Che gli A Hawk And A Hacksaw non siano di certo nuovi a raccogliere sfide, è un fatto pressoché assodato. Già la loro esistenza, di duo proveniente dal New Mexico dedito alla rilettura e alla rielaborazione delle tradizioni musicali dell'Europa dell'Est e dei Balcani, è di per sé una sfida: nei confronti dei puristi, di chi vorrebbe che certa musica fosse proposta con sincerità soltanto da chi ne è diretto erede culturale, ma anche e soprattutto, di chi non ha mai visto di buon occhio certe sonorità, indubbiamente molto caratteristiche e caratterizzanti. Una scommessa senz'altro portata a casa dai due, se è vero che Jeremy Barnes e Heather Trost, dopo ben cinque album dal buon riscontro di critica e pubblico, sono ancora tra noi, pronti a portare in giro per il mondo (ma non con la discutibile allure turistica di progetti quali Beirut e consimili) le fanfare e i canti di terre ancora solcate da inguaribili conflitti e contraddizioni.
Eppure l'ultimo confronto che ha visto la coppia protagonista supera in coraggio ogni loro altra apparizione discografica. Non è certo la prima occasione che la musica del duo si presta ad eventuali utilizzi nel cinema (d'altronde Goran Bregovic insegna....), ma con “You Have Already Gone To The Other World”, sesto album in carriera, quelle che erano soltanto predisposizioni malcelate adesso diventano il fulcro fondante di un progetto intero: ambizioni che in questo doppio cd trovano la propria concretizzazione, per uno dei momenti più ispirati del combo statunitense.
Originariamente concepito come commento sonoro per un film di culto degli anni 60, “Le ombre degli avi dimenticati” del cineasta sovietico Sergej Parajanov (suggestiva storia d'amore, piena di misticismo e simbolismi che gli valsero i sospetti, e infine l'arresto da parte delle autorità sovietiche), e successivamente ampliato con brani della tradizione rumena, ungherese e ucraina, il lavoro ben riflette, nonostante le numerose (ma assolutamente calzanti) inserzioni, la sua natura cinematica, definita nel dettaglio a partire dalla stessa disposizione dei brani. Ne deriva pertanto un disco fortemente diversificato negli umori e nelle sensazioni, in cui il folklore più profondo funge esso stesso da scenografia, da intelaiatura sonora per le sequenze della pellicola.
Violini, pianoforte, dulcimer, organo e un vasto apparato percussivo (di stupefacente intensità in un numero quale “Witch's Theme”, ma sapientemente utilizzate anche in una sferzante scorribanda quale la title track) è la strumentazione che occorre ai due per un affresco sonoro che interagisce apertamente con la struttura stessa del film, approcciato con profondo rispetto e devozione.
Dialoghi e musiche del capolavoro permeano quindi con decisione il riadattamento degli A Hawk And A Hacksaw, che dosano con parsimonia le escandescenze dei passati lavori, per una palette decisamente più sfaccettata.
Se era quindi lecito aspettarseli inscenare nuovamente il lato più vivace e animato delle loro indagini est-europee (“Dance Melodies From Bihor Country”, “Ivan And Marichka / The Sorceror”) meno prevedibile era vederli misurarsi in brumose ballate pianistiche (“The Snow In Krivorinya”, “Nyisd Ki Rózsám”, adagiata su un sinistro drone di violino), inquietanti evocazioni demoniache (i campanacci di “Where No Horse Heighs....”) e accorati motivi per archi (“On The River Cheremosh”), nei quali invece danno ulteriore dimostrazione delle loro grandi capacità interpretative e d'arrangiamento, a comprova di quanto oramai (ma questo si sapeva già da tempo) non abbiano più niente da dimostrare ai loro omologhi europei.
Insomma, Barnes e Trost nel loro piccolo si confermano come una delle più attive e vitali esperienze nel campo del recupero e dell'attualizzazione di un patrimonio culturale (ancor prima che musicale) dalla lunghissima storia e dalle molteplici manifestazioni. I tempi e i luoghi della pellicola, nelle loro mani, non potevano sembrare più vicini.
15/09/2013