Mentre la logica del business spinge le nostre televisioni e radio di stato verso la mediocrità, la radio pubblica svedese rappresenta un'eccezione - non perché realizzi grandi inchieste politiche o sensazionali concerti (il mondo della comunicazione è pieno di operazioni simili), ma perché ha la stravaganza intellettuale di commissionare a una bizzarra e imprevedibile band americana, gli Sparks, un musical immaginario su una delle icone del cinema svedese e mondiale, Ingmar Bergman, alle prese con una imprevedibile tentazione: fare un film hollywoodiano.
Gli studi di Ron Mael sulla cinematografia di Ingmar Bergman, svolti durante e dopo i suoi corsi universitari, uniti ad alcune sperimentazioni che integravano cinema, teatro e arte visuale, hanno aiutato i fratelli Mael nella complessa realizzazione di un musical radiofonico.
Quarant'anni di carriera musicali per gli Sparks, caratterizzati da una passione per la cultura europea e asiatica, e da una serie di album che hanno influenzato generazioni di musicisti.
È curioso che la stampa regolarmente saluti un loro album come la rinascita del gruppo americano, quando in verità la loro carriera è ricca di episodi brillanti e originali e tutta la loro produzione conserva un'insana voglia di giocare e provocare con la musica, una caratteristica che difficilmente potrete riscontrare in altri musicisti.
Istrionici, eccentrici, idiosincratici, gli Sparks rappresentano un'eccezione alla routine produttiva che coinvolge anche le rock band più importanti. Ogni progetto è frutto di un lavoro e una cura che avvicina la loro arte a quella di un artigiano.
L'idea base di "The Seduction Of Ingmar Bergman" è quasi kafkiana: nel 1956 il regista Ingmar Bergman entra in un cinema per assistere ad un film americano, e all'uscita si trova nella fastosa Hollywood dove un losco figuro lo persuade a realizzare un film. Tra sigari e chewing-gum, le tentazioni del denaro sembrano affascinare il regista svedese: sarà una suadente Greta Garbo a riportarlo nel mondo reale e ad allontanare definitivamente le pulsioni devianti del cinema a stelle e strisce.
Per un gruppo americano lontano dalle tentazioni mainstream e forte di una sensibilità culturale molto mitteleuropea è quasi sarcastico e provocatorio dover rappresentare in musica una storia ricca di simboliche affinità elettive, ma gli Sparks possiedono una forza lirica, musicale e intellettuale rara e aliena a qualsiasi rock band esistente. "The Seduction Of Ingmar Bergman", meglio sottolinearlo subito, rappresenta un trionfo dell'immaginazione sulla banalità del linguaggio musicale odierno.
Musicalmente gli Sparks proseguono nella linea degli ultimi tre album: la loro mistura di pop sarcastico, musica sistemica alla Steve Reich e Michael Nyman, scampoli di techno e ripetitive costruzioni armoniche si concretizza in ventiquattro episodi sonori che ricordano una sequenza cinematografica. Toni cupi, superbe orchestrazioni da melodramma, voci recitanti e toni teatrali alla Kurt Weill, jazz, pop e rock che si insinuano nelle trame gotiche e classicheggianti, tutto coordinato e suonato con grande maestria.
Pur se l'omogeneità dell'opera è fondamentale, gli Sparks aggiungono nuove perle alla loro creatività pop, il lirismo poetico di "Limo Driver (Welcome To Hollywood)", il glam-rock di "Mr. Bergman, How Are You?", la polka brillante di "The Studio Commissary", la maestosa vocalità da soprano in "Why Do You Take That Tone With Me?" e la teatralità di "Escape" si insinuano con forza nel repertorio del gruppo.
Gli Sparks archiviano una rivoluzione della cultura popolare del 21° secolo, un punto di partenza nuovo per l'integrazione della musica con altre arti; la fiction radiofonica di "The Seduction Of Ingmar Bergman" rappresenta per la musica quello che la serialità forte delle fiction post "X-Files" ha rappresentato per il cinema. Se la sfida dei fratelli Mael avrà un seguito, vi è la possibilità che la musica riscopra stimoli e creatività.
25/12/2009