Pharoah Chromium

Electric Cremation

2011 (Grautag)
avantgarde, avant-rock
7.5

Vero nome Ghazi Barakat, berlinese, il progetto in solitaria a nome Pharoah Chromium (il titolo di un pezzo dei Chrome) debutta con un monolite di quattro facciate intitolato "Electric Cremation". Un nuovo standard di musica assoluta, un nuovo riferimento di arte mista potrebbe essere all'orizzonte. Il disco consta solo di quattro lunghe composizioni, ciascuna una sinfonia di discordanze estreme.

Un breve motivetto per tastiera in bassa fedeltà funge da preludio per "Atomic Side" (17 minuti), che subito collassa in soundscape elettroniche astratte-psichedeliche, a metà via tra le sinfonie noise di Glenn Branca e il "Saucerful Of Secrets" dei Pink Floyd, fino a un'ultima parte di riverberi gracidanti, praticamente l'esatto opposto dell'incipit (ma ancora con un vago spunto melodico solenne).
I 20 minuti del "Feral Side" iniziano con deformazioni, deturpazioni di sorgenti naturali, ridotte a palpiti ventosi in sormonto continuo. Glissandi moltiplicati, accatastati l'uno all'altro, e quindi sfasati, evocano l'idea del primo Steve Reich delle operazioni sui nastri, qui alle prese con dei raggi fotonici. Una zona mistica per sitar elettronici dissonanti introduce una distesa di martelli pneumatici in sottofondo, una brezza di radiofrequenze e, con incredibile schizofrenia, anche una tenue elegia ambientale. Il crescendo di questi spunti manda in agonia la piece, secondo una splendida forma di shoegaze galattico.

Allucinazioni di organo, il cui pitch è continuamente spostato, sottendono momenti esoterici maestosi, suoni assoluti alla Robert Wyatt, "om" gravi, suoni nascosti, a costituire l'ossatura di una perfetta non-composizione come "Ghost Side".
Una nuova idea di caos si fa largo in "Arabic Side": glissandi Hendrix-iani maghreb, elettronica casuale assortita, parlato in sottofondo. Quindi accenna a una specie di danza, con ogni sorta di stereotipo mediorientale, mentre l'elettronica si fa più forte fino a diventare demoniaca e lo speaker prende a urlare oscenamente, fino a disintegrarsi nei suoi stessi riverberi, una "The End" senza parole riconoscibili.

Per la prima volta in anni un artista isolato (eremita? Anti-visionario? Asceta?) va oltre il free-form, la drone music, il folk spaziale, per mostrare i risvolti atroci, disgiunti, incoerenti, illogici, di una fantasia manicomiale, di una strumentazione virtualmente infinita. Iperrealistico e iperastratto a un tempo, è un disco secco ma a suo modo fertile, persino enciclopedico, di una tuttologia ultra-dimensionale. Dileggia e santifica, nella sua dedica al disastro di Fukushima, la musica rock a programma, e quella autoriale. Eccezionale coscienza narrativa anche nei titoli delle sub-parti dei quattro vasti capitoli; "Atomic Side": "Rude Awakening", "L'Age Atomique", "Ecocide", "All Summer In A Day", "Post-Caontamination", "Tangerine Nightmare"; "Feral Side": "Ferro Chromium", "Nicolas Encule Hegel", "No-Stop City", "Counter Clock World", "Zen & Napalm"; "Ghost Side": "Tim Pan Alley", "The Hembryo Hunts In Secret", "Techno-Thriller", "The Continuous Profile of The Headless Dervish", "The Electric Cremation Of Pholan Devi"; "Arabic Side": "Youm El Deen (a. Prayer, b. Speech, c. Song)". Disponibile solo in (doppio) vinile.

23/01/2012

Tracklist

  1. Atomic Side
  2. Feral Side
  3. Ghost Side
  4. Arabic Side