'intimità delle sue parole, come nella dolce ballata "L'innamorato" o in "Organza", in cui la voce di Edda si fonde completamente ai pochi tocchi di chitarra in un crescendo atipico e sofferto.
In "Milano" è più che mai chiara la dipendenza emotiva di Edda nei confronti di una città amata e odiata allo stesso tempo e che tanta parte ha avuto nella sua crescita artistica quanto individuale.
La personale istanza alla chiarezza comunicativa e l'importanza di Milano risultano chiare anche per il frequente utilizzo del dialetto milanese, codice del linguaggio del cuore, massima espressione dell'interiorità artistica di Edda.
Importanti all'interno dell'album e meritevoli di citazione sono anche le collaborazioni di Walter Somà nella stesura delle composizioni e di Andrea Rabuffetti, polistrumentista che accompagna Edda anche durante le esibizioni dal vivo.
"Semper Biot" è un album denso, colmo di rimandi (come in "Per Semper Biot", che strizza l'occhio a "Forever Young" di Bob Dylan), un lavoro di straordinaria tensione, difficile e che conserva proprio nell'oscurità dei testi la sua massima cifra stilistica, la sua massima riconoscibilità.
30/11/2009