Già mente e ideatore dei fondamentali Main e Loop, e ora novello emulo elettro-acustico di Klaus Schulze, Robert Hampson decide di raccogliere tre sue composizioni su commissione in “Vectors”, di fatto il suo primo lavoro solista.
Più che nelle stratigrafie di click, sciami, tonfi e corpuscoli dei 17 minuti di “Umbra", e più che nella forma narrativa spettacolosa sceno-sound-grafica dei 13 minuti della più umile "Ahead" (un pulsare elettronico di “blip” che indica di volta in volta uno spazio quasi documentaristico, con tanto di spostamento del punto di vista), l'estetica di Hampson risiede nel vasto affresco puntinista di "Dans Le Lontain" (20 minuti). La sua idea di rarefazione nasconde - ambiguamente - una contiguità di escamotage compositivi virtualmente ininterrotti; suoni concreti e tecniche digitali (piuttosto deboli) servono a costruire una gestualità al ralenti che sconfina ampiamente nei registri estetizzanti fini a sé stessi.
In una quasi totale apnea di emozioni, la forma compositiva di Hampson diventa una sorta di serialismo (poco affinato) applicato all'ambient-glitch. Micro-oasi di microeventi electro-digitali-concreti (talvolta semplici intereferenze non-musicali, o sempli rintocchi) talvolta creano l'illusione di vuoto sospensivo; numerose interruzioni, anche brusche, conducono spesso al silenzio totale, mentre altre volte sono vere e proprie transizioni sotto mentite spoglie. Il corredo puramente timbrico di Hampson è sfruttato in lungo e in largo (e quasi sempre rielaborato, rimodellato e effettato anche in modo esoso), ma manca il senso evocativo.
Le trovate di Hampson (una, “Ahead”, per una performance al planetario di Poitiers, le altre due per la GRM) sono racconti dell’iperspazio che vorrebbero essere aleatori, e persino visionari, ma che in realtà finiscono per approdare a una libera, spoglia frammentarietà. Il disco serve per testare le doti di adattabilità del rinnovato compositore alle sfide del nuovo millennio, quelle di feedback dell’ascoltatore sono un difficile surplus.
26/07/2009