Chi conosce un po' gli Univers Zéro sa cosa aspettarsi da un nuovo album. Per gli altri, è presto detto: un sound unico, teso e avvolgente - ricami di archi e fiati tanto forbiti quanto inquietanti, incastri ritmici figli di Stravinsky, tagli di chitarra rari e obliqui.
"Clivages" è esattamente questo, come d'altra parte gli ultimi dischi della band da qualche decennio a questa parte. Scegliere l'uno o l'altro è essenzialmente questione di gusti: personalmente, trovavo più suggestiva l'astrazione jazzata di "Rhythmix" (2002) a quest'esercizio estremamente compìto. Quel che più penalizza l'album, però, è il mixing particolarmente pulito: i suoni non formano quell'amalgama torpido e bruciante che per gli UZ è da sempre l'asso della manica.
Qualche bell'episodio comunque c'è, specie tra quelli più Holstiani ("Warrior") e sghembi ("Scubresauts", a un passo dai Thinking Plague). Qua e là, torna in vita la negromanzia che fu.
16/04/2010