Emanuele Lapiana è un artista che non ha mai organizzato il proprio modo di presentarsi e la cadenza delle uscite discografiche in base ai riscontri dei lavori precedenti. Nel 2005 i suoi c|o|d erano riusciti a ottenere una valanga di pareri entusiasti e di concerti affollati grazie a un disco, "Preparativi Per La Fine", concepito e realizzato quasi interamente ben quattro anni prima. Quel successo sembrava rappresentare l'uscita da un ingiusto tunnel fatto di incomprensioni con il music business e di una notorietà troppo piccola in proporzione ai meriti artistici della band. Chiunque avrebbe fatto di tutto per tenersi un nome che avrebbe significato altre vendite e un'ulteriore esposizione, ma l'avventura era finita davvero, in coerenza con il titolo del disco, e Lapiana non si è fatto problemi a riproporsi con un'altra ragione sociale, ovvero quella attuale di N.A.N.O. Anche qui, comunque, i riscontri positivi non sono mancati e, di nuovo, il corso normale delle cose avrebbe voluto un secondo disco il prima possibile, per mantenere caldo il nome. Invece, di anni ne sono passati ben quattro, anche se va detto che questo lavoro potrebbe avere una risonanza maggiore per via dei numerosi ospiti di prestigio che vi partecipano.
Al di là di un artista abituato a prestsare la propria opera come Giovanni Ferrario, è infatti davvero raro trovare in un solo disco i nomi di Pacifico, Sara Mazo (ex voce degli Scisma, per chi non lo sapesse, spero nessuno), Max Collini e Federico Fiumani. Gente che non è solita partecipare a lavori di altri e che Lapiana è riuscito a radunare tutta insieme. Una sorta di certificazione di qualità per il lavoro di questo autore, anche se i maligni potrebbero pensare che in fondo gli ospiti basta pagarli per averli con sé. Difficile, però, immaginare che personaggi di questo calibro non abbiano già ricevuto molte altre proposte e se quindi hanno accettato questa e non altre evidentemente apprezano in particolar modo il lavoro dell'artista trentino.
Visto che tutto è bene quel che finisce bene, sarebbe bellissimo, a questo punto, descrivere "I Racconti Dell'Amore Malvagio" come un disco definitivo ed imprescindibile, punto di riferimento per la musica italiana da qui all'eternità o quasi. Invece, purtroppo, le cose non stanno esattamente così, perchè a un buon numero di canzoni effettivamente splendide e di grande personalità e intensità fa da contraltare una manciata di brani poco riusciti, che spezza l'incantesimo di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.
Gli episodi di grande qualità, che, come si diceva, sono la maggior parte di quelli presenti, si basano su una scrittura estremamente suggestiva e affascinante, sia nelle melodie stesse che, in alcuni casi, nello sviluppo del brano, e su un suono che riesce a essere molto evocativo sia in presenza di una struttura semplice che nel caso di arrangiamenti ricchi e ben curati.
L'uno-due di partenza è da brividi: in "Y" Lapiana duetta con Pacifico sul tema della gioventù che inesorabilmente scappa con un testo perfettamente centrato e mai scontato e con passaggi da strofe e ritornelli piuttosto arditi ma al contempo fluidi; "Il Buio" vede il primo dei due interventi di Sara Mazo e, al di là dell'emozione di ascoltarla cantare dopo tanti anni, la canzone è uno spaccato realista e coinvolgente su come l'essere umano cerchi di salvarsi dalle proprie negatività ma talvolta non riesca a farne a meno. Anche quando l'andamento è più scorrevole e il suono maggiormente diretto non mancano i momenti positivi, a cominciare da un'altra accoppiata, prima "Lo Squalozzecca", cantata da Fuimani e dominata da un arrangiamento synth-pop semplice ma efficace, così come lo è il testo del ritornello "sei lo sponsor ufficiale del peggio di me", poi "Io accuso", un'invettiva politico-sociale che cerca di scuotere l'ascoltatore dalla banalità e dall'omologazione del pensiero. In un lavoro di Lapiana i momenti introspettivi vanno ovviamente per la maggiore e tra quelli meglio riusciti meritano una citazione "Il Nuovo Me", nella quale l'autore si "fa prestare" la voce e il modo di cantare/narrare di Max Collini, e "54G", che sembra uscita dalle sessioni di "Preparativi Per La Fine", non solo per lo stile, ma anche per la qualità e l'impatto.
Dispiace davvero trovare delle note dolenti in un lavoro che contiene anche grandi canzoni. Ma le cadute sono lì da ascoltare e risultano piuttosto evidenti. "Cuoricino", "Cohen", "E.M.I." e "Close" sono tutte accomunate dall'idea di proporre un intimismo semplice e genuino, con un suono esile in tre dei quattro brani, e comunque piuttosto essenziale anche in "Cuoricino", che presenta un po' di corpo in più, e un cantato dai toni parimenti timidi, quasi dimessi. Non sarebbe un problema in presenza di testi e melodie della stessa fattura, a cui Lapiana ci ha abituati, ma qui la scrittura diventa improvvisamente sciatta e il testi passano da un'introspezione da oratorio a concetti espressi con scarso gusto (sinceramente, un passaggio come "esco a comprarmi un paio di bretelle mentre l'Italia intera consacra i Baustelle" si commenta da solo).
Pallottoliere alla mano, le canzoni scadenti sono quattro su dodici, quindi un terzo. Una quantità purtroppo bastevole a far scendere gli entusiasmi che possono nascere da tutto ciò che di buono c'è in questo disco, che - è opportuno ribadirlo - non è affatto poco. Certo, l'album non merita la bocciatura, ma è sempre difficile innamorarsi di un lavoro che alterna momenti alti a qualche basso di troppo e poi quando a sbagliare è qualcuno che finora aveva sempre azzeccato tutto, l'errore è più evidente. Vedremo se, nel prossimo lavoro, l'autore ritroverà la continuità d'ispirazione: se saprà tenere solo il buono di questo lavoro ci troveremo di fronte a un disco da consegnare alla storia.
30/07/2011