Forti del successo riscosso con l'ottimo "Teen Dream", Alex Scally e Victoria Legrand procedono spediti nell'addobbare la loro bella casetta sulla spiaggia, tra organetti vintage tirati a lucido e colori pastello a tingere le pareti. Accantonati poi i primi vagiti lo-fi esposti nei primi due album, con "Bloom" (quarto disco prodotto in sei anni) i due Beach House paiono essersi allegramente adagiati verso una brillante e talvolta minuziosa formula dream-pop. Ecco quindi subentrare una maggiore cura di ogni singola rifinitura. Mentre le melodie, rese ancor più fatate e leggiadre, sottolineano ancora una volta l'elevata capacità dei due americani di intrattenere l'ascoltatore mediante un neoromanticismo pop florido e ardente di passione.
Così, l'arpeggio introduttivo di "Myth" riprende là dove "Zebra" dava vita a nuove ascensioni armoniche, con la dolce Victoria ancor più sicura delle proprie capacità canore e ben ferma sugli acuti. Del resto, ai due piccioncini bastano pochi accordi per sedurre. E nonostante la presenza di un'apparente "ripetitività" di fondo, ogni canzone vira con garbo a una fluorescenza melodica puntualmente trepidante. Parimenti, in più di un'occasione salta fuori la sensazione di trovarsi a un'intima festa, dove ogni stanza è accuratamente adornata di fiori e palloncini da far esplodere allegramente al proprio passaggio, tra giochi di luce e sorrisi smaglianti. Le atmosfere celestiali assumono dunque una centralità ancor più assoluta e a ogni flemmatica partenza segue un'esplosione di gioia in cui poter cullare i propri sogni ("Wishes", "Lazuli"), con il buon Scally sempre più a suo agio nelle vesti dell'arrangiatore travestito da timido giullare. E anche quando pare subentrare un'insolita malinconia, è la consueta trasognata sospensione vocale della Legrand ad alleggerire lievemente gli umori ("Troublemaker"). Mentre la ninna nanna di "On The Sea" e la cullante "Irene" avvisano in coda che le celebrazioni stanno per concludersi ed è quindi giunta l'ora di aprire gli occhi, tornare alla realtà e alla vita di tutti i giorni, in un sublime incastro di velati gemiti, morbide spirali acustiche e calde effusioni ritmiche.
Se "Teen Dream" poneva le basi per un "nuovo" celeste cammino, "Bloom" ricalca a meraviglia una formula dream-pop mai così perfettamente riconoscibile, confermando appieno la bontà e le preziose doti compositive del duo di Baltimora.
08/05/2012