Messa dunque da parte l’irriverenza ritmica della più giovane e coraggiosa Hyperdub, i Darkstar puntano a una nuova oculata escandescenza strumentale, irta di cullanti bagliori sintetici, accomodanti sezioni e celestiali ripartenze timbriche. La consapevolezza di saper maneggiare una fin troppo ostentata tiepidezza melodica, sovrapponendo al contempo briosi ricami elettronici, è la vera forza del placido trio. L'estatica ascesa dell'introduttiva "Light Body Clock Starter", così come il ping pong al valium della successiva "Timeaway" – già uscita come singolo apriporta - o l'eterea impalpabilità di "-", mostrano fin da subito il candido andazzo prescelto, prima che la danza sbilenca di "Armonica" spezzi con altrettanta meraviglia l'incanto, tra morbide risacche e accecanti giochi di luce.
Con il passare dei brani, la nuova pelle dispiega una forza attrattiva a dir poco magnetica, fino a divenire incredibilmente familiare e a rivelarsi nelle sue componenti: un pop elettronico incredibilmente sofisticato, che da una parte guarda agli Air più ispirati e dall'altra si prostra a dialoghi con ambienti vagamente psych. Quest'ultimo è il caso in primis di “Amplified Ease” - secondo singolo e vero prescelto per lanciare l'album – e più in generale della seconda metà del lavoro: prove ne sono il carillon deviato di “You Don't Need A Weatherman” e l'alterato elettro-soul di “Young Heart's”. E pure il pittoresco inno alla quotidianità di “A Day's Pay For A Day's Work”, nonostante la maschera di sdolcinatezza tipicamente britannica, pare comunicarci fra i suoi rivoli melodici l'appartenenza ad un'altra dimensione.
I due flirt con la pace dei sensi che chiudono il cerchio tornano a toccare le ambientazioni paradisiache dei primi brani: in “Bed Music – North View” le luci stroboscopiche calano progressivamente sfiorando territori ambientali, mentre la ninna-nanna per archi sintetici e melodie in loop di “Hold Me Down” conduce verso il più quieto e sfumato dei congedi.
“News From Nowhere” è contemporaneamente il disco più sobrio e più vivace del trio, per via dell'incredibile varietà di colori in grado di caratterizzare ogni brano e di sostituire il ritmo nel ruolo di cuore pulsante della loro musica. Il vero segreto dei “nuovi Darkstar” sta nell'innata capacità di attrarre a sé qualsiasi genere di orecchio con la forza di una calamita e di conquistarlo senza troppa fatica. Fra una pausa relax e un trip morbido, spruzzi brillantissimi e flussi candidi, architetture complesse e sofisticate espresse con disarmanti dosi di semplicità e schiettezza.
(01/02/2013)