Yacht

Shangri-la

2011 (Dfa)
electro

Mentre sudi e ti impegni imperterrito nella solita corsa tardo pomeridiana, e l'accompagni coscienzioso (cerchiamo di far fruttare anche il tempo libero) con gli ultimi ritrovati della musica pop e dintorni, ti accorgi di provare pietà per te stesso. Hai infatti deciso di accompagnare la noiosa sfaticata con le rime poco baciate degli Yacht, un electro funky saltellante, isterico, con tutto quell'ammassarsi di vocine, che fanno tanto dissonanza ma sono solo stonate, e che sembra vogliano rincorrerti per dartele di santa ragione. Tutto ciò provoca tensione. Ti fermi, sbotti, scalci con la classe tipica di Giorgio Chiellini un pallone capitato lì per caso, e che finisce puntualmente sopra un albero, il tutto mentre cinque ragazzini appaiono troppo sbigottiti, e magari preoccupati, per accennare una risposta polemica. E allora, accalorato e accaldato, ti giustifichi: guardate che non è colpa mia, ma di James Murphy!

Lasciato giustamente da solo con le tue preoccupazioni e lamentele, ti siedi su una panca e provi a riformulare la terrificante sentenza solo pochi secondi prima urlata senza ritegno: James Murphy ha rotto. E con lui la Dfa. Murphy e label sono un bluff. Dieci anni trascorsi tra tentativi di break dance e il pontificare continuo sull'eredità del post-punk e dei Talking Heads, sui groove white-black, sul primato accumulato dai club della Grande Mela, sempre pronti ad accendere la miccia della danza, selvaggia e intellettuale, recuperatori di stili, dediti a conturbanti restyling. Copioni senza nerbo e genio, Murphy, label e tutti quelli che si sono lasciati convincere a incidere questo crossover di quarta categoria. Lo stesso che, privo di classe e talento, caratterizza l'ennesima prova di Jona Bechtolt e della sua sciagurata amichetta Claire Evans e del loro progetto Yacht. Jona che si dice si senta pure offeso dal povero riscontro commerciale che l'ha accompagnato nei due lustri di carriera. Ma vada a lavorare sul serio, piuttosto!

Invece no, ed ecco pronte altre dieci "canzoni" racchiuse dentro una confezione intitolata "Shangri-la", ancora una volta sotto l'egida ispirativa e finanziaria della Dfa. All'interno le solite sequenze synth ritmiche, armonizzazioni vocali scadenti (l'affannata "Dystopia"), chitarrine funky (con l'illusorio incipit di "Utopia" fotocopiato dagli Haircut 100 di Nick Heyward, poi frantumato dai soliti imperterriti gorgoglii). La batteria in levare di "I Walked Alone", come da titolo, potrebbe essere una presa di coscienza degli avvenuti misfatti, ma il rischio che non venga vista anche come una premonizione purtroppo c'è. Come pure la conferma della solita imitazione di temi tomtomclubiani, persino con un simil solo di chitarra simil animalesca in stile Adrian Belew.

Ovviamente gli ottavoni di basso si sprecano miscelati ai soliti richiami al synth-pop d'annata (le appena discrete "Love In The Dark" e "One Step"). La lunga "Tripped An Fell In Love" prova a recuperare un cantato evocativo incorniciato da un sequencer ultra-ossessivo e dopo 60 secondi ha già espresso il suo potenziale; peccato che per concluderla ci vogliano altri sei minuti. Privi di classe e anche di senso della misura. Finale corale in modalità boy scout di fronte a un falò ristoratore "grazie" al brano omonimo. Un vero incubo che neanche i prossimi fuorigioco mancati da Giorgio Chiellini potrà farci dimenticare.

27/07/2011

Tracklist

  1. Utopia

  2. Dystopia (The Earth Is on Fire)

  3. I Walked Alone

  4. Love in the Dark

  5. One Step

  6. Holy Roller

  7. Beam Me Up

  8. Paradise Engineering

  9. Tripped & Fell in Love

  10. Shangri-La

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