Eminem

Relapse

2009 (Aftermath/ Interscope/ Shady)
hip-hop, horror-pop
5.5

Chi dall’ex genio maledetto del 313 si aspettava un deciso cambiamento di rotta, il disco della svolta, la luce alla fine di quel tunnel oscuro che è la sua immaginaria e tormentata autobiografia, l’ingresso, insomma, in una maturità artistica a pieno titolo, rimarrà probabilmente deluso. Stessa sorte anche per chi ha dato credito alle voci di un ritorno tout court al suono delle origini, a una “ricaduta” (questo il significato medico del termine “relapse”) nella vena psicotica del dittico degli “Lp”. In realtà “Relapse”, almeno in questa prima parte che una seconda ne è prevista entro la fine dell’anno, è un’opera che cerca, senza riuscirvi del tutto, di chiudere il cerchio stilistico dell’intera discografia (maggiore) del rapper di Detroit. A una ripresa, soprattutto sul piano tematico e iconografico, dell’aggressività spregiudicata e provocatoria degli esordi, corrisponde, sotto il profilo musicale, una forma piuttosto melodica ed edulcorata, ancorata al sapiente mainstream e alle gradazioni pop dell’ultimo “Encore”.

Tornano, dunque, l’umorismo politicamente scorretto (parzialmente sedato negli ultimi lavori), i tormentoni sulla sua vita privata che si arricchiscono di nuovi raccapriccianti dettagli (come l’iniziazione alle droghe da parte della solita madre snaturata in “My Mom” o lo stupro subito dal patrigno in “Insane”) più o meno immaginari (ma questo poco importa, nel momento in cui il suo flow polifonico e variopinto riesce a trasformarli in grandi flash di lirismo a tinte fortissime), le nuove avventure misogine e orrorifiche della sua “kinghiana” metà oscura Slim Shady, le provocazioni contro gli omosessuali e le catartiche maldicenze sul "vippame" a stelle e strisce (nel mirino le nuove reginette del gossip da Lindsay Lohan a Kim Kardashian, passando per la sua ossessione di sempre: Britney Spears). Il tutto impastato secondo una formula compositiva sgargiante e di facile effetto, quanto patinata e ripetitiva, con basi dal sapore gotico-hollywoodiano (al plenipotenziario Dr. Dre  - il cui mestiere è solido, non si discute, ma i giri e gli arrangiamenti ormai sono sempre quelli - si affianca Mark Batson, autore anche di colonne sonore per il cinema, apprezzabile in particolare quella del “Miami Vice” di Mann), ritornelli facili, incisi cantati, debole propulsione funk e un recitato (salvo rare eccezioni) ben più monocorde e scontato rispetto ai tempi d’oro.

Così se brani come “My Mom” (cabaret bandistico con tanto di fanfare e orchestrina), “Insane” (uno dei migliori flow dell’album), “3 am” (goth-pop pianistico e orchestrale appiattito da un’intonazione troppo lamentosa) e “We Made You” (il singolo goliardico di punta con le sue movenze quasi dance-hall e gli sfottò ad Amy Winehouse, peraltro o forse proprio per questo, il personaggio che più gli somiglia nello stardom pop attuale) tentano, con esiti tutto sommato apprezzabili, un update del suo hip-hop basico e teatrale, il resto è poco più che intrattenimento “eminemiano” di routine (“Hello” ha qualche timido accenno dubstep, “Same Song And Dance”, il titolo dice tutto, “Deja Vu”, gioca la carta della power ballad sui suoi trascorsi in clinica di riabilitazione, “Beautiful” è pietosa, una roba da ragazzine, il duetto con Dre in “Old Times Sake” e il “trietto” con 50 Cent di “Crack A Bottle” puro compiacimento da rap-game).

Da bocciare senza appello se non fosse per due brani che salvano la baracca e gettano una luce di speranza su un’eventuale seconda “ricaduta”: “Stay Wide Awake”, drum’m’bass gotico orchestrale con staccati di chitarra e parafernalia corali, e soprattutto “Underground”, dulcis in fundo, horrorcore spettrale degno d’un balletto kolossal coreografato da Tim Burton in cui Eminem, come un Rocky Balboa prima dell’incontro decisivo (o lui stesso nel finale di “8 Mile”), ritrova gli “occhi della tigre” e con una cavalcata sincopata e incontenibile fa a pezzi i dubbi e le incertezze disseminate lungo tutta l’ultima parte della sua carriera.

Evviva il re, anche se, forse, non è ancora morto.

17/05/2009

Tracklist

  1. Dr. West
  2. 3 a.m.
  3. My Mom
  4. Insane
  5. Bagpipes From Baghdad
  6. Hello
  7. Tonya
  8. Same Song & Dance
  9. We Made You
  10. Medicine Ball
  11. Paul
  12. Stay Wide Awake
  13. Old Time's Sake
  14. Must Be The Ganja
  15. Mr Mathers
  16. Deja Vu
  17. Beautiful
  18. Crack A Bottle
  19. Steve Berman
  20. Underground