In chiusura di recensione del precedente “Imperial Distortion”, si parlava di “un'esperienza sfiancante, ma capace di restituire grandi emozioni”.
A distanza di un anno circa, Kevin Drumm torna sul luogo del delitto, radicalizzando, comunque, l’idea di fondo del suddetto disco. In “Imperial Horizon”, infatti, l’ambient-drone intossicata di distanze e profondità abissali viene investigata nell’ambito di un’unica traccia, di scarsi 65 minuti! Ancora un’esperienza sfiancante, insomma, in cui le emozioni non mancano. Tuttavia, l’operazione esaspera soltanto in termini di minutaggio le già “pericolose” intuizioni della “distorsione imperiale”, invero sfiancando più che emozionando, proprio perché Kevin gioca sul baratro, indifeso, non del tutto capace di offrire qualcosa che possa veramente spingere il livello dell’operazione verso i lidi ipnotizzati di quel disco, che è da considerarsi come la sua cosa migliore in assoluto.
Accostata al materiale di “Selected Ambient Works 2” di Aphex Twin, la traccia unica qui presente, intitolata “Just Lay Down And Forget It” (quasi un’indicazione su come gustare al meglio l’opera), sembra l’evoluzione della coda di “More Blood And Guts”, “dormiveglia-limite” che viene portato alle estreme conseguenze, senza che questo peregrinare no-limits rappresenti necessariamente un miglioramento in termini di poesia-sonora.
Nei primi venti minuti, la musica vibra come una lamina di metallo abbandonata nel vento, sposando l’idea di un miasma post-atomico in cui le memorie si accavallano senza sosta, in un diluvio "controllato" di immagini sfocate. Poi, le fluttuazioni tendono a farsi più rarefatte, mentre si affaccia una lieve, indistinta mareggiata melodica. Le profondità, intanto, guadagnano in consistenza – grazie a una maggiore concentrazione sui toni bassi - prima che, intorno ai quaranta minuti, il suono si diradi quasi del tutto, bisbigliano nel vuoto con fare spaurito, nonostante un senso di serenità ne attraversi ogni palpito. Ad ogni modo, l’oceanico serpente si spegne tra modulazioni droniche più minacciose, quasi a chiudere un cerchio eterno.
Un ascolto consigliato, in ogni caso. Ma “Imperial Distortion” è un’altra cosa.
06/11/2009