Tempo per il distaccato eppur presente John Cale di tornare, a ben sette anni dal suo ultimo “BlackAcetate” e quasi a dieci dal suo ultimo capolavoro, “Hobosapiens”. Il nuovo “Shifty Adventures in Nookie Wood” lo catapulta di nuovo nella sua personale ribalta silenziosa di musicista nobile, esploratore di tante rivoluzioni. Stavolta il grande violista dei Velvet Underground si accosta a un’estetica più che mai ballabile (e ballabile, ovviamente, a modo suo), come fosse ridisceso alle danze intellettuali synth-pop succedute alla morte del punk.
Basi incalzanti ma generiche e voce tendente al comico infestano purtroppo la maggior parte dei nuovi brani. Non vi è quasi più desolazione, quanto piuttosto una goffa alienazione ballabile (e un tantino radiofonica) - pur ricca di suoni d’avanguardia -, come per la sorta di remix del suo vecchio “Music for a New Society” che campeggia nell’atmosfera decadente di “Hemingway”, forte di piccoli eventi cacofonici che si amalgamano nella chiusa. Più equilibrata (e disperata) è “Midnight Feast”, un reggaeton elettronico miglior simbolo delle sue più recenti ricerche transgeniche.
“I Wanna Talk 2 U”, asettica, arida ma con sfumature alla “Don’t Let Me Be Misunderstood” degli Animals, lo proietta direttamente nel mondo della disco elegante, e all’estremo opposto “Sandman” suona come un’ode asessuata alla David Bowie. Un’altra dicotomia sta in “Scotland Yard” (una prova d’intrattenimento avanzato) e “December Rains” (invece dominata da un vocoder di cattivo gusto).
La fatata “Nookie Wood”, con campioni di voci usati come cartapesta di lusso per il suo canto, introduce la parte migliore del disco, da “Mary”, ballad techno-folk, un folksinger trapiantato in un’altra galassia, a “Vampire Cafe”, con un gracile accordion perso in una selva di sovraincisioni, fino a “Living With You”, riscoperta catartica della terra d’origine, un folklore valorizzato, ma con tendenza a eccedere in suoni e contro-suoni non così utili.
Scritto e ovviamente prodotto dal musicista gallese (ma armato di Danger Mouse in “I Wanna Talk 2 U”), è una piccola galleria di personaggi e situazioni, pubblici e privati, e, forse, il più alto raggiungimento tecnologico del Cale del nuovo secolo, spaccato al suo interno. Cale non si accorge che potrebbe far fuoco e fiamme come nuovo cantore lirico e non come ennesimo saputone tecnocrate dalla maniacale stratificazione, che sbanda quando cerca di svendere psicologia alle sue canzoni. Risultato di un’ampia sessione di registrazione dalla quale sono stati ricavati anche un Ep (“Extra Playful”; Domino, 2011) e un trittico di bonus per l’edizione speciale dell’album. Artwork a cura del prestigioso studio Seen di Brooklyn (Rob Carmichael).
08/11/2012