Tennis

Young & Old

2012 (Fat Possum)
alt-pop

Con un disco d'esordio come "Cape Dory", spumeggiante e understated come un sorso di limonata sotto il sole, i trucchi di questo "Young & Old" possono essere scoperti da chiunque sia in grado di individuare la differenza tra fondotinta e abbronzatura, o tra un pareo e un vestito da sera. A un solo anno da quel disco, nato durante la luna di miele dei coniugi Moore sulla Cape Dory, i Tennis hanno subito il corteggiamento dei Black Keys e, in particolare, di Patrick Carney, che ha voluto fortemente produrre e indirizzare il seguito del disco da spiaggia del 2011.
"Indirizzare" non è un termine scelto a caso, perché "Young & Old" ha indubbiamente il marchio della band americana più in vista del momento e della sua rivisitazione del suono Motown. A dirla tutta, il risultato, per quanto ancora non del tutto perfezionato e amalgamato, non è privo di fascino.

È naturale che la band, provvista di un corredo stilistico così minimale e con un album d'esordio di successo ancora caldo, cerchi di riproporre la propria ricetta arricchendo il proprio sound e adottando qualche accorgimento d'arrangiamento (arrivando a una mutazione di genere in "Petition") che imposti la strada da seguire. La musica di "Young & Old", titolo preso in prestito da un'opera di Yeats, si fa così più spessa, la chitarra del fortunato sposo Moore mette su muscoli; il wurlitzer diventa un animale da compagnia sempre presente nel salotto di casa; quasi inutile aggiungere che la sezione ritmica riprende gli schemi energeticamente granitici ("My Better Self") di quell'omone dinoccolato di Carney.
In tutto questo la voce di Alaina trova un ambiente congeniale: non avrà la potenza di una LeBlanc, ma una capacità di modulazione del proprio registro sopra la norma, un'espressività sempre centrata e un'azzeccata, bisogna dirlo, registrazione vagamente retrò. Fragile e carismatica al tempo stesso, riesce forse in questo secondo disco a trovare la sensualità solo promessa nel primo.

Ma il punto fondamentale di un disco dei Tennis, inutile negarlo, sono le canzoni. Tutti sono ansiosi di conoscere la nuova "Marathon"... Meglio dirlo subito: non c'è. L'intuito melodico non è esaurito, ma l'ispirazione non è quella di "Cape Dory". Brutto colpo. Eppure produrre un disco come "Young & Old", senza picchi ma anche senza sbavature, con variazioni d'arrangiamento, non è un'impresa facile per una band come i Tennis.
La cosa che forse manca di più rispetto al precedente lavoro sono quegli slanci vocali che parevano gonfiare la vela della Cape Dory, sorta di tuffi amorosi dagli scogli, decisamente opachi in questo sophomore. Esemplare in questo è l'iniziale - e tarpata - "It All Feels The Same".

Nonostante tutto, forse non si poteva chiedere di più alla band. Prendiamo il singolo "Origins", con quell'effettone chitarristico all'ultimo grido, i coretti, l'insistente e frusciante accompagnamento di tastiera, i picchi vocali del ritornello che sembrano invocazioni a un crescendo che infine stenta a rivelarsi. Manca insomma solo questo tocco finale, quello che purtroppo definisce il sottile confine tra un'opera godibile e una davvero riuscita.
"Young & Old" rimane comunque un disco non solo gradevole, ma di grande eleganza, che Carney è riuscito a propagare dal gusto melodico del duo fino al vestito sonoro, fin troppo impersonale in "Cape Dory". Su tutte ne beneficia una canzone come "Take Me To Heaven", in cui si avvera finalmente la trasfigurazione, la progressione emotiva culminante in quel "If you're only passing through/Then take me to heaven with you".

Insomma ci sarà anche chi considererà questo secondo disco un passo in avanti, e non commetterà sacrilegio chi arriverà a trovarlo superiore all'esordio. Qui per adesso ci si tiene le canzoni, l'atmosfera spensierata da luna di miele di un anno fa, consolandosi col fatto che la crisi dei tre anni è ancora lontana.

06/02/2012

Tracklist

  1. It All Feels The Same
  2. Origins
  3. My Better Self
  4. Traveling
  5. Petition
  6. Robin
  7. High Road
  8. Dreaming
  9. Take Me To Heaven
  10. Never To Part

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