Oneida

Rated O

2009 (Jagjaguwar)
psych-rock, elettronica

Già all’epoca di “Happy New Year”, potevamo beccarci un triplo album, ma in quell’occasione fummo graziati. Questa volta, invece, gli Oneida non hanno esitato un attimo a pubblicare, con “Rated O” (annunciata seconda parte di una trilogia iniziata con “Preteen Weaponry”), quasi due ore di musica, andando a coprire un po’ tutto il loro universo sonoro.

Tre dischi e tre diverse attitudini musicali. Nessun filo conduttore, nessuna coerenza interna, solo il gioco delle anime che si sovrappongono, al massimo, nella mente e nel cuore dell’ascoltatore. L’effetto è, dispiace ammetterlo, quello risaputo della montagna che partorisce il topolino. Eppure, il primo disco, lasciava ben sperare.

Una dietro l’altra, ecco scorrere, infatti, una danza sciamanica tra ombre kraut-dub e astrattismi digitali in ghirigori sparsi (“Brownout in Lagos”), tavolozze minimal-electro (“What’s Up Jackal”), ipnosi techno-cosmiche in circolo opprimente e futuristico (“10:30 at the Oasis”), uno sghembo panzer kraut-wave (“Story of O”) e uno psicodramma allucinato che, evidentemente, profetizza l’avvento prossimo venturo di un’umanità androide (“The Human Factor”). Un gran bel sentire. Peccato, però, che, da questo punto in avanti, la tensione creativa vada scemando, lasciandoci, minuto dopo minuto, l'amaro in bocca.

Cercando di rinverdire i fasti dell’ottimo “Each One Teach One” (a tutt’oggi, la loro prova migliore), la band newyorkese si rimette, dunque, in cammino alla ricerca di una nuova rivelazione psych-rock, allora tanto stordente quanto parossistica, oggi solo capace di arenarsi tra le sue stesse illusioni. Hard-rock inzuppato di acido, allora, (“The River”), trip a zonzo tra caterve di distorsioni e fornaci ribollenti (“I Will Haunt You”, “Luxury Travel”), filastrocche scodinzolanti (“The Life You Preferred”), perversioni sfiancanti e rocciose (“Ghost In The Room”), echi Pink Floyd e spavalde fattezze garage (“Saturday”, “It Was a Wall”). Niente, comunque, di così fascinoso e di così intrigante, soprattutto se si masticano certe sonorità. Dietro le apparenze, infatti, dietro l’ossessione per la reiterazione, c’è poca roba; qualche specchietto per le allodole, al massimo, ma niente che possa davvero competere con i fuochi del loro passato.

Evidentemente, la band, dopo il colpo mancino del primo disco, gioca al ribasso, o è costretta a farlo pur di riempire, bontà sua!, i solchi. Ancora meno convincente, se possibile, la terza parte si crogiola, infine, nell’amore per la dilatazione raga-lisergica, mettendo sul piatto, con una certa indolenza, la tensione metafisica e l’istinto carnale di “O” ed “End Of Time” oltre che la lunghissima “Folk Wisdom”, davvero scontata nel suo ripetere il cliché della cavalcata space-delica, tutta protesa verso un punto non specificato del cosmo, senza avere molto carburante (leggi: idee) a bordo.

Evidentemente, qui vale l’adagio secondo cui chi troppo vuole, nulla stringe… Ad ogni modo, molti faranno a gara nel gridare al capolavoro. Ma io mi fiderei poco di chi troppo alza la voce.

28/06/2009

Tracklist

CD 1
1. Brownout in Lagos
2. What’s Up, Jackal
3. 10:30 at the Oasis
4. Story of O
5. The Human Factor

CD 2
1. The River
2. I Will Haunt You
3. The Life You Preferred
4. Ghost in the Room
5. Saturday
6. It Was a Wall
7. Luxury Travel

CD 3
1. O
2. End of Time
3. Folk Wisdom