Land Of Kush

Against The Day

2009 (Constellation)
world-music

“Musica di protesta contro l’Arabo-fobia”: così Sam Shalabi ha descritto i suoi ultimi lavori. Una musica che cerca di esorcizzare le paure generate dallo shock dell’11 Settembre, da quell’attacco terroristico destinato a restare uno degli eventi epocali del nuovo millennio.

Ribattezzatosi Osama Shalabi, il musicista canadese ha, così, varato i Land Of Kush (nome derivato da quello di un'antica regione nei pressi del Nilo), un ensemble di una trentina di elementi che instaura una profonda simbiosi tra musica mediorientale, nord-africana e tradizionale occidentale (per lo più di matrice jazzistica), il tutto calato, in un modo o nell’altro, dentro scenari che conservano un forte retrogusto psichedelico.
Il risultato è insieme sorprendente ed estremamente evocativo: una tavolozza di suoni-colori, di visioni ancestrali che collidono con oblique trasfigurazioni moderniste, in un continuum orchestrale sempre florido, rigoglioso ed estremamente comunicativo.

Suddiviso in cinque movimenti, “Against The Day” (dal titolo di una novella di Thomas Pynchon) ci trasporta, dunque, lungo i confini di un Oriente atemporale, attraverso i “vuoti” e i “pieni” di una vera e propria “geografia spirituale”. L’introduttiva “The Light Over The Ranges” muove, così, dal contrasto stridente tra voci mescolate alle nubi e amorfe ramificazioni elettroniche (che fanno pensare ai Rake più alieni e “gestuali” di “The Art Ensemble Of Rake/Tell Tale Moog”), procedendo, per enigmatici sortilegi vocali, verso serpeggianti, flessuosi arabeschi di violino.

Nell’incedere rigoglioso di “Iceland Spur”, gli strumenti disegnano i confini di un deserto fascinosamente incline alle tentazioni del sogno: tra aspri dissidi di ance, poliritmi ritualistici, diagonali dissonanti di violoncello e violino (quest’ultimo, dal suono quasi simile a quello del kemenche turco), feroci emulsioni di orrore ed euforia e linee vocali inebriate di misticismo, il collettivo imbastisce percorsi raminghi, in cui composizione e improvvisazione finiscono per convergere in un'unica, ipnotica trance collettiva.

Un limpidissimo, etereo bozzetto di chitarra elettrica prepara, invece, l’estrosa, trascinante fantasia poliritmica di “Bilocations” (titolo scelto, di certo, non a caso…), dominata dalla “fumosa” voce di Molly Sweeney (ci vengono in mente dei Portishead sprofondati in un infuocato cerimoniale percussivo). Alternando passione, devozione e vulnerabilità, la Sweeney conduce la danza tra briosi assoli di flauto, fulminanti pandemoni free-jazz e placide mimesi di foreste equatoriali, dove fantasmi di voci tese verso solitudini trascendentali sono colte nel loro notturno splendore, trascolorando in esoteriche, inconsce foschie vocali, prima di abbandonarsi al mutismo tormentato del cosmo.

Nascosto nelle retrovie con il suo oud, Shalabi riesce, così, nell’intento di dare vita a una fusione sfavillante di arcana deferenza e solenne, fiammeggiante liberazione carnale. Bi-dimensionale, quindi, la musica dei Land Of Kush getta uno sguardo verso l’alto per riscoprire, hic et nunc, l’ardore e la passione del corpo, la sua nuda meraviglia, il suo crudo bisogno di purificazione e di salvezza.
Esemplare, in tal senso, la torrenziale, forsennata fanfara della title track, che da un anarchico conciliabolo à-la Art Ensemble Of Chicago dirige il suo sfrenato, ipnotico groove poliritmico lungo i dirupi di un pulsante salmodiare lisergico, prima che una martellante, euforica litania arabeggiante ci costringa a entrare nel cerchio di fuoco per sacrificare noi stessi in cambio di letizia e gioia infinita. Tutto intorno, una festa di spiriti che ballano inviperiti, tra saette di crepuscolo, l’eterna festa “silente” delle dune e delle oasi illusorie.

Ma è una danza che, nel tentativo di scongiurare il mistero della morte, finisce per distruggersi, lasciando il passo alla desolata processione di “Rue de Depart”, trattenuta in un limbo di palpitante disperazione. Non un messaggio, quest'ultimo, di tragiche imminenze. Solo il lento rifluire dell’energia verso lo spirito che mai deve dimenticare le incombenze della fine. Nonostante tutto.

01/04/2009

Tracklist

1. The Light Over The Ranges
2. Iceland Spur
3. Bilocations
4. Against The Day
5. Rue du Départ

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