Innanzitutto, va precisato che “Modern Deep Left Quartet” nasce come uno dei tanti sodalizi modaioli tra produttori (Johnson e de la Plante) in quel di Berlino. Inoltre, non era affatto semplice cercare di bissare un capolavoro del calibro di “23 Seconds”. Difatti, è rimasta perfettamente intatta la necessità di sbizzarrirsi ai bassi con la classe dell’intrattenitore colto, ma è un attimino calata la propensione dei tre, pardon dei quattro, a rincorrersi con saggezza, mostrando a turno le differenti abilità in sala.
In tal senso, si contano sulle dita gli spunti realmente degni del marchio Cobblestone. In sostanza, prevale spesso un’attitudine semianalogica priva di mordente. E’ come se la vocazione a mescolare la carcassa technoide con partiture propriamente jazzy fosse sparita di scatto, disperdendosi in un calderone sciapito di divagazioni electro e variazioni ritmiche del tutto superflue. Perché sarà pur vero che il groove dinamitardo di “Mr Polite” riesce a far smuovere il culo con pochi ingredienti e un’impareggiabile cassa dritta formato Chicago, o che i rimbalzi plasticosi di “Fiesta” confermano lo stato di grazia della premiata ditta Johnson nel fondere propulsioni robotiche e circolarità downtempo, ma è altrettanto ineccepibile la pochezza risolutiva di una “Children” o l’andazzo spaesato in scia new age (!) di “Chance”, senza considerare l’insignificante rarefazione solare in melma nu jazz di “Midnight Sun“.
Insomma, senza troppi peli sulla lingua o scusanti assortite, non ci resta che effettuare la più fredda delle medie matematiche e sbatterla in fondo alla pagina, fino a incrociare le dita nella speranza di un immediato futuro possibilmente prossimo allo splendore dei bei tempi, dimenticando al più presto la mediocrità di questo parto.
(05/04/2010)