Come far andare avanti una band le cui idee si esauriscono disco dopo disco? Dovrebbero tutti rivolgersi ai Broken Social Scene che, con all’attivo tre lavori attestatisi tra l’ottimo e il buono, rilanciano se stessi attraverso una specie di collana di uscite discografiche, tutte sotto il marchio “Broken Social Scene Presents:”. A essere presentati sono, però, i componenti della band stessa; ogni disco è interamente scritto, composto e arrangiato da uno dei numerosi artisti canadesi. Ci si ritrova così davanti a una semplice sottolineatura di certe sfumature tipiche della band, ipertorfizzate e allungate per coprire un intero disco.
L’anno scorso è stato il turno dell’estro solista di Kevin Drew con “Spirit If…”, che è come dire un nuovo disco dei Broken Social Scene, dato che la maggior parte della musica e dei testi li scrive proprio Drew; ne uscì un lavoro carino, manieristico e anti-innovativo, apprezzabile solamente da chi i canadesi li ama nel profondo. Quest’anno tocca all’altro grande protagonista della band: Brendan Canning, il chitarrista e co-fondatore che ha sempre avuto una sensibilità più rock e meno sgangherata del collega. “Something For All Of Us…” mostra un lato diverso della band canadese, magari non sempre apprezzato e passato sicuramente nell’ombra, ma anche molto importante per quel suono che ha determinato il loro successo.
Le coordinate di questo disco sono quelle dell’indie-rock canadese che ha riscosso (meritatamente) un successo praticamente universale (Arcade Fire, Stars e compagnia revivaleggiante). Nulla di trascendentale, tanto per capirsi, ma comunque in grado di far star bene chi queste sonorità le ha sempre amate. Chitarrismo graffiante e wavey, obbligatoriamente in primo piano. Ritmi sapientemente in grado di adattarsi a ogni evenienza, che sia un trascinato anthem indie-rock (“Something For All Of Us”) o una ballata dolce/amara (“Been At It So Long”). Alla voce c’è lo stesso Canning, il che suona tremendamente strano per mancanza di abitudine, ma anche molto rassicurante: il suo timbro caldo e confortante è perfetto, soprattutto in questo periodo di fine estate, dove le ombre si allungano prima e la voglia di tornare alla vita quotidiana è distante miglia.
Tutto il disco si muove su questi territori, battuti fino alla nausea da tre quarti dell’indie-popolo del nuovo millennio. Fanno bella mostra di sé anche arrangiamenti di fiati e archi, sempre efficaci e ben curati (“Chameleon”, “All The Best Wooden Toy Come”), così come il lato più acustico e folk di Canning (“Snowballs And Icicles”, forse la vera perla del disco).
Ai canadesi riesce bene tutto, sia affondare il colpo con pezzi incalzanti e radio-oriented che puntare su mid-tempo da viaggio in macchina dopo il tramonto (“Take Care, Look Up” potrebbe essere un out-take di “You Forgot It In People”).
Con “Something For All Of Us” la novità non è mai dietro all’angolo e l’autocelebrazione domina. La prevedibilità è tale da risultare quasi confortante e rassicurante, perché è importante avere certezze (anche se solamente musicali) negli ultimi tempi.
A chi ama i Broken Social Scene, questo disco piacerà come potrebbe piacere una caramella a un bambino goloso. Questo lavoro rappresenta uno dei pochi casi in cui continuare a ripetersi non può far altro che bene: se il compitino è ripetuto con mestiere e capacità, non potrà certamente deludere i fan e saprà sicuramente conquistarne di nuovi; ai detrattori non rimane che lamentarsi.
04/09/2008