Agf

Beatnadel

2011 (Agf Producktion)
minimal-glitch, avantgarde

Dopo anni di amoreggiamenti in territori più "umani", complice il lungo sodalizio artistico con Vladislav Delay, la compositrice-vocalist-producer tedesca Agf stacca completamente il cordone ombelicale con l'elettronica più "easy", per sprofondare nei lidi sulfurei della sperimentazione minimal-glitch. Niente più compromessi, solo "beat pungenti", come recita il titolo di questa ultima opera di Antye Greie-Fuchs.
Minimal per attitudine (Alva Noto è dietro l'angolo), glitch per vocazione (Flying Lotus ed epigoni sono figli di queste destrutturazioni), industrial per derivazione cromosomica (da dove vengono Einsturzende Neubauten e Stockhausen?), "Beatnadel" è un monolite che la voce suadente della berlinese sa trasfigurare in sguardo di Medusa. Una scultura di dura pietra, appuntita nei suoi angoli vivi ma levigatissima nelle sue (rare) superfici piane.

Il sensuale spoken word del prologo "Sedaktiv", sottoposto alle spire martellanti dei beat sintetici della Greie, fungono da biglietto da visita alla scultura che ci si appresta a scrutare. I ronzii vibranti di "Beatnadeln" sfiorano le melme industrial-glitch nelle quali ci si immerge fino al collo in "Stoerung". Melma che si fa voluttuosa in "Extimicy", ma che muta in carro armato sonico neubauteniano in "Massaker". "Restless Heart" è un'oasi di sospensione che scivola presto nel limbo turbinante di "Letterism", a sua volta divorato dal massacro marziale di "Rooster Beats".
A metà disco ci sorprende addirittura Noam Chomsky (!), il cui elogio alla Germania degli anni 20 fa da gancio al bombardamento glaciale di Agf. "The More The Better, Less Is More" si frantuma in mille schegge dissonanti che si vaporizzano nella coltre elettrizzata di "Foggy". "No Harm", nessun male dice Antye nella traccia successiva, ma l'effetto è uguale e contrario. Il mantra lisergico di "Organizing Pieces" è quasi un sollievo prima di tuffarsi nel trittico finale del disco, tra i deragliamenti taglienti di "Source Voice", gli ectoplasmi elettroacustici di "Ontext" e le divagazioni quasi cosmiche della conclusiva "My Delay".

Tra poesie destrutturate e aggressioni sonore marziali, Agf ha reso realtà il sogno di uno dei suoi mentori, Karlheinz Stockhausen. "Voglio costruire una nuova tradizione, una tradizione uditiva, da trasmettere via orecchio", diceva nel 1971 il massimo esponente della sperimentazione elettroacustica del dopoguerra. Ha avuto ragione lui: la sua opera è diventata tradizione, tradizione che Agf (e non solo) portano avanti spingendola oltre i propri confini.

P.S. Obbligatorio l'ascolto in cuffia per poter apprezzare a pieno sfumature, beat e i lavori sui due canali audio cuciti con sapienza.

05/12/2011

Tracklist

  1. Sedaktiv
  2. Beatnadeln
  3. Stœrung
  4. Extimicy
  5. Massaker
  6. Restless Heart
  7. Letterism
  8. Rooster Beats
  9. Lingu-tik (feat. Noam Chomsky)
  10. The More The Better, Less Is More
  11. Foggy
  12. No Harm
  13. Organizing Pieces
  14. Source Voice
  15. Ontext
  16. My Delay