Il percorso musicale del supergruppo Red Sparowes, che inizialmente vantava componenti di Neurosis e Isis, è stato ambizioso e controverso sin dall’inizio. Il loro primo full-length, “At the Soundless Dawn”, è diventato una sorta di cult nel filone post-rock “epico” dei primi Duemila: un concept strumentale dalle tinte piuttosto cupe, corredato da titoli chilometrici con intento poetico; un ascolto sinceramente emozionante e ispirato, al quale cinque anni fa non eravamo ancora abituati – ora con il proliferare di nuovi nomi in questo ambito, divenuto estremamente inflazionato, è sempre più difficile tornare a stupirsi.
Già dal loro esordio si era però creato un considerevole divario d’opinioni. E solo un anno e mezzo più tardi vide la luce “Every Red Heart Shines Toward The Sun”, con cui i gli oppositori del progetto ebbero modo di sfogare le loro taglienti critiche. Si tratta infatti di un insieme di pezzi palesemente raffazzonati e autoreferenziali, che per gran parte del tempo tendono a girare a vuoto; un notevole buco nell’acqua, al quale seguiranno quasi quattro anni di silenzio discografico, se si esclude l’Ep “Aphorisms” del 2008.
L’anno 2010 ci restituisce i Red Sparowes in una veste assai diversa rispetto a come li avevamo lasciati. Il breve intro da solo riesce a darci una panoramica dell’intero album, che si preannuncia composto da un suono trasfigurato, forse meno coraggioso nello stile ma decisamente più aperto alla spontaneità; per chi ha seguito la vicenda del gruppo, “The Fear is Excruciating...” non può che apparire come il risveglio da un torpore.
Uno dopo l’altro, gli otto brani del disco inanellano melodie cristalline e fluenti, dove a primeggiare sono chitarre in clean piuttosto che stranianti distorsioni alla Isis, che sopraggiungono in pochi casi, al giusto momento. L’opprimente senso di incompletezza lasciato dalla prova di più di tre anni fa viene finalmente risanato, si respira una sana boccata d’aria, una luce si fa strada nel buio. E’ ciò che si prova nel lento svolgersi della accorata “In Illusions of Order”, culminante in un ritmo marziale fortemente evocativo; nella tensione degli accordi pizzicati di “A Hail of Bombs”, che precedono un’esplosione controllata alla Russian Circles; nelle ondate psichedeliche di “Giving Birth To Imagined Saviors”, con tocchi vagamente wilsoniani – impressione confermata dalla tremolante chitarra di “A Swarm”, il cui giro di accordi con bottleneck pare quasi una citazione di “Echoes” dei Pink Floyd a Pompei.
Ai più non sarà difficile trovare ulteriori paragoni con altri protagonisti della scena internazionale, ma la verità è che una volta tanto, nel non strafare come solito, quest’ultima fatica dei Red Sparowes sfoggia un suo carattere senza mai cedere troppo ai cliché che ammorbano il rock strumentale, anzi contaminandolo sapientemente con altre tendenze; non i soliti, prevedibili climax ascendenti, bensì un equilibrio estatico di note alternate tra le chitarre e di ritmiche moderate, mai invadenti o sfarzose.
Con questo non si intende illudere nessuno riguardo al fatto che l’album in questione presenti particolari elementi di novità: ma certo è che "The Fear Is Excruciating...” è il risultato di una miscela solida, di una scrittura senza sbavature, svuotata da inutili diluizioni. Nei 43 minuti complessivi del disco, i Red Sparowes riescono a sorprendere con discrezione, a trasmettere un senso di completezza per mezzo di un ritrovato e sempre più raro gusto per l’essenziale. Ad essi va conferito il merito, tutt’altro che comune, di aver saputo ricominciare da zero, senza tentare di riassestare la loro precedente , infruttuosa strada.
Rinnovarsi senza timori, forse proprio in questo risiede la chiave di lettura del titolo e dell’opera stessa: la paura è qualcosa di straziante, ma proprio in questo sta la risposta: bisogna saperla lasciare da parte, per dar voce a sentimenti più veri, per tornare alle proprie radici.
09/04/2010