Pensavo che, giunti al terzo disco, i Los Campesinos! avrebbero finalmente giocato al meglio le loro carte, ma mi sbagliavo.
Così come già dimostrato nei due dischi precedenti, la band gallese, infatti, sembra ancora contagiata dal virus di una riproposizione godibilissima, ma sostanzialmente sterile, di un indie-pop che mostra più di un punto di contatto con compagini quali Broken Social Scene, Architecture in Helsinki e, per certi versi, Sunset Rubdown. Tuttavia, l’impeto festaiolo e scanzonato della loro musica possiede un piglio punk che non è possibile ignorare se si vuole entrare appieno in questo universo fatto di melodie coloratissime e sghembe.
A conti fatti, “Romance Is Boring” può essere considerato il loro disco più riuscito, anche se, naturalmente, mi auguro che il prossimo lavoro possa permettermi di raccontarvi cose migliori…
Per quanto accattivanti e coinvolgenti, infatti, i loro brani non riescono, se non in qualche caso sporadico, a manifestare una degna compiutezza, spesso e volentieri, invece, mantenendosi in un solco di beata ordinarietà. Non lasciatevi abbagliare dal movimento frastagliato degli stessi, quindi, perché c’è ancora molto da lavorare.
Dietro il volto divertito, si nasconde qualche paranoia (“In Medias Res”), ma il disco è, in fin dei conti, una sfilata smaliziata di schizzi indie-pop pregni di effervescenza emozionale (“There Are Listed Buildings”), di euforie forsennate (“Plan A”, “Straight In At 101”), di tripudi giubilanti e coralità contagiose (la title track, “This Is A Flag. There Is No Wind” e la migliore del lotto, “A Heat Rash In The Shape Of The Show Me State; Or, Letters From Me To Charlotte”, con controcanto esultante di fiati) che preparano il terreno per dolci, schizofreniche malie (“We’ve Got Your Back”).
Ma c’è spazio anche per qualche rallentamento atmosferico (“Who Fell Asleep In”) e per tiepide complicazioni arty (“I Warned You Do Not Make An Enemy Of Me”, “I Just Sighed. I Just Sighed, Just So You Know”).
Spassoso ma, suvvia!, possono fare di più.
01/01/2010