Qualsiasi abitudinario della vita notturna si sarà imbattuto, almeno ogni tanto, in questo curioso personaggio che ama nascondere il suo timido e magro volto dietro una grossa, luccicante maschera da topo (mau5head).
Quello di Joel Thomas Zimmerman è in realtà nome relativamente nuovo, attivo "solo" da circa sei anni e il cui merito principale è stato quello di cavalcare con originalità e personalità la progressive-house, uno dei più interessanti derivati della scuola di Chicago coniati nel decennio Duemila.
Dopo un doppio debutto promettente e la prima svolta commerciale di "Random Album Title", il canadese ha però virato con forza verso la tendenza electro diffusasi nelle discoteche di tutto il pianeta a partire circa dal 2008, quella stessa che ha poi portato all'elettronizzazione di gran parte del pop mainstream attuale.
Il deadmau5 divenuto famoso negli ultimi anni non è quindi personaggio troppo distante dai vari David Guetta e Bob Sinclair (con quest'ultimo condivide per altro il brillante inizio di carriera), un vero e proprio stilista del suono, capace di plasmare le armi giuste al momento giusto e di colpire a suon di hit i dancefloor di tutto il mondo, a costo di sacrificare ogni forma di velleità artistica.
Cosa aspettarsi, dunque, da questo suo ritorno? ">album title goes here<" - sua sesta prova sulla lunga durata - è, di nuovo, l'album giusto al momento giusto, il colpo da maestro pronto a spopolare nei club di tutto il mondo: in quella che è ormai a tutti gli effetti l'era del dubstep, Zimmerman riprende le trame del suo electro e le adatta alla tendenza del momento. E, duole dirlo, è pure l'ennesimo prodotto che nasce senza il benché minimo sforzo creativo.
I primissimi episodi del disco, a dire il vero, promettevano addirittura bene. A dare il La è l'immersione 2-step di "Superliminal", che pareva preannunciare un album intero sotto le influenze degli scudieri Hyperdub. Altrettanto efficaci sono il duetto con l'ultimo arrivato di casa Ministry of Sound Wolfgang Gartner - per una "Channel 42" a grancassa spalancata sugli stilemi prog-house - e l'electro-pop retrò di "The Veldt", colonna sonora per un viaggio di ritorno dalle ferie estive con la collaborazione questa volta del fido Chris James. Tre ottimi brani, di matrice prettamente mainstream ma capaci di lasciarsi ascoltare, che rappresentano anche quel pochissimo di buono che troviamo nell'album.
Già, perché a voler citare Califano, tutto il resto è noia, a partire dall'odissea technoide di "Fn Pig", per arrivare all'esercizio di fusione tra digitale e vintage di "October", passando per il gracidio electro del singolo "Maths" e per l'incolore parentesi dub-house di "There Might Be Coffee".
Ma i risultati peggiori arrivano laddove il canadese decide di plasmare vere e proprie basi sonore per le comparsate di alcuni ospiti invitati a corte: se l'atteso sodalizio con Imogen Heap partorisce una electro song spenta e scontata come "Telemisscommunications", a lambire l'inascoltabile sono "Failbait" - tamarrata senza capo né coda con il rap dei Cypress Hill - e, soprattutto, il singolo di lancio "Professional Griefers", abominevole inno all'electro-pop più insipido con l'insopportabile presenza vocale di Gerard Way dei My Chemical Romance.
">album title goes here<" non è che la conferma dello status di icona da discoteca ormai proprio di deadmau5, nonché cio che era normale e lecito attendersi da un producer che ormai da tempo ha abbandonato la genuinità e lo sviluppo della sua musica in favore di una ricerca incentrata esclusivamente sulla propria immagine (e sul denaro).
E allora sotto coi dj-set, con le maschere da topo e le serate ad Ibiza, con la movida e la vita notturna, per la felicità di chi nella notte cerca solo svago e luoghi comuni. Con buona pace, invece, dei pochi che, trainati dagli amici nella discoteca più trendy della propria città, sperano ancora di trovarci, qualche volta, della buona musica capace di far ballare e accomodare l'orecchio al tempo stesso.
02/10/2012