Già i primissimi secondi di "Horns", con quelle fasce magnetiche di synth e quella voce distante, dispersa tra vertigini digitali, confermano implacabilmente che dei Mi Ami dei primi due lavori è rimasto ben poco. Piuttosto, per entrare in sintonia con "Decade", bisogna prendere come termine di paragone l'Ep "Dolphins", già salutato dagli appassionati con più di una riserva.
Ebbene, Daniel Martin-McCormick e soci si sono dati all'elettronica, relegando p-funk, no-wave e kraut-rock nel cassetto dei ricordi. Fare i conti con l'attualità della band di San Francisco non è, comunque, facile neppure per il più incallito dei fan. Infatti, là dove c'erano isteria, dinamismo e deflagrazioni psycho-noise adesso ci sono beat plasticosi, sintetizzatori che volteggiano in un continuum fantascientifico e gorgheggi vocali che solo lontanamente riecheggiano la nevrastenia di un tempo. Per cui "Horns" sarà anche piacevole e rilassante (!), ma finisce per annoiare dopo un paio di minuti...
Qualcosa del tribalismo di un tempo lo si ritrova, invece, nelle percussioni che tallonano il numero clubbistico di "Time Of Love" (che scivola ipnotica succhiando polpa house) e in quelle che pulsano oltre la tela coloratissima ma confusa di "Free Of Life". Ancora percussioni nella conclusiva "Bells", ma sembrano un po' smarrite, come un tizio che si ritrova improvvisamente ad un party cui non è stato invitato.
Un party che riguarda solo i Mi Ami, in una veste in cui fanno la figura dei polli.
28/03/2012