"Sono stanco di essere sminuito per aver rischiato" canta a un certo punto il mantovano Elia Billoni, in arte Dino Fumaretto. Effettivamente proporsi al momento del proprio vero debutto discografico, dopo un album e un Ep autoprodotti, con 15 canzoni brevi, interpretate quasi solo con voce e pianoforte, salvo sporadici interventi di tastiera e armonica, può essere un tantino rischioso, ma ogni descrizione possibile di questo disco rischia di sminuire la qualità del risultato finale, se il lettore non decide poi di approfondire con l'ascolto.
Parlare, infatti, di brani caratterizzati dal tipo di suono appena specificato dà necessariamente l'idea di una proposta piuttosto limitata; anche nel momento in cui si sottolinea che c'è una gran quantità di spunti e di idee dietro ai continui guizzi delle dita di Billoni sui suddetti tasti, alla sua voce che passa da un'impostazione velatamente, e volutamente, teatrale a una molto più naturale e spontanea, e ai testi in bilico tra ironia e surrealismo. Solo nel momento in cui queste canzoni vengono ascoltate, su disco o, ancor meglio, dal vivo, si capisce chiaramente che la proposta di Billoni/Fumaretto non è un gioco, ma è portatrice di un'idea artistica forte, riconoscibile e concretizzata in modo efficace grazie alla fantasia dell'autore in ognuno dei tre aspetti sopra citati.
La parte pianistica è senza dubbio quella di maggior impatto. Le dita di Billoni danzano sul pianoforte con un ottimo equilibrio tra grazia e verve e soprattutto con giri e accordi caratterizzati da grande varietà, ma al contempo riconducibili a uno stile unitario. Il cantato ha un'importante interazione con le note del pianoforte per conferire al risultato finale una dose sempre alta di espressività, e anche qui lo fa in modo diverso, ora andando semplicemente dietro alla parte suonata e facendosi quasi condurre da essa (come in "Vita in ufficio" o nella conclusiva "Always Look On The Bright Side Of Life"), ora invece domandola e assumendo quindi il ruolo predominante (per esempio nell'inizale "Soffio di vento" o anche in "Nella casa"), tutto questo giostrandosi bene tra le due impostazioni sopracitate.
In un impianto di questo tipo i testi assumono ovviamente una certa importanza, e non c'è un singolo brano che non stimoli l'ascoltatore a una grande attenzione nei confronti di ciò che viene raccontato. Alcuni brani sono surrealismo puro, con racconti di incubi notturni confusi e ansiogeni ("Scorpione nero", "Sogno d'appendice"), altri sono spaccati di vita reale, esteriore ("Mostra") o interiore ("Omicidio", "Nuvole e meraviglie"), altri ancora hanno invece un'impronta esistenzialista ("Venite assassini", "Fuck The World"); tutte queste tipologie di testi sono ammantate da un'ironia dolceamara che non è per nulla sinonimo di superficialità, ma risulta invece uno degli ingredienti decisivi per la perfetta messa a fuoco di un lavoro che si ascolta tutto d'un fiato e che non smette di coinvolgere anche dopo numerosi e continui passaggi nel lettore.
A Elia Billoni piace dire che Dino Fumaretto è il suo alter ego nonché autore delle canzoni, delle quali Billoni è solamente l'interprete. Al di là di questo espediente che l'autore ha escogitato probabilmente per immedesimarsi meglio in ciò che sta raccontando mentre compone, questa proposta è indubbiamente tra le più credibili fra quelle che, in un contesto cantautorale, nascondono la serietà dei loro intenti sotto una patina di leggerezza.
12/07/2010