Viene dal freddo di Sheffield il gioiellino targato (infallibilmente, si potrebbe quasi azzardare) Moshi Moshi che risponde al nome di Slow Club. I due britannici (all'anagrafe Charles Watson e Rebecca Taylor) si fecero conoscere nel 2009 con il bel "Yeah So", perfettamente intonati alla corrente nu-folk minimalista dei vari Noah And The Whale e Laura Marling del caso. Tornano ora con un disco prodotto da Luke Smith, già nei Clor e apprezzatissimo nel giro indie (c'è lui dietro il mirabile "Total Life Forever" dei Foals, tanto per dire).
"Paradise" è un lavoro che si segnala subito rispetto al suo predecessore per gli arrangiamenti più lavorati (a tratti quasi "canadesi", nel gusto e nell'intonazione, si senta "The Dog"), una maggiore varietà di soluzioni strumentali e, soprattutto, un colore espressivo sempre in bilico tra ritrosie indie-pop (Sarah e dintorni) e saggezza del cuore folk (principalmente Saddle Creek, ma non solo, si senta la bella "Hackney Harsh" ).
Un po' Moldy Peaches, un po' Belle And Sebastian, con la giusta dose di tenerezza i nostri mettono insieme un quadernino delizioso di appunti e annotazioni furtive, a volte in punta di lapis (la preziosa "You Earth Or Ash", "Gold Mountain"), altre volte pasticciando con colori più spessi e vivaci ("If We're Still Alive", "Beginners").
Il risultato è un disco gradevolissimo e con un cuore grande così, che pompa sentimento e cartoline di giovinezza pastello per la gioia di tutti i romantici in ascolto. Dolce, diaristico e mieloso senza tuttavia scadere, almeno complessivamente, nel patetico a comando. In un certo senso è questa l'attitudine C86 dei nostri giorni, e un pezzo come "Horse Jumping" (ma occhio alla ghost track...), dopo tutto, ne suggella la verità, fragile e delicata.
Cresce intanto la curiosità di vederli dal vivo.
02/12/2011