Quando il tempo diventa una variabile del tutto relativa, così che esiste solo ciò che vediamo e sentiamo nel momento presente. Le limpide contemplazioni di Richard Skelton, già mirabilmente definite nel precedente “Landings”, ritornano a ciclo continuo anche nel torrenziale doppio disco “Verse Of Birds”, che nasce come accompagnamento per la sezione di un libro di poesie ispirate alle coste occidentali dell'Irlanda (volume firmato anche dall'autore stesso).
Dall'immenso tavolato roccioso nella regione del Burren alle imponenti Cliffs of Moher – strapiombi mozzafiato alle porte dell'Oceano Atlantico – Skelton non smette di esorcizzare il dramma della perdita con le ruvide stratificazioni del suo violoncello, voce che si ramifica in tutte le direzioni come un coro riecheggiante dentro un santuario.
Una texture sonora spessa e persistente, ma in certo modo anche diafana, desiderosa di stabilire una mimesi totale con gli ambienti incontaminati che sempre evoca. I meditativi droni di Richard Skelton ricordano, a un livello profondo, il perpetuo atto di fede che trasuda dalle note dei raga indiani; lo stesso dicasi per il metodo essenzialmente scevro da azioni predeterminate, bensì guidato dall'accostamento di note basilari, intrinsecamente complementari.
Talvolta trova spazio anche una chitarra acustica, lenta e ostinata nei suoi loop; trapelano persino alcune note di pianoforte (“The Narrow Rooms”, “Véarsa Éan”), ma non sono altro che una lieve pennellata sull'immane trama tessuta senza sosta dall'arco.
L'oceano che solca l'Irlanda è maestoso ma anche desolato (“Of The Sea”, a metà tra Godspeed e Ólafur Arnalds), eternamente condannato a infrangersi con violenza sulle aguzze sponde della scogliera. Ma l'elemento che da sempre pervade i lunghi brani di Skelton è il vento, talvolta in veste di uno spirito che ha ritrovato una serena neutralità nei confronti del mondo, talaltra come voce di un dolore straziante che affiora inaspettatamente (“Little Knives”).
Insistere sul carattere ascetico di questa musica risulta inevitabile nel ripercorrerne il flusso di suggestioni – quasi delle visioni, come se davvero ci trovassimo al cospetto di un oracolo, naturale o artefatto che sia.
La relatività del tempo: oltrepassata la soglia di dieci, quindici minuti, ci si accorge che la percezione di quello scorrere è davvero cambiata, e che tutto potrebbe e vorrebbe andare avanti per sempre. Poche opere si spingono a tanto, trasfigurando la realtà presente in maniera assolutamente inconsapevole e inspiegabile.
24/09/2012